Questo non vuole essere un post solo letterario, anche se in parte lo è; ma attraverso la letteratura, le sue discipline, si propone di rivelare alcuni elementi. Si parlava di manipolazioni moderne riguardo San Francesco, presentato impropriamente come campione di tutte le mode radical-chic:
terzomondismo, "dialogo", "costruire ponti non muri", "misericordia" senza giustizia nè santificazione, sincretismo, ecologismo, pauperismo, quando non un rottamatore della dottrina cattolica e di ogni Autorità.
Quello di seguito è il breve studio di un suo testo: se, come molto facile che sia, non ci si ritrova, o leggendo San Francesco di prima mano, ci si sente straniti, allora sì, vuol dire che ci si era bevuta qualche fandonia costruita ad arte a suo riguardo.
(nell'immagine: "San Francesco caccia i diavoli"; Giotto - 1296, Basilica superiore di San Francesco - Assisi)
Anche Francesco de Sanctis, nella sua "Storia della Letteratura Italiana", cadde nell'errore di far iniziare la nostra letteratura dal contrasto di Cielo d'Alcamo. Ma dal momento che quel testo appartiene al quarto/quinto decennio del Duecento, l'inizio più pieno della nostra letteratura va ascritto alle Laudes Creaturarum, o Canticum Fratris Solis, di San Francesco d’Assisi (1181-1226) datato 1224.
Esistono documenti in volgare precedenti, ma tra testi corrotti, mutili o parziali, sono queste Laudes l'avvio più sensato. Si tratta della sola scrittura italiana del Santo, a parte varie redazioni della Regola, in cui è difficile non abbia avuto parte; per gli altri suoi scritti in opuscoli usa il Latino.
Le fonti che descrivono la genesi delle Laudes, lo collegano all'episodio, reso noto anche da Tommaso da Celano, della Certificatio:
ovvero la visione celeste che avrebbe assicurato a San Francesco la salvezza eterna, dopo una turbolenta notte trascorsa a San Damiano nei pressi di Assisi, tra atroci tormenti agli occhi e gli attacchi dei topi.
Ci sono parecchi parallelismi da rilevare. Il Santo "rivoluzionario" si inserisce in una Tradizione ben solida, in realtà, e non la contesta affatto.
Infatti "Laudes" è definizione prima di tutto data ai Salmi finali (CXLVIII-CL) recitati nell'Ufficio Liturgico: il Cantico dunque va inteso come un Salmo, ma in volgare, di forte imparentamento biblico, con uso di Lode tipica dell'Ufficio Liturgico.
Era prevista anche la musica, in Canto Gregoriano: la musica non ci è giunta, ma critici, filologi e studiosi delle fonti concordano si dovesse trattare di musica sillabica, una nota per sillaba.
S. Francesco avrebbe voluto che fra Pacifico, (chiamato rex versuum), diventasse coi confratelli "giullare di Dio" e andasse a dirigere l'esecuzione delle Laudes davanti a un pubblico.
L'interpretazione grammaticale del testo oscilla tra 2 poli: il "per" di molti versetti inteso come causale, quindi lode a Dio Creatore; il "per" come segno d'agente, che sottintende un "da", come lode resa dalle creature a Dio. La lode è rivolta in entrambi casi a Dio, e non istituisce nessun culto per la creatura, vietato dalle S. Scritture.
Per quanto il Cantico sia intessuto anche di elementi personali, ci sono ricordi evidenti dal Libro dei Salmi (S. Scrittura), dal "Cantico dei 3 fanciulli nella fornace" ( Anania, Azaria e Misaele, dal Libro di Daniele, 3, 52-86) oltre a memorie acustiche e concettuali di numerosi passaggi scritturali.
Il cantico è in prosa rimata, e ha per modello le sequenze liturgiche (dette anche "prose" infatti), che si dividono in versetti di pari misura (talvolta più approssimativa), in assonanza tra loro (qui talvolta varia la vocale finale). La filologia mostra nel Cantico, come in alcuni scritti latini di S. Francesco, la presenza del "cursus", che fornisce la prova di un ricercato ornamento retorico.
Il linguaggio ha solo una leggera patina umbra, perchè ciò che si nota di più è l'uso paraliturgico del volgare.
La preghiera è qui principalmente Lode a Dio, e invita tutti alla medesima lode.terzomondismo, "dialogo", "costruire ponti non muri", "misericordia" senza giustizia nè santificazione, sincretismo, ecologismo, pauperismo, quando non un rottamatore della dottrina cattolica e di ogni Autorità.
Quello di seguito è il breve studio di un suo testo: se, come molto facile che sia, non ci si ritrova, o leggendo San Francesco di prima mano, ci si sente straniti, allora sì, vuol dire che ci si era bevuta qualche fandonia costruita ad arte a suo riguardo.
(nell'immagine: "San Francesco caccia i diavoli"; Giotto - 1296, Basilica superiore di San Francesco - Assisi)
Anche Francesco de Sanctis, nella sua "Storia della Letteratura Italiana", cadde nell'errore di far iniziare la nostra letteratura dal contrasto di Cielo d'Alcamo. Ma dal momento che quel testo appartiene al quarto/quinto decennio del Duecento, l'inizio più pieno della nostra letteratura va ascritto alle Laudes Creaturarum, o Canticum Fratris Solis, di San Francesco d’Assisi (1181-1226) datato 1224.
Esistono documenti in volgare precedenti, ma tra testi corrotti, mutili o parziali, sono queste Laudes l'avvio più sensato. Si tratta della sola scrittura italiana del Santo, a parte varie redazioni della Regola, in cui è difficile non abbia avuto parte; per gli altri suoi scritti in opuscoli usa il Latino.
Le fonti che descrivono la genesi delle Laudes, lo collegano all'episodio, reso noto anche da Tommaso da Celano, della Certificatio:
ovvero la visione celeste che avrebbe assicurato a San Francesco la salvezza eterna, dopo una turbolenta notte trascorsa a San Damiano nei pressi di Assisi, tra atroci tormenti agli occhi e gli attacchi dei topi.
Ci sono parecchi parallelismi da rilevare. Il Santo "rivoluzionario" si inserisce in una Tradizione ben solida, in realtà, e non la contesta affatto.
Infatti "Laudes" è definizione prima di tutto data ai Salmi finali (CXLVIII-CL) recitati nell'Ufficio Liturgico: il Cantico dunque va inteso come un Salmo, ma in volgare, di forte imparentamento biblico, con uso di Lode tipica dell'Ufficio Liturgico.
Era prevista anche la musica, in Canto Gregoriano: la musica non ci è giunta, ma critici, filologi e studiosi delle fonti concordano si dovesse trattare di musica sillabica, una nota per sillaba.
S. Francesco avrebbe voluto che fra Pacifico, (chiamato rex versuum), diventasse coi confratelli "giullare di Dio" e andasse a dirigere l'esecuzione delle Laudes davanti a un pubblico.
L'interpretazione grammaticale del testo oscilla tra 2 poli: il "per" di molti versetti inteso come causale, quindi lode a Dio Creatore; il "per" come segno d'agente, che sottintende un "da", come lode resa dalle creature a Dio. La lode è rivolta in entrambi casi a Dio, e non istituisce nessun culto per la creatura, vietato dalle S. Scritture.
Per quanto il Cantico sia intessuto anche di elementi personali, ci sono ricordi evidenti dal Libro dei Salmi (S. Scrittura), dal "Cantico dei 3 fanciulli nella fornace" ( Anania, Azaria e Misaele, dal Libro di Daniele, 3, 52-86) oltre a memorie acustiche e concettuali di numerosi passaggi scritturali.
Il cantico è in prosa rimata, e ha per modello le sequenze liturgiche (dette anche "prose" infatti), che si dividono in versetti di pari misura (talvolta più approssimativa), in assonanza tra loro (qui talvolta varia la vocale finale). La filologia mostra nel Cantico, come in alcuni scritti latini di S. Francesco, la presenza del "cursus", che fornisce la prova di un ricercato ornamento retorico.
Il linguaggio ha solo una leggera patina umbra, perchè ciò che si nota di più è l'uso paraliturgico del volgare.
Il Salmo 148 ne è un sicuro modello:
PSALMUS 148
1 ALLELUIA.
Laudate Dominum de caelis,
laudate eum in excelsis.
2 Laudate eum, omnes angeli eius,
laudate eum, omnes virtutes eius.
3 Laudate eum, sol et luna,
laudate eum, omnes stellae lucentes.
4 Laudate eum, caeli caelorum
et aquae omnes, quae super caelos sunt. -
5 Laudent nomen Domini,
quia ipse mandavit, et creata sunt;
6 statuit ea in aeternum et in saeculum saeculi;
praeceptum posuit, et non praeteribit.
7 Laudate Dominum de terra,
dracones et omnes abyssi,
8 ignis, grando, nix, fumus,
spiritus procellarum, qui facit verbum eius,
9 montes et omnes colles,
ligna fructifera et omnes cedri,
10 bestiae et universa pecora,
serpentes et volucres pennatae.
11 Reges terrae et omnes populi,
principes et omnes iudices terrae,
12 iuvenes et virgines,
senes cum iunioribus
13 laudent nomen Domini,
quia exaltatum est nomen eius solius.
Magnificentia eius super caelum et terram,
14 et exaltavit cornu populi sui.
Hymnus omnibus sanctis eius,
filiis Israel, populo, qui propinquus est ei. ALLELUIA.
(it.)
Salmo148
1 Alleluia.
Lodate il Signore dai cieli,
lodatelo nell'alto dei cieli.
2 Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte, sue schiere.
3 Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.
4 Lodatelo, cieli dei cieli,
voi acque al di sopra dei cieli.
5 Lodino tutti il nome del Signore,
perché egli disse e furono creati.
6 Li ha stabiliti per sempre,
ha posto una legge che non passa.
7 Lodate il Signore dalla terra,
mostri marini e voi tutti abissi,
8 fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che obbedisce alla sua parola,
9 monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e tutti voi, cedri,
10 voi fiere e tutte le bestie,
rettili e uccelli alati.
11 I re della terra e i popoli tutti,
i governanti e i giudici della terra,
12 i giovani e le fanciulle,
i vecchi insieme ai bambini
13 lodino il nome del Signore:
perché solo il suo nome è sublime,
la sua gloria risplende sulla terra e nei cieli.
14 Egli ha sollevato la potenza del suo popolo.
È canto di lode per tutti i suoi fedeli,
per i figli di Israele, popolo che egli ama.
Alleluia.
Su modello biblico, l'effetto "lista" di elementi naturali in San Francesco non è dovuto a qualche atteggiamento spirituale particolare o a religiosità spuria, ma all'idea di enumerazione-catalogazione delle cose create (non dimentichiamo nemmeno Adamo nel Paradiso Terrestre, che pose il nome alle cose e animali creati da Dio), modalità ripresa nella sensibilità enciclopedica di tutta la realtà cosmica conosciuta, tipica medievale.
Si nota piuttosto che in età moderna non si ami ricordare la chiusura della composizione di S. Francesco....lì dove si parla di Sorella Morte corporale, di messa in guardia dai peccati mortali, della morte seconda, cioè dannazione, e della necessaria Santificazione per raggiungere l'eterna salute. Nel componimento si afferma che l'uomo trova beatitudine solo nel rispetto della legge divina (v. 30) e nell'imitazione di Cristo (vv. 23-26)
Il componimento è però un itinerario per gradi, costruito con sapienza, che ha il suo culmine proprio nella conclusione, dove tutti gli elementi vengono dichiarati finalizzati in Dio.
La resezione dei versi finali corrisponde a lasciare in primo piano le parti descrittive e creaturali per se stesse, e sottrarne così la loro ben espressa finalità divina.
L'espunzione dei versi più spirituali, etici ed escatologici, che dopo aver parlato del naturale volgono al soprannaturale, e che ci mettono davanti al Giudizio finale,
(vv. 23 al 33), avviene anche nella recente enciclica "Laudato si'" al § 87, dove il Cantico compare mozzato della parte finale, nel suo messaggio più profondamente spirituale.
Parte finale mancante nell'enciclica e che qui invece riportiamo:
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ’l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
La natura presente nel Cantico si fa anch'essa lode e testimonianza del Dio Creatore, non si tratta di un'esaltazione della natura per se stessa, nè di culto della terra o vani panteismi.
In questo atteggiamento di S. Francesco non c'è in realtà qualcosa del tutto nuovo, non solo per il Salmo 148 sopracitato, ma anche per il concetto paolino, espresso nella lettera ai Romani 1, 20-25, che narra delle opere visibili di Dio come testimonianza di Lui, pur negando ogni panteismo, paganesimo e ogni esaltazione di culto degli elementi o di culto della creatura astraendo dal Creatore...queste cose sono solo Sua Creazione, fattura di Lui:
20 Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; 21 essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. 22 Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 23 e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. 24 Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, 25 poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
La sintassi del testo di S. Francesco ha andamento paratattico, costruito per coordinazione, ripetizione di sequenze accostate. La narrazione trascorre dalla lode iniziale a Dio alle meraviglie del creato (vv. 5-22: sole, luna, vento, acqua, fuoco, terra), fino alla celebrazione della morte (v. 27), vista come passaggio e viatico alla vita eterna, a patto che si sia vissuti come Dio comanda.
Il tutto nell'accettazione umile e gioiosa della propria condizione attraverso la fede, ma anche nel ricercarla a qualsiasi costo, nella fedeltà alla chiamata soprannaturale da parte di Dio.
Si notino i frequenti latinismi (“laude”, v. 2; “mentovare”, v. 4; “tucte”, v. 5; “spetialmente”, v. 6; “significatione”, v. 9; “clarite er pretiose”, v. 11; “aere”, v. 13; “infirmitate”, v. 24; “tue sanctissime voluntati”, v. 30) e la ripresa in volgare di alcuni nessi sintattici tipici del latino, come il “ka” con valore di quoniam, “poiché” al v. 26 e al v. 31, oppure la costruzione con dignus e infinito (v. 3).
C'è nella parte iniziale un atteggiamento estatico e contemplativo nella narrazione, lo si nota dalla ricchezza degli aggettivi (“bellu e radiante”, v. 8; “clarite et preziose et belle”, v. 11; “multo utile et humile et pretiosa et casta”, v. 16).
Ma questo non toglie la consapevolezza della Croce, e la necessità della perseveranza nelle virtù e nella santificazione, che alla fine sarà incoronata da Dio. Si vedano i vv. 22-26
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore,
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
per l'immagine dell'incoronamento dei cristiani Santi da parte di Dio, il riferimento sono ancora le S. Scritture, in cui la "corona della vita" (eterna) o corona da parte di Dio come segno di approvazione divina è presente decine di volte (Giobbe 19,9; Salmi 20,4; Salmi 88,9 e 88,40; Salmi 102,4; Salmi 131,18; Proverbi 4,9; Proverbi 14,24; Sapienza 5,16; Sapienza 18,24; Siracide 1,9; Siracide 1,16; Siracide 6,31; Isaia 28,5; Isaia 62,3; Lamentazioni 5,16; 1Corinzi 9,25; 2Timoteo 2,5;
2Timoteo 4,8; Giacomo 1,12; 1Pietro 5,4; Apocalisse 2,10; Apocalisse 3,11)
Metro: prosa ritmica in 33 versi raggruppati in 12 strofe, che variano da due a cinque versi, con rime ed assonanze. Andiamo finalmente al testo:
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu Te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle;
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Aqua,
la quale è multo utile e humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore,
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore,
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a*cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
_v. 1: formula di Lode e Benedizione affine a Bibbia e Liturgia;
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_v. 1: formula di Lode e Benedizione affine a Bibbia e Liturgia;
_v. 2: "Tue so' le laude...": "A te appartengono"; memoria biblica e liturgica;
_v. 4: "et nullu homo ène dignu Te mentovare", come dignus+infinito, senza preposizione: è sia un latinismo, sia riprende il latino biblico di espressioni come "Num sum dignus vocari filius tuus";
_v. 6: "Frate Sole": simbolo di Dio stesso, "di Dio porta significazione", che come è detto nelle S. Scritture "fa sorgere il Sole sui buoni e sui malvagi" (Matteo 5,45);
il creato è anche di seguito visto come amico, creato apposta per l'uomo,
come l'uomo, pur dotato di libero arbitrio, è creato per Dio, con finalità in Dio e non per se stesso, come si capisce nei vv. successivi;
cfr. anche sul tema e la mutata sensibilità http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2010/07/gaudium-et-spes-24-o-della.html
_v. 6: "Frate Sole": simbolo di Dio stesso, "di Dio porta significazione", che come è detto nelle S. Scritture "fa sorgere il Sole sui buoni e sui malvagi" (Matteo 5,45);
il creato è anche di seguito visto come amico, creato apposta per l'uomo,
come l'uomo, pur dotato di libero arbitrio, è creato per Dio, con finalità in Dio e non per se stesso, come si capisce nei vv. successivi;
cfr. anche sul tema e la mutata sensibilità http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2010/07/gaudium-et-spes-24-o-della.html
_v. 11: "in celu l'ài formate" (come nella Vulgata, in Genesi);
_v. 12: "frate Vento", non mostrato nella violenza della tempesta, ma nel vento che fa crescere; probabile un riferimento al vento leggero in cui è la presenza di Dio come in 1 Re 19, 11-12.
_v. 15: "sor'Aqua" è detta utile, preziosa, casta; si va oltre l'elemento naturale, e insieme fa intendere che nell'elemento naturale c'è un disegno divino: l'acqua lava e dà vita, ma è anche l'acqua del Battesimo, il Sangue e Acqua (1 Giovanni cap. 5) usciti dalla ferita di Cristo, per espiare il prezzo del riscatto (sangue) e rigenerare a nuova vita (acqua); è l'acqua viva (Giovanni 4,10; Giovanni 7,38; Apocalisse 22,1).
_v. 17: "frate Focu" per il quale illumini la notte; fonte di luce e calore, ma riferibile allo Spirito Santo; richiamo alla Pentecoste come nel caso del vento;
_v. 12: "frate Vento", non mostrato nella violenza della tempesta, ma nel vento che fa crescere; probabile un riferimento al vento leggero in cui è la presenza di Dio come in 1 Re 19, 11-12.
_v. 15: "sor'Aqua" è detta utile, preziosa, casta; si va oltre l'elemento naturale, e insieme fa intendere che nell'elemento naturale c'è un disegno divino: l'acqua lava e dà vita, ma è anche l'acqua del Battesimo, il Sangue e Acqua (1 Giovanni cap. 5) usciti dalla ferita di Cristo, per espiare il prezzo del riscatto (sangue) e rigenerare a nuova vita (acqua); è l'acqua viva (Giovanni 4,10; Giovanni 7,38; Apocalisse 22,1).
_v. 17: "frate Focu" per il quale illumini la notte; fonte di luce e calore, ma riferibile allo Spirito Santo; richiamo alla Pentecoste come nel caso del vento;
_v. 18: "ennallumini": dall'antico francese "enluminer";
_v. 20: "matre Terra": al di là delle mode attuali, rientra ancora nelle espressioni derivate dal pensiero cristiano. La terra è madre perchè da essa ci nutriamo, ma specie perchè Dio forma Adamo dalla polvere, e alla polvere almeno fisicamente ritorniamo; c'è un parallelo anche con la terra della parabola del Seminatore (Matteo 13, 3-9), e nella stessa terra il corpo di Gesù ha riposato, prima di risorgere.
D'ora in poi l'inno si concentra sull'uomo e sulla sua felicità, possibile solo in Dio. Ma San Francesco ha parlato della bontà del creato per un motivo storico ben preciso: era necessario testimoniare il carattere divino e originariamente buono della creazione, contro la gnosi -sempre risorgente in varie tendenze post-marcioniste-, contro eretici e catari, che sostenevano che Dio avesse creato la realtà spirituale, mentre la realtà materiale sarebbe stata di origine demoniaca. Queste tendenze eretiche, non del tutto scomparse nemmeno nella modernità in varie sottoculture, combattono ovviamente anche l'idea dell'Incarnazione.
_v. 20: "matre Terra": al di là delle mode attuali, rientra ancora nelle espressioni derivate dal pensiero cristiano. La terra è madre perchè da essa ci nutriamo, ma specie perchè Dio forma Adamo dalla polvere, e alla polvere almeno fisicamente ritorniamo; c'è un parallelo anche con la terra della parabola del Seminatore (Matteo 13, 3-9), e nella stessa terra il corpo di Gesù ha riposato, prima di risorgere.
D'ora in poi l'inno si concentra sull'uomo e sulla sua felicità, possibile solo in Dio. Ma San Francesco ha parlato della bontà del creato per un motivo storico ben preciso: era necessario testimoniare il carattere divino e originariamente buono della creazione, contro la gnosi -sempre risorgente in varie tendenze post-marcioniste-, contro eretici e catari, che sostenevano che Dio avesse creato la realtà spirituale, mentre la realtà materiale sarebbe stata di origine demoniaca. Queste tendenze eretiche, non del tutto scomparse nemmeno nella modernità in varie sottoculture, combattono ovviamente anche l'idea dell'Incarnazione.
_v. 26: "ka da Te": il modello sono i versi dei Vangeli nei passaggi sulle Beatitudini: vale per Quoniam.
_v. 31: "la morte secunda": la dannazione eterna. Adoperato in seguito anche da Dante, l'espressione compare in Apocalisse 2,11; 20,6; 20,14; 21,8.
_ i versi sono 33, simbolico multiplo del 3 che indica la Trinità.
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_ i versi sono 33, simbolico multiplo del 3 che indica la Trinità.
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Fonti: Gianfranco Contini, Letteratura Italiana delle Origini, Fi, Sansoni 1970; Bibbia CEI; Vulgata S. Girolamo.
Consultati: Raffaele Spongano, Nozioni ed Esempi di Metrica Italiana, Bo, Pàtron, 1966; Alfredo Stussi, Nuovo Avviamento agli Studi di Filologia Italiana, Bo, Il Mulino, 1988; Carlo Tagliavini, Le Origini delle Lingue Neolatine, Bo, Pàtron, 1949, XIV Rist. 1991.
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