martedì 25 ottobre 2016

La "Camera del Silenzio" all'Azienda U.S.L. di Parma

La "Camera del Silenzio"? 

Non si tratta di una riedizione del film di Francois Truffaut "La Chambre verte" (1978), tratto da suggestivi racconti di Henry James, tra cui "l'Altare dei Morti", 
nè è un titolo di un film di Ingmar Bergman; 
non è una stanza di "decompressione" post discoteca o afterhours, nè la zona di sviluppo di rullini fotografici.


 Non ha nulla a che fare nemmeno col capolavoro "la Camera della Badessa" nell'ex Monastero di S. Paolo a Parma (sopra nell'immagine), celebre per i magnifici affreschi 1518-1519 del Correggio.
[si può anche paragonare la decorazione fittamente simbolica di tono sia mitologico sia biblico della soprastante Camera del Correggio, con la "camera del silenzio" poco sotto, per farsi un'idea della tabula rasa contenutistico-formale della contemporaneità]

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Ce ne dice di più Andrea Zambrano in questo articolo:

Se il vescovo smette di insegnare all'uomo la verità su vita e morte

"L’Asl di Parma ha inaugurato un nuovo servizio per i pazienti e i familiari ospitati all’Ospedale Maggiore. E’ una stanza. No, non troveranno posto ecografi o lettini. Non ci sarà nulla. Proprio nulla: né arredi, né oggetti, né sedie. Perché non servono allo scopo e lo scopo è quello di affrontare il dolore della malattia o la perdita della morte. L’hanno ribattezzata Stanza del silenzio e quelli di Repubblica, che di queste novità sono sempre ghiotti, l’hanno confezionata così: “Parma, una stanza dove le preghiere non hanno bandiere”.

Qui l'interpretazione del fatto secondo Repubblica
 
Facile immaginare il senso: siccome le cappelle col Santissimo offendono le altre fedi, bisogna creare qualche cosa che vada bene a tutti. Ma che cosa? Semplice: una stanza dove annullare qualunque riferimento al sacro e che nelle intenzioni si dica che possa andare bene a tutti: cattolici, buddisti, musulmani, induisti, ebrei e persino atei dato che al tavolo nazionale voluto  da un Forum interreligioso del quale si disconosce l’autorevolezza devono starci proprio tutti.

Non è la prima stanza del silenzio che viene creata. Sempre Repubblica ci informa che negli Stati Uniti è ormai una prassi e che l’idea nacque all’Onu nel lontano 1954 quando l’allora segretario della Nazioni Unite fece predisporre una camera di meditazione per i dipendenti del quartiere. Così con la scusa del pluralismo religioso, si abbandonano le specificità delle varie religioni che sulla morte hanno elaborato un pensiero profondo, per mettere pari tutti. Come avrebbe detto Totò: dato che la morte è una livella, anche la riflessione su di essa deve vedere tutti partire dallo stesso punto. Che non è come avrebbe detto un Sant’Alfonso la consapevolezza che di fronte all’ora fatale non ci sono né re né plebei, ma è il nulla, appunto.

L’iniziativa di Parma è significativa però, rispetto ad altre già create in Italia, come Torino, per due motivi.
Anzitutto è sponsorizzata da numerosi enti pubblici, i quali attuano direttive di scristianizzazione già affermate e utilizzano i nostri soldi anche per questi scopi che al contribuente potrebbero sembrare discutibili per il semplice fatto che esulano dalle loro competenze: che si debba incaricare l’Asl di Parma di livellare tutte le esperienze religiose di fronte a come reagire alla morte è alquanto discutibile, che a collaborare a questo progetto ci siano professionisti, immaginiamo ben pagati, di alcune università, come quella di Modena-Reggio e quella di Padova, è folcloristico, perché da sempre gli atenei sono i luoghi del sapere. La loro presenza in questo tipo di progetti invece certifica che le Università non hanno praticamente nulla da dire se non il silenzio e una meditazione tanto vaga quanto sterile.

La seconda specificità è che alla causa ha portato acqua anche la Diocesi di Parma che, sostiene sempre Repubblica, ha accettato di partecipare entusiasta alla creazione della stanza del silenzio. E ti pareva: non bastava aver lodato i grandi epigoni del laicismo italiano come Pannella e Dario Fo come improbabili cristiani inconsapevoli, adesso le gerarchie ecclesiastiche sono prone persino nello svendere a buon mercato ciò che hanno ricevuto in custodia: l’anima delle persone e la verità sul loro destino eterno. 

In Diocesi a Parma si vede che si è pensato di tradurre alla lettera la profezia di John Lennon che in Imagine si augurava un mondo finalmente senza religioni.

(Qui una mia analisi di "Imagine")

Eccolo accontentato, grazie a vescovi che hanno scambiato il mito del dialogo come un risvolto moderno e rattrappito dell’evangelizzazione. Accantonando la verità per far posto al disorientamento, smettendo di dare criteri per leggere la realtà attraverso la fede. 



A noi viene in mente un’altra canzone, di Gino Paoli: il nulla in una stanza. Il cielo non c’è più. Di fronte al silenzio come grido nel vuoto e non, come direbbe il cardinal Sarah, luogo privilegiato dell’ascolto, non ci resta che il nulla.

E’ evidente che non c’è stato nessun buddista che si sia lamentato con la direzione dell’ospedale per non aver trovato una cappella di suo gradimento durante il ricovero; né che i musulmani abbiano chiesto di avere a disposizione una camera di meditazione dove stendere lo stuoino tra un ciclo e un altro di chemio. Si procede per false risposte a bisogni veri: siccome ormai non siamo più cattolici, trasformiamo tutto in modo che vada bene a tutti. Però qualche spazio ci vuole perché la morte è assurda e noi, dopo aver cacciato Dio dalle nostre porte principali non ce lo vediamo più.

Con buona pace per la verità sull’uomo che difficilmente potrà trovare pace e risposte tra quattro mura agghindate con quadri da biennale e suppellettili sincretiche. E’ proprio vero che quando uno non crede più a niente diventa credulone. A Parma, complice la direzione sanitaria e uno stuolo di cultori autorevoli della nuova religione 2.0, quella che dovrà affratellare i popoli senza un briciolo di verità, si adora il vitello d’oro del silenzio nichilistico, ma elevandolo a religione perché è questo che deve tenere legati gli uomini: una indistinta e informe di sentimenti vacui e terribilmente umani.

E a certificare tutto questo c’è la complicità di pastori che hanno deciso di abbandonare la loro missione per accontentarsi del dio ignoto degli ateniesi. Anzi, più che ignoto: il Dio assente, il Dio del così è se vi pare. Però quella stanza una cosa la dice: dopo aver fatto di tutto per cacciare Dio dalla propria vita si ritorna come in un gioco dell’oca al punto di partenza. Con le stesse domande, ma senza pretendere una risposta, che a ben guardare sarebbe a portata davvero di tutti."

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Aggiungo: 
il nostro non è un Dio "del silenzio", anche se certamente lo si può fruire quando si fa silenzio dentro di sè;

ma è un Dio Vivente, che parla, si dona fino in fondo, in Cristo e nello Spirito Santo,
crea e ricrea la Vita
e si comunica alle Sue creature.

cfr. Giobbe 33,14:

"Iddio parla,
una volta e anche due,
ma l'uomo non ci bada"

5 commenti:

  1. Avevo già sentito, non ricordo dove, che c'era l'intenzione di porre in essere questo monstrum nichilista, ma ora che vedo la foto e leggo i dettagli, mi accorgo che, come si è già ripetuto più volte, la realtà supera gli incubi. La celebrazione del Nulla. Quale conforto potrà mai venire da un non luogo del genere? Poveretti noi...

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  2. è proprio come i nonluoghi nella definizione di Marc Augè:

    https://it.wikipedia.org/wiki/Nonluogo

    nella modernità ce ne sono molti, perchè si tratta di una dinamica voluta come spoliazione di segni identificativi cfr.

    http://esperidi.blogspot.it/2008/10/la-citt-il-centro-la-piazza-significati.html

    spogliarsi anche dei segni del sacro e che la chiesa sia pure d'accordo mi sembra il punto di non ritorno

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  3. Ho conosciuto l'hospice di Bentivoglio, era così: una 'sala culto' piuttosto spoglia, senza simboli, con una Bibbia, un Corano, una rivista dei testimoni di Geova...
    Cosa posso dire? In quei momenti sei emotivamente molto fragile, il personale della struttura è molto sollecito, premuroso e questo non si può dire non ti sia di conforto. Ma mi chiedevo allora (in quei giorni leggevo Iota Unum di Romano Amerio) e mi chiedo ancora adesso, può esserci grazia dove nominare Gesù Cristo è considerato sconveniente, quasi per una tacita convenzione?

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  4. Salve Adaequatio e benvenuto/a sul blog.
    Devo dire a me non è capitato direttamente, perchè pur essendo, purtroppo, frequentatore continuo di ospedali, mi sono capitati finora luoghi dove c'è ancora una cappellina cattolica.

    Già l'idea di vedere a fianco Bibbia, Corano, e TdG mi prende un po' male...sarebbe a dire che il luogo in pratica non è consacrato, ma è "multi", una specie di multisala.
    E' chiara la simbologia laicista e relativista che vi soggiace, che mette giusto e sbagliato tutti sullo stesso piano, anche perchè chi doveva insegnare cos'è il Giusto, non lo fa più;
    è anche vero che la deriva è stata aiutata da parte della Chiesa stessa, dichiarazioni al limite come Nostra Aetate (i pretesi "raggi di verità" presenti in tutte le fedi, un'idea di Semina Verbi/Logos spermatikos mal-estrapolata dal povero S. Giustino martire, che intendeva tutt'altro...).

    è una grande domanda:
    "può esserci grazia dove nominare Gesù Cristo è considerato sconveniente, quasi per una tacita convenzione?"
    sembrerebbe di no.

    In quel caso la grazia non è nel luogo, nè nello scopo del luogo, che è fuorviante.

    Ma nel caso un credente preghi (lì, ma anche nel suo letto direttamente, davanti a una sala operatoria, nei corridoi o sull'attico) Dio che guarda e legge il cuore potrà comunicare con lui e inondarlo, semplicemente perchè è in ogni dove.
    Il Tempio dello SS. siamo noi stessi.

    Certo, averne avuto un riferimento anche in forma di edificio non sarebbe stato male.

    Ma il luogo multifunzione creato, in sè, non è cosa buona..come non lo è porre Gesù, l'Universorum Rex, in mezzo agli idoli e alle false religioni.

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