L'inventore del cappuccino:
oggi potrebbe essere ricordato per questo.
Un simpatico francescano che si prodigava indefessamente per la pace e la concordia tra i popoli e che, mirabile esempio di multiculturalismo, ha preso dai turchi i chicchi del caffè, la mezzaluna islamica e ne ha tratto fuori la la colazione italica famosa in tutto l'orbe: cappuccio e cornetto (brioche, nella versione francese in uso nel nord della penisola), appunto.
Sarà, forse, anche per quel lontano debito di riconoscenza mai compiutamente assolto che oggidì in Europa ci si prodiga in modi creativamente solleciti affinché i nostri cari fratelli musulmani possano sentirsi il più possibile a casa loro in casa nostra?
Già, perché poi, a volerla dire proprio tutta, in realtà, il nostro poteva anche mostrarsi più rispettoso ed inclusivo e smettere di sventolargli continuamente davanti alla ghigna quel benedetto crocefisso che si portava inopinatamente seco, che lui lo sapeva quanto divisivo potesse risultare.
E così, nell'anno del Signore 2016, di frate Marco, al secolo Carlo Domenico Cristofori, si parla ben poco, e se lo si fa, meglio associarlo ad un buon cappuccino densamente cremoso, accompagnato da un fragrante croissant appena sfornato.
Il rischio è che poi, magari, a qualcuno particolarmente curioso salti in testa di sapere per quale motivo a quel buon uomo, nel lontano settembre 1683, pareva così importante aggirarsi per le strade di Vienna con una croce tra le mani, e potrebbe anche scoprire che la usava per benedire, dare coraggio e fortificare le migliaia e migliaia di viennesi stremati dal terribile assedio che i fratelli turchi avevano posto alla loro città, e di guerrieri che combattevano contro un numero soverchiante di ottomani (70000 contro più di 150000) agli ordini di Kara Mustafa, generale del sultano Maometto IV, che aveva come scopo non solo di conquistare ed islamizzare, ma anche aprirsi un varco per poi giungere a Roma e proporre al papa Innocenzo XI, nel nome del dialogo e dell'unico Dio del Libro, di apportare qualche lieve ed ecumenica modifica alla basilica di San Pietro.
Già, perché poi, a volerla dire proprio tutta, in realtà, il nostro poteva anche mostrarsi più rispettoso ed inclusivo e smettere di sventolargli continuamente davanti alla ghigna quel benedetto crocefisso che si portava inopinatamente seco, che lui lo sapeva quanto divisivo potesse risultare.
E così, nell'anno del Signore 2016, di frate Marco, al secolo Carlo Domenico Cristofori, si parla ben poco, e se lo si fa, meglio associarlo ad un buon cappuccino densamente cremoso, accompagnato da un fragrante croissant appena sfornato.
Il rischio è che poi, magari, a qualcuno particolarmente curioso salti in testa di sapere per quale motivo a quel buon uomo, nel lontano settembre 1683, pareva così importante aggirarsi per le strade di Vienna con una croce tra le mani, e potrebbe anche scoprire che la usava per benedire, dare coraggio e fortificare le migliaia e migliaia di viennesi stremati dal terribile assedio che i fratelli turchi avevano posto alla loro città, e di guerrieri che combattevano contro un numero soverchiante di ottomani (70000 contro più di 150000) agli ordini di Kara Mustafa, generale del sultano Maometto IV, che aveva come scopo non solo di conquistare ed islamizzare, ma anche aprirsi un varco per poi giungere a Roma e proporre al papa Innocenzo XI, nel nome del dialogo e dell'unico Dio del Libro, di apportare qualche lieve ed ecumenica modifica alla basilica di San Pietro.
Ma, sarà che secondo il gusto estetico di papa Innocenzo le mezzelune non donavano alle croci, o che apprezzava poco le usanze turche nei confronti delle popolazioni cristiane che venivano da questi visitate, padre Marco, già notissimo per le sue qualità di taumaturgo e predicatore, fu inviato proprio dal Romano Pontefice a Vienna, affinché riunisse i litigiosi sovrani d' Europa in una rinnovata Lega Santa con lo scopo di chiedere gentilmente agli islamici di ripassare cortesemente in un altro momento, che so, magari con un altro pontefice di inclinazioni artistiche maggiormente sincretiche di quel purista di Innocenzo.
Voi penserete che scherziamo, che esageriamo con la nostra ironia. Figuriamoci se veramente un personaggio come il Beato Marco d'Aviano viene ricordato principalmente per il cappuccino! Quanto all'altro aspetto, invece, quello marginale circa lo scambio culturale viennese, parola d'ordine, compagni: l'Islam, ovviamente, non c'entra nulla...
Faremo anche ironia, ma, purtroppo, non inventiamo nulla. La realtà è ben oltre.
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Ecco l'articolo di "Famiglia Cristiana", penna di Stefano Pasta.
http://www.famigliacristiana.it/articolo/tanti-auguri-cappuccino.aspx
"TANTI AUGURI, CAPPUCCINO
Il suo compleanno è scivolato via senza clamore. Eppure, a ben vedere, qualcosa da festeggiare ci sarebbe pur stato, specialmente in un'epoca come questa, con il morale collettivo sotto i tacchi. Il 17 novembre 1631, ovvero 383 anni fa, nasceva fra Marco d'Aviano. Un credente appassionato al punto d'essere proclamato beato (lo fece Giovanni Paolo II, nel 2003). Il salvatore di Vienna, perché nel 1683 contribuì a liberare la capitale austriaca sotto assedio, fermando l’avanzata dell’esercito ottomano verso l’Europa occidentale. Ma, anche, l'inventore del cappuccino.Già, proprio lui: religioso, francescano, cappuccino, appunto. Come in tutta la storia gastronomica, di certezze ce ne sono poche, ma la versione più attendibile attribuisce a padre Marco d’Aviano (1631-1699) l'invenzione della bevanda italiana più famosa al mondo. Si dice che quando si trovava a Vienna il frate entrò in un locale e, non riuscendo a bere il caffè così forte, chiese qualcosa per addolcirlo. Gli portarono del latte e il liquido si schiarì diventando dello stesso colore del saio del religioso. «Kapuziner!»esclamarono gli avventori del locale e il resto è, o meglio pare, storia di un’eccellenza del made in Italy, più diffusa anche dell’espresso proprio perché più dolce.
Ma com’era finito a Vienna questo frate, al secolo Carlo Domenico Cristofori, nato tra i friulani di Villotta? Compiva una “missione impossibile” affidatagli da papa Innocenzo XI: creare una complessa e difficile alleanza tra i sovrani cattolici per fermare gli ottomani. In quel momento, infatti, i turchi disponevano di quasi 200mila soldati, avevano preso Belgrado, avanzavano in Ungheria e marciavano spediti per cogliere – come si diceva allora – “la mela d’oro” del giardino europeo, Vienna. All’epoca, padre Marco era noto soprattutto come predicatore di Padova e del Veneto prima e dell’Europa poi (Baviera, Austria, Fiandre, Parigi, Germania, Boemia, Svizzera), sempre più accompagnato dalla fama di taumaturgo dopo la guarigione prodigiosa di una monaca costretta a letto da 13 anni.
A Vienna, nel 1680 era divenuto amico dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Leopoldo I d’Asburgo, di cui fu consigliere spirituale fino alla morte, e aveva rapporti nelle varie corti europee. Nonostante l’opposizione del francese Luigi XIV, che pur vantava il titolo di “Re Cristianissimo”, il cappuccino riuscì a vincere le rivalità tra i principi cattolici e a formare la Lega Santa, guidata dal polacco Giovanni Sobieski. Alla vigilia della battaglia decisiva, padre Marco fu accanto ai soldati, celebrando la Messa sul Monte Calvo, la collina che sovrasta Vienna, e invitandoli a credere nell’aiuto divino. Nonostante l’inferiorità numerica, nella battaglia tra l’11 e il 12 settembre 1683, l’esercito turco venne respinto dopo due mesi di assedio alla città.Papa Innocenzo XI proclamò la giornata “Festa del Santissimo Nome di Maria” e l’operazione militare, che allontanò definitivamente il “pericolo ottomano” dall’Europa occidentale, continuò con la riconquista di Buda, capitale dell’Ungheria, nel 1685 e successivamente della Serbia.
L’impresa di Vienna e il ruolo di Marco d’Aviano sono stati recentemente rievocati dal romanzo storico “Gli Ussari Alati” di Daniele Cellamare, docente alla Sapienza di Roma ed esperto di storia militare; il titolo del libro, giunto alla seconda ristampa ad un mese dall’uscita, richiama il temibile reparto di cavalleria scelta che fu decisivo nel mettere in fuga l’esercito turco. In occasione della sua beatificazione, il cardinale José Saraiva Martins, allora prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, precisò che era necessario contestualizzare la figura e il messaggio del frate cappuccino. «Marco d’Aviano – spiegò – non ha combattuto l’islam inteso come religione, né ha promosso “crociate preventive”, ma ha solo dato il suo contributo per la difesa da un aggressore, che era allora l’Impero ottomano». La sua fama di uomo giusto si diffuse anche tra i musulmani quando, dopo la liberazione di Belgrado il 6 settembre 1688, intervenne personalmente per salvare ottocento soldati della Sublime Porta, catturati dai cristiani e che altrimenti sarebbero stati passati a fil di spada. "
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No, no, non ha combattuto l'Islam, non sia mai.
La preghiera da lui composta e recitata all'alba del 12 settembre 1683 prima della battaglia di Kahlenberg, in cui l'esercito cristiano guidato dal re di Polonia Giovanni III Sobieski ed il duca Carlo V di Lorena sconfisse quello ottomano, è infatti, lì a testimoniare la verità, al di là di ogni mistificazione, forzatura, rilettura strumentale che il nuovo corso tenta di imporre.
Preghiera del beato Marco d’Aviano nella battaglia di Vienna
O grande Dio degli eserciti, guardaci prostrati qui ai piedi della tua maestà, per impetrarti il perdono delle nostre colpe. Sappiamo bene di aver meritato che gl’infedeli impugnino le armi per opprimerci, perché le iniquità, che ogni giorno commettiamo contro la tua bontà, hanno giustamente provocato la tua ira. O gran Dio, ti chiediamo il perdono dall’intimo dei nostri cuori; esecriamo il peccato, perché Tu lo aborrisci; siamo afflitti perché spesso abbiamo eccitato all’ira la tua somma bontà. Per amore di Te stesso, preferiamo mille volte morire piuttosto che commettere la minima azione che ti dispiaccia. Soccorrici con la tua grazia, o Signore, e non permettere che noi tuoi servi rompiamo il patto che soltanto con te abbiamo stipulato.
O grande Dio degli eserciti, guardaci prostrati qui ai piedi della tua maestà, per impetrarti il perdono delle nostre colpe. Sappiamo bene di aver meritato che gl’infedeli impugnino le armi per opprimerci, perché le iniquità, che ogni giorno commettiamo contro la tua bontà, hanno giustamente provocato la tua ira. O gran Dio, ti chiediamo il perdono dall’intimo dei nostri cuori; esecriamo il peccato, perché Tu lo aborrisci; siamo afflitti perché spesso abbiamo eccitato all’ira la tua somma bontà. Per amore di Te stesso, preferiamo mille volte morire piuttosto che commettere la minima azione che ti dispiaccia. Soccorrici con la tua grazia, o Signore, e non permettere che noi tuoi servi rompiamo il patto che soltanto con te abbiamo stipulato.
Abbi dunque pietà di noi, abbi pietà della tua Chiesa, per opprimere la quale già si preparano il furore e la forza degl’infedeli. Sebbene sia per nostra colpa ch’essi hanno invaso queste belle e cristiane regioni, e sebbene tutti questi mali che ci avvengono non siano altro che la conseguenza della nostra malizia, siici tuttavia propizio, o buon Dio, e non disprezzare l’opera delle tue mani. Ricordati che, per strapparci dalla servitù di satana, Tu hai donato tutto il tuo prezioso Sangue. Permetterai forse ch’esso venga calpestato dai piedi di questi cani? Permetterai forse che la fede, questa bella perla che cercasti con tanto zelo e che riscattasti con tanto dolore, venga gettata ai piedi di questi porci? Non dimenticare, o Signore, che se Tu permetterai che gl’infedeli prevalgano su di noi, essi bestemmieranno il tuo santo Nome e derideranno la tua potenza, ripetendo mille volte: “Dov’è il loro Dio, quel Dio che non ha potuto liberarli dalle nostre mani?” Non permettere, o Signore, che ti si rinfacci di aver permesso la furia dei lupi, proprio quando t’invocavamo nella nostra miserevole angoscia.
Viene a soccorrerci, o gran Dio delle battaglie! Se Tu sei a nostro favore, gli eserciti degl’infedeli non potranno nuocerci. Disperdi questa gente che ha voluto la guerra! Per quanto ci riguarda, noi non amiamo altro che essere in pace con Te, con noi stessi e col nostro prossimo. Rafforza con la tua grazia il tuo servo e nostro imperatore Leopoldo; rafforza l’animo del re di Polonia, del duca di Lotaringia, dei duchi di Baviera e di Sassonia, e anche di questo bell’esercito cristiano, che stanno per combattere per l’onore del tuo nome, per la difesa e la propagazione della tua santa Fede. Concedi ai principi e ai capi dell’esercito la fierezza di Giosué, la mira di Davide, la fortuna di Jefte, la costanza di Joab e la potenza di Salomone, tuoi soldati, affinché essi, incoraggiati dal tuo favore, rafforzati dal tuo Spirito, e resi invincibili dalla potenza del tuo braccio, distruggano e annientino i nemici comuni del nome cristiano, manifestando a tutto il mondo che hanno ricevuto da Te quella potenza che un tempo mostrasti in quei grandi condottieri. Fa’ dunque in modo, o Signore, che tutto cospiri per la tua gloria e onore, e anche per la salvezza delle anime nostre.
Te lo chiedo, o Signore, in nome dei tuoi soldati. Considera la loro fede: essi credono in Te, sperano tutto da Te, amano sinceramente Te con tutto il cuore. Te lo chiedo anche con quella santa benedizione, che io conferirò a loro da parte tua, sperando, per i meriti del tuo prezioso Sangue, nel quale ho posto tutta la mia fiducia, che Tu esaudirai la mia preghiera. Se la mia morte potesse essere utile o salutare, per ottenere il tuo favore per loro, ebbene te la offro fin d’ora, o mio Dio, in gradita offerta; se quindi dovrò morire, ne sarò contento. Libera dunque l’esercito cristiano dai mali che incombono; trattieni il braccio della tua ira sospeso su di noi, e fa’ capire ai nostri nemici che non c’è altro Dio all’infuori di Te, e che Tu solo hai il potere di concedere o negare la vittoria e il trionfo, quando ti piace. Come Mosé, estendo dunque le mie braccia per benedire i tuoi soldati; sostienili e appoggiali con la tua potenza, per la rovina dei nemici tuoi e nostri, e per la gloria del tuo Nome. Amen!
Avremmo molto da imparare dal beato Marco d'Aviano, quello vero, non quello del cappuccino, ma temo che, se pronunciasse pubblicamente e solennemente, in nome di Cristo e della Sua Chiesa, queste parole nel nostro evo suicida, i primi a scomunicarlo e togliergli qualunque legittimità senza il minimo indugio, prontamente dissociandosi urbi et orbi e rassicurando i fratelli maomettani sulla marginalità e l'ostracizzazione del figuro in questione, sarebbero per primi i rappresentanti della Chiesa cattolica stessa (non c'è bisogno di menzionare le laicissime istituzioni di ogni ordine e grado, nonchè i giornaloni e le varie associazioni per tutti i diritti veri o presunti di tutto e tutti tranne che di Dio). E questa è la sola sostanziale differenza tra mille, cinquecento, trecento anni fa ed oggi: l'Islam fa sempre l'Islam come è nella sua natura, è l' Occidente ad essere cambiato e la Santa Romana Chiesa con lui, per tenere affannosamente dietro allo spirito del tempo, e non si difende più, non si ama più, ha semplicemente deciso di lasciarsi morire tra una spensierata caccia ai pokemon e una compulsiva abbuffata di negozi aperti la domenica pomeriggio. Titanic docet.
siamo a un tale livello di inversione di realtà che ogni cosa è ormai possibile...
RispondiElimina2 almeno sono le operazioni in corso:
RispondiEliminafalsificazione della storia e della teologia,
creazione di una generazione inconsapevole quanto ignorante e quindi senza difese.
Non so delle 2 quale sia la peggiore.
In effetti è una gara dura...al ribasso, ovviamente...
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