(nell'immagine, S. Caterina da Siena)
A proposito delle dichiarazioni, apparse sulla stampa, di S. Em.za il card. Bagnasco, Presidente della CEI, riguardo al gesto di alcuni esponenti musulmani (pochissimi in realtà) di “partecipare” alle Sante Messe della scorsa Domenica 31 luglio, secondo il quale si tratterebbe di un “gesto enorme”, “sostegno cruciale” per isolare i terroristi e che sarebbero incomprensibili – a suo modo di vedere – le critiche dei cattolici agli imam in chiesa, rispettosamente faccio presente che il fatto si configura come violazione della communicatio in sacris (v. can. 844 c.i.c.). Essa, si ricorda, è consentita, a determinate condizioni e con molte cautele, ai cattolici solo con i cristiani ortodossi e con gli evangelici, secondo le disposizioni del Direttorio Ecumenico del 1993 (cfr. nn. 122-128 circa la Condivisione di vita sacramentale con i membri delle varie Chiese orientali; nn. 129-136 circa la Condivisione di vita sacramentale con i cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali).
A proposito delle dichiarazioni, apparse sulla stampa, di S. Em.za il card. Bagnasco, Presidente della CEI, riguardo al gesto di alcuni esponenti musulmani (pochissimi in realtà) di “partecipare” alle Sante Messe della scorsa Domenica 31 luglio, secondo il quale si tratterebbe di un “gesto enorme”, “sostegno cruciale” per isolare i terroristi e che sarebbero incomprensibili – a suo modo di vedere – le critiche dei cattolici agli imam in chiesa, rispettosamente faccio presente che il fatto si configura come violazione della communicatio in sacris (v. can. 844 c.i.c.). Essa, si ricorda, è consentita, a determinate condizioni e con molte cautele, ai cattolici solo con i cristiani ortodossi e con gli evangelici, secondo le disposizioni del Direttorio Ecumenico del 1993 (cfr. nn. 122-128 circa la Condivisione di vita sacramentale con i membri delle varie Chiese orientali; nn. 129-136 circa la Condivisione di vita sacramentale con i cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali).
In nessun caso ciò è
consentito con i non cristiani.
Peraltro, è il caso
di richiamare l’Istruzione Redemptionis sacramentum del 2004
ed in special modo i nn. 78 e 79, che sembrano fare al nostro caso, quasi con
previsione “profetica”:
[78.] Non è lecito
collegare la celebrazione della Messa con eventi politici o mondani o con
circostanze che non rispondano pienamente al Magistero della Chiesa cattolica.
Si deve, inoltre, evitare del tutto di celebrare la Messa per puro desiderio di
ostentazione o di celebrarla secondo lo stile di altre cerimonie, tanto più se
profane, per non svuotare il significato autentico dell’Eucaristia.
[79.] Infine, va
considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione della
santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici,
desumendoli dai riti di altre religioni.
Vorrei ricordare,
ancora, sempre in maniera rispettosa, al Presidente della CEI quanto stabilito
in apposita Nota per gli Orientamenti Pastorali della
Commissione Episcopale per le Migrazioni e il turismo della CEI il 4 ottobre
1993, dal titolo “Ero forestiero e mi avete ospitato”. In questo
documento, all’art. 34, in merito a “L’incontro con l’Islam”, si statuiva:
«le comunità
cristiane, per evitare inutili fraintendimenti e confusioni pericolose, non
devono mettere a disposizione, per incontri religiosi di fedi non cristiane,
chiese, cappelle e locali riservati al culto cattolico, come pure ambienti
destinati alle attività parrocchiali».
Tali Orientamenti non
mi risulta siano stati revocati dalla CEI!
In termini pressoché
identici si esprimeva l’allora Presidente del Pontificio Consiglio della
Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Card. Stephen Fumio, nella sua introduzione alla
XVI Assemblea plenaria del Dicastero vaticano, svoltasi nel dicembre 2004:
«Ad evitare
fraintendimenti e confusioni, considerate le diversità che reciprocamente
riconosciamo per rispetto ai propri luoghi sacri ed anche alla religione
dell’altro, non riteniamo opportuno che quelli cristiani – chiese, cappelle,
luoghi di culto, locali riservati alle attività specifiche
dell’evangelizzazione e della pastorale – siano messi a disposizione di
appartenenti a religioni non cristiane, né tanto meno che essi siano usati per
ottenere accoglienza di rivendicazioni rivolte alle autorità pubbliche».
Nello stesso senso
erano pure le indicazione dei Vescovi, Circolare n. 32, 10 maggio 2002, a cura
del “Comitato per gli enti ed i beni ecclesiastici - sez. I” della CEI,
intitolata “Cessioni di locali e spazi pastorali a terzi per uso diverso”,
che ribadivano come la piena disponibilità di immobili e spazi destinati a uso
pastorale dovessero essere vincolati alle attività di culto e di religione
(sottinteso cattolica).
Ricordo anche le
dichiarazioni dell'ex Segretario della CEI, S. Ecc.za mons. Betori
– oggi cardinale arcivescovo di Firenze – nel 2008, riguardo ad un
fatto di cronaca verificatosi all’epoca: «Quando un parroco presta i locali
della parrocchia deve sapere che in quel momento aliena quello spazio alla
religione cattolica e lo affida per sempre all’Islam, … le moschee non sono un
luogo di culto, ma luoghi di preghiera e di formazione».
A questo punto, mi
auguro che si sia trattata di una dimenticanza di S. Eminenza Bagnasco.
Va anche aggiunto, ad
onor del vero, che in chiesa l’accesso è permesso a chiunque voglia accostarsi
alla conoscenza del Mistero cristiano: nondimeno va rammentato che tale
accesso, la Chiesa lo ha sottoposto da sempre all’itinerario catecumenale e
dell’iniziazione cristiana, vigilato, un tempo, dal ministero degli Ostiari.
Quanto alla proclamazione
di versetti di altri libri, ritenuti sacri dagli adepti delle altre religioni,
ma non dalla Chiesa cattolica, ciò implica un andare contro la funzione del
Tempio cristiano, che, come noto, viene dedicato con rito solenne. Questo
configura una vera e propria profanazione! Per dimostrare la solidarietà non si
deve usare la Casa di Dio, ma una piazza o altri ambienti non cattolici o,
comunque, dedicati al culto.
Con riferimento,
infine, alla distribuzione, pare al momento della Comunione, di un pane, non si
sa bene se benedetto o meno, e comunque non consacrato, che
ricorda l’Antídōron dei bizantini, non pare che possa avere come
destinatari i non cristiani. A questo proposito, gli Orientali sono
particolarmente attenti ad evitare fraintendimenti.
Si dovrebbe, infine,
sapere che i musulmani sono convinti di essere la vera religione e di non dover
perdere alcuna occasione per “correggere”, quelli che essi definiscono
“appartenenti alle religioni del Libro”, ossia ebrei e cristiani, che avrebbero
deviato dall’autentica fede – l’islam appunto. Non a caso, l’imam a Bari, nella
Cattedrale di Bari, ha recitato la prima sura del corano, detta Al-Fâtiha,
l’Aprente, nella quale si stigmatizza, appunto, gli ebrei ed i
cristiani, rei di essere, agli occhi dei musulmani, miscredenti.
Tra l’altro, a quanto mi risulta, è la stessa sura che viene recitata nel
momento in cui vengono sgozzati i cristiani: così è stato, se non erro, in
occasione dello sgozzamento dei 21 martiri copti uccisi dall’Isis. Lo stesso
imam barese, peraltro, pochi giorni fa, in diretta TV, parlando ad un talk
show, affermava: «l’Italia è casa mia. Sono qui per rieducare e purificare gli
italiani».
Entrare nelle chiese
cristiane, dunque, ha almeno per i loro imam il senso di
indottrinamento per ricondurre dall’«errore» i cristiani, i quali vi sarebbero
caduti falsificando le Scritture!
A mio modesto avviso
si è trattata di un’iniziativa, dunque, dal dubbio significato, tanto più che
ha interessato in Italia ed in Francia, in entrambi i casi, meno del 2% dei
musulmani presenti in queste nazioni! A ciò si aggiunga la buona dose di
ipocrisia che siffatte iniziative hanno comportato. Basti solo pensare alle
spalle rivolte dai musulmani, nella Basilica romana di Santa Maria in
Trastevere, alla lettura dei Vangelo! A ragione, quindi, l’imam di Lecce ha
parlato di gesto sensazionalista, ipocrita e sincretista. Il rispetto non lo si
instaura perdendo la propria identità. E soprattutto la propria fede.
Spero infine che S.
Eminenza chiarisca una buona volta un punto equivocato in questi tempi e cioè
che figli di Dio si diventa con il Battesimo, e non con la nascita biologica;
pertanto, non si può affermare, come avanzato da alcune parti, che tutti gli
uomini, e quindi anche i musulmani, siano figli di Dio, perché
sarebbe come dichiarare l’inutilità del Battesimo.
Con deferenza
in Domino Iesu
don
Nicola Bux
Bari, 4 agosto 2016,
S. Giovanni M. Vianney
Ripreso da: http://www.scuolaecclesiamater.org/2016/08/dichiarazione-di-don-nicola-bux-circa.html
E' trascorsa qualche settimana, ma data la portata della riflessione ho deciso di inserirla comunque, vista l'importanza non transeunte dei temi toccati.
E' trascorsa qualche settimana, ma data la portata della riflessione ho deciso di inserirla comunque, vista l'importanza non transeunte dei temi toccati.
Grande don Bux. Qualche pastore, ogni tanto...
RispondiEliminaMons. Bux enuncia chiaramente norme interne alla Chiesa stessa per cui la communicatio in sacris è vietata.
RispondiEliminaCosì pregare con chi nega Gesù Cristo, regalare terreni da parte della Chiesa ad attività spurie o parasataniste di culti che Lo negano, è vietato, non solo come si può desumere da S. Scrittura, Tradizione, magistero perenne e pure buon senso, ma anche dal diritto canonico.
Inutile star lì a menarla con l'unesistente astrazione dell'unico dio delle religioni monoteiste, con chi nega Gesù Cristo e al suo posto propugna delitto, omicidio, annichilimento, conquista, esproprio e imposizione di leggi implacabili disumane in onore ai demoni:
esistono nemici della fede, e stender loro il tappetino rosso è tafazzismo e autoestinzione, oltre che un sacrilegio,
e non certo carità.