Vengo a sapere da un articolo da Il Foglio, di Matteo Matzuzzi, che Padre Hamel, il sacerdote sgozzato mentre celebrava la S Messa lo scorso 26 luglio a Rouen da alcuni islamici, verrà beatificato perchè ucciso in odium fidei. Bene.
Inevitabilmente però, insieme al sig. Matzuzzi, ci chiediamo: ma non era un omicidio che nulla aveva a che vedere con la religione?
Non sono stati forse usati sperticati quanto offensivi paragoni circa le fisiologiche deviazioni appartenenti nè più nè meno a tutte le confessioni con il preciso scopo di non chiamare in causa l'unica vera causa? Non c'era stata piuttosto una non meglio specificata follia depressiva o il legittimo disagio delle periferie,
o la guerra globale scatenata dall'avidità dei plutocrati, dei produttori di armi e dei nemici dei popoli poveri, e quindi per definizione buoni, alla base di crimini tanto efferati come il suddetto? E allora, cosa c'entra l"odium fidei"? C'entra. Eccome. E lo si sa benissimo, perchè, al di là di tutte le più ardite arrampicate sugli specchi, oltre le inaccettabili giustificazioni che odorano tanto di opportunismo politico, quel 26 luglio un brivido di terrore è corso lungo la schiena dei tanti, troppi che, in buona o in mala fede, partecipano a questa grottesca commedia degli equivoci, e quel brivido, anche se non lo si vuole dire, ha un nome, antico e minaccioso per tutti i cristiani della terra, in ogni tempo e luogo: Islam.
Beato perché sgozzato sull'altare. La religione c'entra
Jacques Hamel, il sacerdote ucciso nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray da due jihadisti riconducibili allo Stato islamico, sarà proclamato beato perché ucciso in odium fidei. Significa che è stato un delitto religiosamente motivato
Roma. Il vescovo di Rouen, monsignor Dominique Lebrun, ha
annunciato che la causa di beatificazione di padre Jacques Hamel, il
sacerdote ultraottantenne sgozzato sull’altare della chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray lo scorso luglio da due jihadisti riconducibili allo Stato islamico,
è aperta. E’ stato il Papa in persona – che lo scorso settembre aveva
detto “padre Jacques è già beato” – a dispensare dall’attesa canonica
dei cinque anni, decidendo che l’iter può partire subito, senza
attendere le lungaggini burocratiche. Una rarità nella storia della
chiesa (si ricordano i precedenti di Giovanni Paolo II e Madre Teresa di
Calcutta). Francesco, conversando con i giornalisti a bordo dell’aereo
che lo riportava a Roma dopo il viaggio nel Caucaso, si è mostrato più
prudente – “Ho parlato con il cardinale Amato, prefetto della
congregazione per le Cause dei santi, faremo degli studi e lui darà la
notizia ultima” – confermando però che “l’intenzione è andare su questa
linea”.
E si va spediti perché padre Jacques è stato ucciso in odium fidei, cioè
in odio alla fede. Sul Catholic Herald, il teologo morale padre
Alexander Lucie-Smith scrive che qualcosa non torna: “Ciò che mi
colpisce riguardo l’intervento del Papa è che questa decisione non
sembra accordarsi con le altre cose che il Papa stesso ha detto circa la
violenza islamista. Se gli assassini di padre Hamel l’hanno ucciso in
odium fidei, ciò significa che questo è stato un delitto religiosamente
motivato”. Lucie-Smith si augura che il sacerdote morto mentre celebrava
la messa in una mattina di luglio sia non beatificato, bensì
canonizzato al più presto. Tuttavia “se padre Hamel sarà fatto santo,
come ci si comporterà riguardo alle parole del Pontefice secondo cui il
terrorismo non scaturisce dalla religione in sé ma da motivazioni
economiche e d’altro tipo?”.
Il Catholic Herald riprende quanto scrisse, all’indomani
dell’assassinio, l’Observer – non sospettabile di fare da megafono alla
destra tradizionalista – secondo cui “il Papa potrebbe avere ragione nel
dire che questa non è una guerra tra religioni,
di certo non è una guerra condotta da leader religiosi riconoscibili
come è egli stesso. Ma dire che l’odierna battaglia globale (in via di
intensificazione) non è almeno in parte anche una lotta religiosa e
spirituale, è di sicuro un’illusione”. I santi, scrive Lucie-Smith, “non
sono lì per farci sentire a nostro agio, ma per sfidarci”. Padre Hamel
“presenterà una sfida utile ai cattolici. Ci chiederà se siamo pronti a
morire al suo servizio. Ma sarà una sfida utile anche per il mondo
islamico, cui chiederà di confrontarsi con la realtà – spesso negata –
che porta alcuni musulmani a dipendere dalla violenza”. Oppure, “ci
potrebbe essere un tentativo di leggere la vita e la morte di padre
Hamel sotto una luce diversa, di vederlo come un martire che è morto per
il dialogo e la comprensione religiosa. Infatti, tale tentativo è già
in corso. Ma a quel punto, avremmo un’altra indicazione che la
canonizzazione” del sacerdote francese “non sarà senza polemiche”.
Quando penso a questa vicenda, a me viene sempre in mente: Morire di Dialogo!
RispondiEliminaL'assassino, che prima venne detto mentalmente disturbato, esistenzialmente periferico, era un ragazzino musulmano, che poi a un certo punto si è "radicalizzato" (come ci spiegano) e proveniva dal "vivaio" della moschea antistante la chiesa, che sorge proprio sul terreno della chiesa; un anno o due il sacerdote vittima e l'imam avevano dialogato.