domenica 24 dicembre 2017

Se muore il Natale cristiano, muore l'Occidente

Nino Spirli mi ha rubato di bocca le parole che avrei voluto scrivervi per questo Santo Natale incipiente. Va bene così; non avrei saputo esprimere meglio quanto mi premeva.
Parole che andrebbero gridate dai tetti. Parole che bisognerebbe proclamare nei luoghi preposti all'educazione ed all'istruzione. Parole di cui si sente sempre più il bisogno e la necessità vengano pronunciate da chi trova la propria ragione di essere nella Salus animarum e nella conversione del mondo alla Verità di Cristo Gesù, e che, invece, sembra averle volute dimenticare, quasi se ne vergognasse.
Che la Luce del mondo che anche quest'anno viene a visitarci doni a tutti noi la forza per proseguire la buona battaglia e pastori che ancora trovino il coraggio di guidare il popolo cristiano senza cedere a lusinghieri quanto sulfurei spiriti dei tempi.



"I Cieli se ne fottono dell'umana stupidità di qualche insulso dirigente scolastico che tenta di imporre il posto occupato in graduatoria cancellando la festa delle feste dal cuore delle persone.
Nonostante tutti gli sforzi di una ristretta ciurmaglia di frustrati "senza centro di gravità permanente" e col pallino del negazionismo religioso, il Figlio dell'Uomo sta per rivedere e, contemporaneamente, riportare, la Luce nel mondo.
Un miracolo che si ripete da duemila anni, "un fatto concreto" che ha cambiato la storia dell'universo, che segna, vivo, il confine tra l'infinito ed il finito, che unisce chi crede, che resiste agli assalti degli eserciti del male, oggi come sempre, armato dell'unica dolce arma: la libertà. Di decidere, di credere, di perdonare, di amare.
Buon Natale, cristiani!
Onoriamo il Dono di Dio e non cadiamo nella trappola dell'odio; ma non dubitiamo, nel contempo, del valore della difesa della nostra Fede. E resistiamo agli assalti dell'ignoranza, dell'ottusità, della superficialità, quella maligna cocciutaggine che spera di annientarci.
Per far sì che quella Nascita avvenga ancora in quella santa grotta, partecipiamo sentitamente ai riti natalizi: sarà la migliore risposta a qualsiasi bombardamento bestialmente (dis)umano.
Sì, buon Natale, cristiani, coi Vangeli in mano e la preghiera nel cuore.
E buon Natale, Occidente, figlio in fuga, in stupida fuga.
Se muore il Natale cristiano, sappilo, le radici del vecchio continente seccheranno come se fossero trapiantate nel cuore del Sahara.
Poiché ogni cellula di questa vecchia Europa respira Cristo più che aria pura. Voglia o non voglia, ogni singolo cittadino europeo è cristiano nel proprio DNA. I suoi occhi vedono cristianità, i suoi orecchi sentono cristianità, il suo palato gusta cristianità. E' cristiana l'arte, l'economia, la giurisprudenza, la letteratura, la scienza, la filosofia.
Il resto? E' invasione. E' nazislamismo".
                                                                           (Il Giornale, 23 dicembre 2017)

lunedì 4 dicembre 2017

Antonio Socci: i Cardinali contro Papa Francesco sullo ius soli



Era il febbraio 2016. Papa Bergoglio si trovava sul volo di ritorno dal Messico e - nella solita conferenza stampa aerea - gli fu chiesto cosa pensava della legge sulle unioni civili che era in discussione nel nostro Parlamento. Rispose: «Io non so come stanno le cose nel Parlamento: il Papa non si immischia nella politica italiana».
In quella stessa circostanza però Bergoglio s’immischiò nella politica americana attaccando Trump per aver proposto di fare il muro contro l’immigrazione al confine col Messico.

Del resto se si parla di migranti Bergoglio s’immischia pure nella politica italiana. A parole Bergoglio, quel 18 febbraio 2016, affermò: «Il Papa non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del Papa».
Però in pratica egli interviene pesantemente e pretende che l’Italia faccia la legge sullo ius soli. Ecco qualche titolo di giornale degli ultimi mesi. «Messaggio di papa Francesco: sì allo ius soli e allo ius culturae» (Repubblica, 21 agosto); «Migranti, Papa Francesco: “la nazionalità va riconosciuta alla nascita”» (Rai news 21 agosto); «Papa Francesco: “Immigrati, i politici che fomentano la paura seminano violenza razzista”» (Libero, 24 novembre). «Papa Francesco torna a chiedere lo ius soli, serve una legge più attinente al contesto sociale» (Il Messaggero, 27 settembre). Egli bombarda da mesi per imporre all’Italia quella legge sullo Ius soli che si guarda bene dall’introdurre nello Stato vaticano (di cui lui è sovrano assoluto). Per questo scopo mobilita pure i vescovi: «Cei, Galantino: “Accelerare sullo ius soli”» (Il Giornale, 28 settembre). Sottotitolo: «Prosegue la pressione della Cei per lo ius soli. Questa volta a chiedere l’approvazione è il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino». Addirittura nel febbraio 2017 Bergoglio era stato il primo firmatario della petizione del Sermig per chiedere al Parlamento italiano di approvare lo Ius Soli (vedi Avvenire, 26 febbraio 2017).

INGERENZE
Credo sia il primo caso di una petizione al Parlamento italiano firmata da un papa che - oltre ad essere un Capo di stato straniero - non è nemmeno mai stato cittadino italiano. Un’ingerenza che potrebbe anche creare problemi con lo Stato italiano in base alle norme concordatarie. Del resto sta creando anche grossi dissensi dentro la Chiesa, perché è del tutto irrituale intervenire così su una questione come le norme sulla cittadinanza che è complessa e opinabile.
L’Italia già oggi, con l’attuale legislazione, è il Paese che, in Europa, concede più cittadinanze: 202 mila nel 2016. L’Istat dice che gli extracomunitari che ogni anno diventano cittadini italiani sono sempre di più e sono addirittura quadruplicati in cinque anni (nel 2011 erano meno di 50 mila, oggi 200 mila). È dunque perfettamente normale (e legittimo) che la maggior parte degli italiani - e alcuni partiti - siano contrari a un ulteriore allargamento delle maglie e non si vede perché il Papa debba attaccarli e debba fare una crociata politica su un questione simile, che peraltro non riguarda né lui, né la Chiesa, né l’insegnamento morale della Chiesa.

I RUOLI
Anzi, l’opporsi allo ius soli s’ispira a quella saggia “prudenza” che la stessa dottrina cattolica (diversamente da quella bergogliana) sempre consiglia sul tema delle migrazioni di massa. Ecco perché in queste ore un cardinale importante come l’americano Raymond Leo Burke - interpellato sulla fissazione bergogliana per lo ius soli italiano - ha risposto: «Il ruolo della Chiesa non è promuovere una legge che tratta giudizi prudenziali sui quali uomini giusti possono avere diversi pareri (…). Per me è sbagliato che la Chiesa eserciti il ruolo di un partito in appoggio a una legge specifica in una questione che deve essere tenuta dentro il confine di un giudizio prudenziale». Nel caso di leggi che toccano questioni fondamentali come il diritto alla vita, il matrimonio e la famiglia - dice Burke - «la Chiesa deve esporre i suoi principi morali», ma «sullo ius soli credo si debba essere prudenti a causa delle ripercussioni del provvedimento sull’identità di questo Paese». Una preoccupazione, questa, che è consigliata anche dai recentissimi dati sull’espansione dell’islam nei paesi europei forniti dal Pew Research Center di Washington, un istituto di ricerca demoscopica fra i più autorevoli del mondo. Secondo l’istituto alla fine del 2016 c’erano, nei trenta paesi europei analizzati, circa venticinque milioni e 770 mila musulmani, ovvero il 4,9 per cento della popolazione complessiva.
Lo studio prospetta poi tre scenari: il blocco totale e immediato dell’ondata migratoria; la sua prosecuzione, ma in modo ordinato e regolato; infine la sua prosecuzione senza regole com’è stato finora. Ebbene, l’istituto prevede che l’attuale percentuale di musulmani è destinata ad aumentare in modo significativo anche nel caso in cui oggi venisse completamente bloccato il flusso migratorio.

NUMERI
Nel secondo caso - quello di mezzo - avremo un’Europa dove, nel 2050, i musulmani saranno 57,9 milioni (l’11,2 per cento della popolazione) e in Italia avrebbero - per varie ragioni - un’incidenza maggiore passando dagli attuali 2 milioni e 870 mila a 7 milioni (ovvero dal 4,8 per cento al 12,4 per cento). Sarà per ora una preoccupazione eccessiva, ma - con questo andazzo - c’è chi ricorda la sorte dei cristiani nei paesi musulmani. Monsignor Amel Nona, l’arcivescovo caldeo di Mosul tempo fa ci ammonì: «Le nostre sofferenze di oggi sono il preludio di quelle che subirete anche voi europei e cristiani occidentali nel prossimo futuro».
Ecco perché il card. Burke ha invitato alla prudenza. Come in precedenza aveva fatto l’arcivescovo emerito di Ferrara, mons. Luigi Negri secondo cui, la cittadinanza «non può diventare oggetto di una concessione automatica o meccanica che non implichi la valutazione dei fattori che sono in gioco, di tutti i fattori e a tutti i livelli». In materie così complesse e opinabili, ha detto mons. Negri, la Chiesa «non può pretendere di arrivare a formulare in maniera autoritativa soluzioni perché non le competono».
Sul tema dell’emigrazione, ultimamente, è intervenuto - in controtendenza rispetto a Bergoglio - anche il card. Robert Sarah, una voce significativa anche perché viene da un paese povero dell’Africa, cioè dalla terra dove si generano i flussi migratori.

LA MISSIONE
Il prelato, durante un recente viaggio in Polonia, all’unisono con i vescovi africani, ha ricordato il principio enunciato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI secondo cui il primo diritto è quello di «non emigrare», cioè «il diritto di rimanere nella propria patria». Un principio di buon senso che oggi sembra dimenticato in Vaticano. Naturalmente il card. Sarah ha affermato che «ogni immigrato è un essere umano e va rispettato», però - per governare la situazione - occorre discernimento e Sarah ha sottolineato «il diritto che ogni nazione ha di fare una distinzione fra un rifugiato politico e religioso e i migranti economici che vogliono cambiare il loro luogo di residenza», magari senza accettare la cultura del Paese di arrivo. Poi il cardinale ha attaccato l’ideologia oggi dominante che tende «a erodere i confini naturali delle patrie e le culture, e conduce a un mondo post-nazionale e unidimensionale dove l’unica cosa che conta sono il consumo e la produzione. Questa direzione di sviluppo è inaccettabile».
Infine Sarah ha elogiato la Polonia, proprio la Polonia che la Ue critica per la chiusura all’emigrazione islamica, proprio la Polonia malvista dal Vaticano bergogliano dove milioni di persone si ritrovano ai confini per recitare il rosario nella memoria del centenario di Fatima e di Lepanto: «Oggi» ha detto il card. Sarah «la Polonia mostra la strada, quando nega un'obbedienza automatica alle richieste che scaturiscono dall'esterno, dalla globalizzazione liberale… La Polonia deve essere la sentinella dell’Europa».

di Antonio Socci

da  http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13287016/vaticano-scisma-antonio-socci-cardinali-contro-papa-francesco-ius-soli.html

Castenaso, Bologna: gommone al centro del Presepe

Quando si esagera. Si vorrebbe cambiare finanche la storia sacra.


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Castenaso, nel presepe in piazza Gesù Bambino nasce nel gommone 


Il sindaco Sermenghi: “Abbiamo messo in evidenza il problema legato all’accoglienza dei migranti“


Castenaso (Bologna), 2 dicembre 2017 - Non nella mangiatoia, ma dentro un gommone: così è stato rappresentato Gesù Bambino nel presepe allestito in piazza Zapelloni a Castenaso, per richiamare l’attenzione sul tema dei migranti.


Oltre alle altre figure in legno della Natività, è dunque apparso anche l’oggetto simbolo delle traversate del Mediterraneo e dei famigerati viaggi della speranza.

L’idea del particolare allestimento è venuta al sindaco di Castenaso Stefano Sermenghi: “In Italia in molti aprono la bocca – dice il primo cittadino - ma nessuno fa poi niente di concreto per un’accoglienza positiva nei confronti di chi arriva“. L’immagine del presepe sarà anche utilizzata dal Comune di Castenaso come sfondo per le cartoline degli auguri di Natale.


(dal Resto del Carlino, link nei titoli)

giovedì 30 novembre 2017

I cristiani e gli animali. Le storie. I

San Giovanni Bosco ed il Grigio

Nella storia bimillenaria del Cristianesimo non è raro incontrare animali che, oltre ad essere dono prezioso del buon Dio perché utili nelle più svariate attività umane e mezzo di sostentamento, si fanno veri e propri strumenti della Sua volontà  e protettori dei Suoi servi.

Data la mia innata propensione per le creature non umane pensate, volute ed amate dal Creatore, ho pensato di condividere con voi alcune delle storie, più o meno note, che le vedono coprotagoniste e che sono al limite dell'incredibile, non fosse per lo "zampino" di Colui che vi si cela dietro.



Eccovi la prima, dal sapore delicato della favola, raccontata per bocca di San Giovanni Bosco stesso, che durante la sua vita fu oggetto di svariati assalti ed il cui Angelo custode ha forse deciso di prendere le sembianze di un lupo grigio dall'aspetto severo.


Dal momento che circolavano molte voci, racconti che sfioravano il fantastico circa il Grigio, il misterioso cane lupo che appariva e spariva senza che nessuno avesse mai capito da dove venisse e dove andasse durante i suoi eclissamenti, don  Bosco decise di fugare dicerie e leggende varie raccontando direttamente ai suoi ciò che corrispondeva a realtà riguardo ad esso.

" Il Grigio fu argomento di molte conversazioni ed ipotesi varie. Molti di voi lo han visto ed anche accarezzato. Lasciando da parte le storie straordinarie che di lui si raccontano, vi esporrò la pura verità.

A causa di frequenti attentati di cui ero bersaglio, fui consigliato di non andare in giro da solo quando andavo in città o tornavo indietro.
In un pomeriggio buio, tornavo a casa con una certa paura, quando vidi al mio fianco un enorme cane che a prima vista mi impaurì; siccome però mi faceva festa come se io fossi il suo padrone, avemmo da subito una buona relazione e lui mi accompagnò fino all'Oratorio.
Ciò che accadde quel pomeriggio si ripeté molte volte, di modo che io posso ben dire che il Grigio mi prestò importanti servizi.


Ve ne racconto alcuni.


A fine novembre del 1854, in un pomeriggio scuro e piovoso, tornavo dalla città per la via della Donsolata.
Ad un certo punto, notai due uomini che camminavano a poca distanza davanti a me. Acceleravano o diminuivano il passo ogni volta che io acceleravo o diminuivo il mio. Quando, per non incontrarmi con loro, tentai di passare dal lato opposto, essi, con grande abilità, si collocarono davanti a me. Volli girare sui miei passi, ma non ci fu tempo: facendo due salti indietro, mi gettarono una mantello sulla testa. Uno di loro riuscì ad imbavagliarmi con un fazzoletto. Volevo gridare, ma

non lo potevo fare. In quel preciso momento apparve il Grigio. Ringhiando come un orso, si lanciò
con le zampe contro il viso di uno, con la bocca spalancata contro l'altro, in maniera che conveniva loro di più avvolgere il cane che me.
"Chiama il cane!", gridavano spaventati.
"Lo chiamo, sì, ma lasciate i passanti in pace"
"Chiamalo subito!"
Il Grigio continuava a ringhiare come un orso inferocito. essi ripresero il loro cammino ed il Grigio, sempre al mio lato, mi accompagnò. Feci ritorno all'Oratorio, ben scortato da lui.


Nelle notti in cui nessuno mi accompagnava, non appena passavo le ultime case, vedevo spuntare il Grigio da qualche lato della strada.


Molte volte i giovani dell'Oratorio lo videro entrare nel cortile. Alcuni volevano batterlo, altri tirargli pietre. "Non lo molestate: è il cane di don Bosco!", diceva loro Giuseppe. Allora tutti si misero ad accarezzarlo ed a seguirlo fino al refettorio, dove io stavo cenando con alcuni chierici, padri e mia madre. Davanti a tanta inaspettata visita, rimasero tutti intimoriti. "Non abbiate paura, è il mio Grigio, lasciate che venga", dissi io. Facendo un gran giro attorno al tavolo, venne accanto a me, facendomi festa. Anch'io lo accarezzai e gli offrii zuppa, pane e carne, ma lui rifiutò. Anzi: neppure annusò il cibo. Continuando allora a dare segnali di soddisfazione, appoggiò la testa sulle mie ginocchia, come volesse parlarmi o darmi la buonanotte; in seguito, con grande entusiasmo ed allegria, i bambini lo accompagnarono fuori.


L'ultima volta che vidi il Grigio fu nel 1866, quando andavo da Murialdo a Mancucco, a casa di Luigi Moglia, un mio amico. Il parroco di Buttigliera volle accompagnarmi per un tratto di strada e ciò fece sì che il buio mi sorprese nel mezzo del cammino. "Oh, se avessi qui il mio Grigio, che buona cosa sarebbe!", pensai. In quel momento il Grigio giunse correndo nella mia direzione, con grandi manifestazioni di allegria e mi accompagnò per il tratto di strada che ancora dovevo percorrere, circa tre chilometri.
Giunto a casa dell'amico, conversai con tutta la famiglia ed andammo a cenare, rimanendo il mio compagno a riposare in un angolo della sala. Terminato il pasto, l'amico mi disse: "Andiamo a dare da mangiare al tuo cane". E, prendendo un pò di cibo, lo portò al Grigio, ma non riuscì a trovarlo, malgrado avesse guardato bene in tutti gli angoli della sala e della casa. Tutti rimanemmo stupiti, perché nessuna porta, nessuna finestra era aperta ed i cani della casa non avevano dato nessun allarme. Cercammo il Grigio persino nelle camere di spora, ma nessuno lo trovò.

Fu questa l'ultima notizia che ebbi di lui. Mai più seppe del suo padrone.

So solo che questo animale fu per me una vera provvidenza nei molti pericoli in cui mi vidi coinvolto.

Per concludere, riporto un altro aneddoto degno di nota, che non è riportato direttamente dal Santo, ma che trova riscontro attraverso numerosi altri testimoni:

Una notte don Bosco doveva uscire.
 La madre, Margherita, voleva dissuaderlo dal farlo, poichè giudicava la situazione alquanto pericolosa, ma egli la tranquillizzò e, preso il cappello, si accinse ad andare fuori, accompagnato da alcuni ragazzini dell'Oratorio.

Giunti davanti al portone, trovarono il Grigio steso per terra. Disse allora il sacerdote: "Oh, tanto meglio, saremo ben accompagnati! Alzati, Grigio, vieni con noi!". Ma il cane, invece di ubbidire, stranamente ringhiò e non si mosse. Uno dei ragazzi, allora, gli diede un calcio col piede per vedere se riusciva a farlo alzare, ma  lui, cosa ancor più singolare nei confronti di un bambino, digrignò i denti minacciosamente. Margherita, che aveva assistito alla scena, disse: "Non hai voluto ascoltare me, dai retta almeno al  cane: non vedi che non vuole che tu esca?" Insospettito anch'egli dal comportamento così strano del Grigio, rinunciò ad uscire e rientrò in casa. Poco dopo, arrivò un vicino per avvertirlo che non uscisse, in quanto sapeva per certo che c'erano nei paraggi quattro individui armati decisi ad ucciderlo. Il fatto fu confermato anche da altre persone degne di fede.




Pittura che ritrae don Bosco, la madre margherita ed il Grigio, Casa madre dei Salesiani, Torino

mercoledì 22 novembre 2017

Perché il multiculturalismo uccide le identità (con dati)

"Perché il multiculturalismo uccide le identità (dati alla mano)"


"Il problema non è l’immigrazione in sé, né tantomeno i singoli immigrati. Il problema viene dalla loro somma, dalle dimensioni totali. L’attuale flusso immigratorio in Europa non ha, per dimensioni numeriche, precedenti nell’intera storia del continente.
Le più recenti ricerche genetiche suggeriscono che la maggior parte degli odierni europei discenda da coloro che vivevano in queste terre nell’Età della pietra. I barbari che millecinquecento anni fa distrussero l’Impero Romano e proiettarono il continente nel Medioevo erano appena il 5% della popolazione delle terre invase, e il loro afflusso diluito in oltre un secolo. Oggi, molte più persone stanno giungendo in molto meno tempo.


Secondo il prof. David Coleman di Oxford, i gruppi etnici non britannici, rappresentanti il 13% della popolazione del Regno Unito nel 2006, saranno il 43% nel 2056 e la maggioranza assoluta nel 2065. La demografa francese Michéle Tribalat stima che gli immigrati di prima o seconda generazione nel suo paese superino già il 20% della popolazione. Altrove ho calcolato, basandomi su dati e previsioni dell’Istat, che nel 2065 in Italia stranieri e cittadini di discendenza straniera supereranno il 40% della popolazione totale. Fino agli anni ’80, la percentuale di stranieri in Italia era trascurabile. Quello del 2001 è il primo censimento in cui hanno superato la quota del 1%. Per la fine di questo secolo, è probabile che gli italiani etnici saranno in minoranza in Italia.
Lasciamo pure la genetica da parte; ma con simili numeri è impossibile anche una semplice integrazione culturale. Non a caso, il modello ufficiale delle élites europee è il multiculturalismo.


Cosa significa “multiculturalismo“? Che le nazioni europee non saranno più europee né nazioni, ma solo amministrazioni territoriali contenenti molteplici comunità di differente cultura, tutte col medesimo status.  


Uno scenario libanese, ma con ancora più varietà culturale. In una simile società multiculturale, gli autoctoni europei dovranno negoziare con le altre comunità pure i loro valori e standard basilari. 
Per dirla con Christopher Caldwell, il multiculturalismo obbliga gli autoctoni a rinunciare a libertà ch’erano abituati a considerare come diritti."

Di Daniele Scalea, dal "Barbadillo"

martedì 21 novembre 2017

Francesco: Crollo dei fedeli a Messa. Dati Istat alla mano


"Papa Francesco, il risultato sconfortante: crollo dei fedeli a messa negli ultimi quattro anni

Fuga dalla Chiesa 


Si tratta di una vera e propria fuga dalla Chiesa: i dati Istat riportati dal Tempo rivelano che solo un italiano su quattro va a messa, mentre dieci anni fa era invece uno su tre. Un risultato tutt'altro che lusinghiero per Papa Francesco, che è Pontefice proprio da quattro anni. Gli italiani adulti risultano impegnati nella loro frenetica quotidianità, le percentuali dicono che solo il 27,5% della popolazione adulta frequenta luoghi di culto almeno una volta a settimana. I dati aumentano se invece si cambia fascia di riferimento: i fedeli più assidui sono sempre gli italiani in età della pensione (38,7%), accompagnati dai bambini fino ai 13 anni (48,1%). In età adulta si può parlare di un vero e proprio spopolamento della Chiesa: le donne sono le più devote e si attestano al 32,7%, al contrario i maschi sono i meno devoti attestandosi sul 22,1%; percentuale più bassa ma comunque rilevante è invece rappresentata da quanti non frequentano mai luoghi di culto, il 26,7%."

 

da  http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13282047/papa-francesco-messa-dati-istat-fuga-fedeli.html

 

 (n.d.r. : e se le predicazioni sono sulla differenziata, sui diritti dei migranti, sui diktat Onu, già uguali al PD e al governo ONU, sui peccati che in fondo non sono più condannati eccetto che quelli contro il globalismo, forse alcuni si domandano cosa andare a fare lì per risentire la stessa solfa senza nulla di mistico o spirituale ancora un'altra volta?)

Per il teologo anglicano Gerald McDermott "il papa non è cattolico"

A questo punto della débâcle Bergogliana, il fatto che Francesco rappresenti una minaccia per l'integrità della Fede è divenuto così evidente nel commento mainstream, che persino un teologo anglicano, scrivendo su First Things, ha lanciato l'allarme.
«Il papa è cattolico? Per almeno un secolo, questo è stato il modo in cui noi anglicani abbiamo scherzato su tutto ciò che sembrava fin troppo ovvio», scrive Gerald McDermott, titolare della cattedra di Teologia alla Beeson Divinity School. Ma continua: «Ora dobbiamo chiederci seriamente se il Papa non sia un protestante liberale».


McDermott cita numerosi esempi dello straripante torrente di eterodossia orale e scritta che Francesco ha generato negli ultimi quattro anni e mezzo. I lettori di Remnant hanno familiarità con ciascuno di essi, e non c'è bisogno di ricapitolarli qui. Come molti Cattolici preoccupati, McDermott si concentra sull'ultimo insulto che corona questo distruttivo pontificato: Amoris Laetitia e il suo incredibile tentativo di introdurre l'etica della situazione nella Teologia Morale cattolica.

McDermott nota che John Finnis, il famoso filosofo del diritto cattolico, e l'altrettanto famoso teologo morale, Germain Grisez - entrambi figure del mainstream cattolico “conservatore” che difficilmente possono essere etichettati come “tradizionalisti radicali” - lo hanno accusato: 
«Secondo la logica di Amoris Laetitia, alcuni fedeli sono troppo deboli per osservare i comandamenti di Dio e possono vivere nella grazia mentre commettono peccati permanenti e abituali “in materia grave". E McDermott aggiunge: "Come l'episcopaliano Joseph Fletcher, che insegnò l'etica della situazione negli anni Sessanta, l'esortazione suggerisce che ci sono eccezioni a ogni regola morale e che non esiste un atto intrinsecamente malvagio».
«Per decenni - continua McDermott - gli Anglicani ortodossi e altri Protestanti che cercano di resistere all'apostasia del Cristianesimo liberale hanno trovato in Roma un sostegno morale e teologico. La maggior parte di noi ha riconosciuto che stiamo combattendo veramente la rivoluzione sessuale, che ha soggiogato e corrotto la chiesa episcopale. Prima è stato il turno della santità della vita e dell'eutanasia. Poi è toccato alla pratica omosessuale. Adesso è il matrimonio gay e l'ideologia transgender. Durante i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, noi non Cattolici sostenendo la teologia morale abbiamo potuto indicare argomenti saggi e convincenti provenienti da Roma ed affermare che, in effetti, “la parte più antica e più grande del Corpo di Cristo è d'accordo con noi, e lo fa con notevole profondità”».
Ora non è più così, afferma McDermott:
«A quanti tra noi continuano a lottare per l'ortodossia, nella teologia dogmatica e morale, mancano quei giorni in cui c'era un faro luminoso che risplendeva oltre il Tevere. Adesso, a quanto pare, Roma stessa è stata infiltrata dalla rivoluzione sessuale. Il centro sta collassando». 
Queste osservazioni sono storiche nel loro significato, così come la lettera aperta a Francesco di padre Thomas Weinandy, uno dei più importanti teologi cattolici del mainstream del Novus Ordo. McDermott trova che la «posizione coraggiosa e di principio» che Weinandy ha assunto contro un Papa ribelle come nessun altro prima di lui dia motivo di speranza. Esprimendo il mio parere, McDermott conclude: 
«Tom Weinandy ci ricorda che Dio solleva luci profetiche quando vengono giorni di tenebre nella sua Chiesa».
Quando perfino un teologo anglicano è pubblicamente sconvolto dal protestantesimo liberale di un Romano Pontefice, nessun Cattolico di buona volontà può continuare a negare l'ovvio. Ma dove stanno i giornalisti neo-cattolici nel bel mezzo di questo grande risveglio? Impegnati come sempre nella loro programmatica difesa dell'indifendibile, per timore che nessuno sospetti che i tradizionalisti radicali abbiano avuto ragione a proposito della direzione in cui la Chiesa è stata diretta dal disastro del Vaticano, e che la narrativa neo-cattolica “normalista” si è enormemente sbagliata, se non è stata addirittura apertamente disonesta, sin dall'inizio.
Per quanto riguarda i Vescovi e i Cardinali che devono sapere che questo Papa è una minaccia per la Chiesa, continuano a mostrarsi ossequienti o, nel migliore dei casi, a protestare ripetutamente che Francesco deve “chiarire” ciò che ha già perfettamente chiarito. Oppure, come il Vescovo Barron, elevato all'Episcopato da Francesco, si lamentano che la crisi che egli ha provocato con Amoris Laetitia è tutta colpa dei blogger cattolici e che i Vescovi dovrebbero «prendere il controllo del processo», perché questi nefandi blogger «costringono le persone a leggere questo documento in un modo particolare». E non si deve nemmeno accennare al fatto che Francesco stesso legge il proprio documento in quel modo particolare, e applaude la sua disastrosa implementazione che ne consegue. Piuttosto, la verità deve essere nascosta per «prendere il controllo» della versione ufficiale, sostituendo le affermazioni della verità innegabile con ammirati elogi per quello che Barron chiama «un documento straordinariamente ricco».

Vorremmo che i dirigenti della Chiesa ci risparmiassero da “documenti ricchi” e ci dessero la Fede dei nostri padri. Ma al momento è inutile contare su di loro. I laici e il loro sensus fidelium sono al momento il baluardo principale della Fede, assistiti dalla grazia dei Sacramenti e dai buoni sacerdoti, come padre Weinandy, che rimangono fedeli a ciò che Dio ha rivelato attraverso la sua Chiesa, nonostante le conseguenze che subiranno sotto un Pontificato che rappresenta una dittatura del relativismo teologico, sostenuta solo dal quel nudo potere e da quella paura di ritorsioni, che il dittatore osa chiamare “Spirito”.

Fonte: The Remnant

 https://www.firstthings.com/web-exclusives/2017/11/is-pope-francis-a-liberal-protestant

ripreso da Chiesa e PostConcilio e Opportune Importune

lunedì 20 novembre 2017

Bologna, clamorosa rivolta dei preti contro i vescovi: no agli immigrati islamici ospitati in chiesa

Prima i cristiani (italiani)


 "La giornata mondiale dei poveri, indetta da Papa Francesco, è questa domenica e si ripeterà ogni anno. Serve a farci aguzzare gli occhi e riconoscere chi è bisognoso e soccorrerlo. Una storia antica, inaugurata da Gesù con il discorso della Montagna. Nel secolo scorso, e per tutto l' arco della storia cristiana, non si era sentita la necessità di inventare una ricorrenza del genere. Senza etichette di marketing sociologico, si era educati a identificarla con il Natale: la sacra famiglia non trova posto all' albergo, il Bambinello nasce al «freddo e al gelo». Guardavamo incantati nel presepio pastori e contadini, ciabattini e re portare doni a chi non ha nulla, per scaldarlo e nutrirlo. Imparando a ripetere quel gesto. Nel post-cristianesimo, per non offendere le altre religioni, si cercano altri linguaggi. Inutile lucidare la nostalgia. La pedagogia di questo Pontefice funziona così. Ottimo: non si è mai troppo generosi con chi fatica a campare e ogni occasione per ricordarselo è benedetta. Personalmente parteciperò come tanti alla colletta alimentare organizzata dal Banco fuori dai supermercati sabato prossimo.
Resta da osservare il modo con cui si celebra da noi questa «giornata». Perché mai tanti vescovi italiani, credendo forse di farsi belli con il Papa argentino, identificano i poveri con i migranti e privilegiano tra loro i musulmani? Una specie di ossessione, che ha la sua convenienza: è la maniera classica con cui gli alti prelati si meritano un servizio dei tg, elogi dai sindaci delle città, che sono quasi tutti di sinistra, complimenti dai sindacati e dai giornaloni, e acquistano punti non per il paradiso ma per il cardinalato. E, via via, scendendo nella gerarchia, i giovani preti ambiziosi puntano a farsi notare con queste pratiche da manuale del perfetto ecclesiastico del nuovo millennio.
Poveri migranti adoperati per la carriera di prevosti e monsignori, così da farsi detestare come privilegiati dai cinque milioni di italiani in povertà assoluta (dati Istat). I quali sono trascurati dalle curie progressiste, perché nella maggior parte dei casi non esibiscono la miseria, ma restano male comunque di essere scartati dai professionisti delle opere buone perché poco utili a far pubblicità ai benefattori. Gli italiani funzionano solo in questo tipo di festival della bontà se senzatetto o carcerati. Se ti vergogni a esibire le toppe sui calzoni, sei morto, non esisti.
Siamo franchi. Questa esibizione di poveri esposti come tali allo sguardo degli altri, non si fa. Si aiutano e si invitano di nascosto. Non è solo una regola evangelica per evitare di menar vanto dell' elemosina, ma anche un invito al rispetto del pudore altrui. Voi andreste ospiti in parrocchia per la giornata dei poveri? Sarebbe come farsi appiccicare un marchio di sfigato sul paltò. Una patacca verde chiaro per i poveri sì, ma non troppo. I miserabili, tipo Cosetta di Jean Valjean, fiocco a pois rossi e gialli, così si tirano su il morale.
Per questo, per mancanza di fantasia ed eccesso di ideologia, per la Giornata dei poveri, si ripiega sui migranti, come una volta ai funerali si portavano in corteo gli orfanelli in divisa. I profughi veri o presunti dei centri di accoglienza sono testimonial perfetti e disponibili, funzionano come i cammelli al corteo dei re Magi.
A suscitare queste note è la ribellione - riferita dalle cronache locali - non urlata ma comunque sentita della maggior parte delle parrocchie di Bologna all' invito del loro arcivescovo, monsignor Zuppi, a celebrare la Giornata accogliendo nelle chiese e negli oratori della città gli ospiti dell' hub di via Mattei (è il nome da aeroporto intercontinentale con cui è chiamato il centro di accoglienza e di indirizzo di richiedenti asilo, quasi tutti musulmani). Zuppi, eccellente persona, è uno dei vescovi emergenti e da prima pagina: viene dalla Comunità di Sant' Egidio, gira in bicicletta, e perciò è qualificato col titolo, senza cui oggi si viene emarginati dai Sacri Palazzi e dalle Logge massoniche, di «prete di strada». Ha pensato di fornire questo consiglio ai curati, ma solo venti su novanta hanno aderito.
Non che gli altri parroci rifiutino di praticare la carità, ma non così, non capiscono perché l' amore per i poveri debba essere pianificato come in Unione Sovietica la raccolta di patate.
Con la Pravda che comunica ai kolchoz a chi tocchino i tuberi più grossi."

di Renato Farina

da:

http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13281674/bologna-renato-farina-preti-rivolta-vescovi-accoglienza-immigrati-islamici-chiesa.html

Altre risorse sul tema, cfr.:

https://bonumsemen.blogspot.it/2016/10/breve-sulla-catastrofe-migratoria-e-la.html

http://svulazen.blogspot.it/2013/04/la-caritas-marx-engels-profughi-in.html

sabato 18 novembre 2017

Boom di "bambini transgender" in UK. Allarme dei medici: terapia o moda?

da Tempi:

"Il boom dei “bambini transgender” in Inghilterra. Medici in allarme: è una cura o una moda?" (di Benedetta Frigerio)



Nel 2015 oltre mille minorenni sono stati sottoposti a terapie per il “disordine di genere”. Nella comunità scientifica c’è chi non si fa prendere dall’euforia

Solo nel 2015, fra aprile e dicembre, 1.013 minorenni inglesi sono stati sottoposti a terapie per il “disordine dell’identità di genere”, trattamenti che vanno dalla consulenza psicologica fino al bombardamento ormonale per bloccare lo sviluppo del paziente in vista del cambiamento chirurgico del sesso. Cinque anni fa, nel 2009-2010, i minorenni trattati in questi modi erano 97. Oltre all’impennata del numero di casi, colpisce anche la somma di denaro pubblico – 2,7 milioni di sterline – stanziata per simili cure da un sistema sanitario in grave crisi di sostenibilità.

AUMENTO «STRAORDINARIO». I numeri sono stati resi noti dal Nhs, che è appunto il sistema sanitario inglese, su richiesta del quotidiano The Sun. Come è spiegato nell’articolo, a trattare i bambini che soffrono della cosiddetta disforia di genere (disturbo che porta a desiderare di essere persone del sesso opposto) in Inghilterra sono le cliniche Tavistock and Portman a Londra, Leeds, Exeter e Brighton. Polly Carmichael, direttore del Gender Identity Disorder Service, ha definito l’incremento delle terapie prescritte l’anno scorso «straordinario». Tuttavia è «difficile predire se i numeri continueranno a crescere».

KAIA ORA È KAI. Jack Drescher, professore di psichiatria al New York Medical College, individua una ragione di questo boom nella «crescita di consapevolezza da parte dei genitori del fatto che un sussidio clinico esiste». L’ultimo caso a fare scalpore, un mese fa, aggiunge il Sun, è quello di un bambino di 5 anni tornato nella sua scuola del Nottinghamshire vestito da bambina. Intervistata a sua volta dal quotidiano inglese, Rachel Windsor, madre di una bambina di nome Kaia, racconta che la figlia già all’età di tre anni era convinta di essere un maschio, e ora grazie alla terapia iniziata a 9 anni nella clinica londinese può comportarsi come tale, facendosi chiamare Kai. La signora Windsor dice che è un «sollievo fantastico vederlo finalmente felice nella sua propria pelle».

UN MONITO DAGLI USA. E dire che alla Johns Hopkins University di Baltimora, primo centro americano a praticare la “chirurgia di riassegnazione sessuale”, decisero di mettere fine a questo tipo di interventi proprio perché seguendo i loro pazienti scoprirono che il cambio di sesso non rappresentava affatto una soluzione ai loro problemi. «Produrre un paziente “soddisfatto” ma ancora afflitto dai problemi ci sembrava una ragione inadeguata per continuare ad amputare chirurgicamente organi sani», ha ricordato non molto tempo fa Paul McHugh, l’ex primario di psichiatria della clinica universitaria, in un intervento ospitato dal Wall Street Journal che ha fatto molto clamore. Nello stesso articolo per altro McHugh criticava con parole molto dure proprio le terapie propedeutiche al cambiamento di sesso sperimentate sui bambini anche in qualche centro degli Stati Uniti. Non “solo” per l’altissimo tasso di suicidi riscontrato tra gli individui che alla fine decidono di sottoporsi definitivamente all’operazione (20 volte superiore a quello della popolazione non-transgender). Ma anche perché, stando a solidi studi di follow-up, «sia alla Vanderbilt University sia alla Portman Clinic di Londra, quando i bambini che riferivano inclinazioni transgender venivano seguiti senza terapie mediche o chirurgiche, il 70-80 per cento di loro perdevano spontaneamente le inclinazioni».

NON SI TORNA INDIETRO. Secondo lo psichiatra della Johns Hopkins, «i politici e i media non fanno il bene del pubblico né delle persone con sentimenti transessuali trattando la loro confusione come un diritto da difendere piuttosto che come un disordine mentale che richiede comprensione, trattamenti e prevenzione». Sulla stessa linea il medico inglese Robert Lefever che, in un commento pubblicato dal Sun, ha ricordato che il gender identity disorder «è reversibile», mentre «il cambio di sesso no». E che se «gli adulti hanno la possibilità di scegliere, i bambini meno» anche perché «come tutte le creature più piccole sono facilmente influenzabili». Non si possono trattare i disagi come «mode», sottolinea Lefever, e «dobbiamo essere sicuri di trattare il bambino e non un’istanza psicologica di un genitore insistente».

I PROBLEMI «DEI GENITORI». Perché «è un fatto che alcune diagnosi diventano moda» e «quasi un distintivo d’orgoglio», secondo il medico. E quando «i problemi emotivi dei genitori diventano problemi fisici e psicologici per i loro figli», non ci si può accontentare di proporre come soluzione un bombardamento ormonale. Proprio quello che invece sembra voler avallare il sistema sanitario britannico, permettendo la somministrazione di «farmaci che uccidono le persone in quantità che non sarebbero mai tollerate per altri trattamenti», ricorda Lefever. Tutto questo, si domanda il medico, accade semplicemente perché «il dipartimento vuole apparire buono di cuore, di mente aperta e clinicamente impegnato? Sì». Intanto nel settembre scorso la lobby Gires (Gender Identity Research and Education Society) ha iniziato a premere sul parlamento affinché si cominci a parlare ai bambini inglesi di “temi transgender” e di cambiamento di sesso fin dall’asilo.

mercoledì 15 novembre 2017

Da "Ritorno al Reale" di Gustave Thibon




"Definire la libertà come indipendenza nasconde un pericoloso equivoco. Non esiste per l'uomo indipendenza assoluta (un essere finito che non dipenda da nulla, sarebbe un essere separato da tutto, eliminato cioè dall'esistenza). Ma esiste una dipendenza morta che lo opprime e una dipendenza viva che lo fa sbocciare. La prima di queste dipendenze è schiavitù, la seconda è libertà. Un forzato dipende dalle sue catene, un agricoltore dipende dalla terra e dalle stagioni: queste due espressioni designano realtà ben diverse. Torniamo ai paragoni biologici che sono sempre i più illuminanti. In che consiste il "respirare liberamente"? Forse nel fatto di polmoni assolutamente "indipendenti"? Nient'affatto: i polmoni respirano tanto più liberamente quanto più solidamente, più intimamente sono legati agli altri organi del corpo. Se questo legame si allenta, la respirazione diventa sempre meno libera e, al limite, si arresta. La libertà è funzione della solidarietà vitale. Ma nel mondo delle anime questa solidarietà vitale porta un altro nome: si chiama amore. A seconda del nostro atteggiamento affettivo nei loro confronti, i medesimi legami possono essere accettati come vincoli vitali, o respinti come catene, gli stessi muri possono avere la durezza oppressiva della prigione o l'intima dolcezza del rifugio. Il fanciullo studioso corre liberamente alla scuola, il vero soldato si adatta amorosamente alla disciplina, gli sposi che si amano fioriscono nei "legami" del matrimonio. Ma la scuola, la caserma e la famiglia sono orribili prigioni per lo scolaro, il soldato o gli sposi senza vocazione. L'uomo non è libero nella misura in cui non dipende da nulla o da nessuno: è libero nell'esatta misura in cui dipende da ciò che ama, ed è prigioniero nell'esatta misura in cui dipende da ciò che non può amare. Così il problema della libertà non si pone in termini di indipendenza, ma in termini di amore. La potenza del nostro attaccamento determina la nostra capacità di libertà. Per terribile che sia il suo destino, colui che può amare tutto è sempre perfettamente libero, ed è in questo senso che si è parlato della libertà dei santi. All'estremo opposto, coloro che non amano nulla, hanno un bello spezzare catene e fare rivoluzioni: rimangono sempre prigionieri. Tutt'al più arrivano a cambiare schiavitù, come un malato incurabile che si rigira nel suo letto." (p. 109-110)

venerdì 10 novembre 2017

"Il Sistema per Uccidere i Popoli" di Guillaume Faye

Una proposta di lettura:


IL SISTEMA PER UCCIDERE I POPOLI
Faye, Guillaume
AGA editrice, 2017

L’essenza economica e tecnica del nuovo potere mondiale, appannaggio dell’alta finanza, seppellisce progressivamente le tradizionali forme di direzione politica; questo sistema non ha bisogno di capi, ma solo di esecutori. Alle decisioni degli Stati nazionali subentrano le scelte strategiche prese dalle grandi multinazionali e dalle reti bancarie internazionali, speculatori privati e società anonime. Anche i paesi dell’est – un tempo soggetti all’ideologia comunista – e quelli del terzo mondo non sfuggono alla tenaglia delle multinazionali, fornendo la manodopera al ‘sistema’. L’origine e il destino che legava le comunità politiche, i ‘misteriosi’ lineamenti, le differenze che caratterizzavano i popoli tendono ad annullarsi, di fronte all’omogeneizzazione dei costumi e dei consumi dell’homo oeconomicus. La forma politica della nazione, retta da uno Stato, è stata uccisa dalla vasta ‘impresa planetaria’ di massificazione e spersonalizzazione, figlia dell’ideologia egualitaria partorita in occidente nel diciottesimo secolo. Senza territorio, ma presente ovunque, questa piovra gigantesca – simbolo dell’attuale civilizzazione -, si fonda sull’organizzazione dell’economia e sulla distruzione delle culture comunitarie.

Nuova edizione, 228 pagine, 20 €

Cfr. anche risorse su Faye qui 

https://guillaumefayearchive.wordpress.com/2007/07/14/il-sistema-per-uccidere-i-popoli/

mercoledì 8 novembre 2017

Episodi di Fantascienza sul CorServa

 


Prelevo dal Corriere parte di questo articolo, unicamente per sottolineare quanto si possa NON essere d'accordo con una visione imposta, e che cozza platealmente con la realtà.
Quando l'ideologia è più forte anche del tangibile dato quotidiano.

http://www.corriere.it/cultura/17_ottobre_24/saggio-filosofa-donatella-di-cesare-bollati-boringhieri-1570d8e0-b8d8-11e7-a7ba-70fb0e628aa0.shtml?refresh_ce-cp

estraggo:  
"Nei libri di storia, che non asseconderanno la narrazione egemonica, si dovrà raccontare che l’Europa, patria dei diritti umani, ha negato l’ospitalità a coloro che fuggivano da guerre, persecuzioni, soprusi, desolazione, fame. 
Anzi l’ospite potenziale è stato stigmatizzato a priori come nemico. Ma chi era al riparo, protetto dalle frontiere statali, di quelle morti, e di quelle vite, porterà il peso e la responsabilità." 

l'Eu avrebbe negli ultimi 30 anni negato ospitalità agli immigrati?? E da quando in qua? Un'occhiata ai quotidiani? alla cronaca? alla città o paese in cui si vive?

Ma come può essere vera questa affermazione dal momento che tutte le ex nazioni europee sono completamente rimescolate e formate da 40 micropopoli ciascuna (quale era intenzione da parte degli USA per indebolire la vecchia Europa delle nazioni, e da parte delle banche fin da subito)?

Mai vista una banlieue?

O i quartieri in cui gli autoctoni non possono più nemmeno entrare?

Non è reale affermare che la Ue blinda i suoi confini contro le immigrazioni. Solo di recente hanno presidiato un po' i confini i paesi del gruppo di Visegrad, ma per il resto ogni ex frontiera e costa è DA DECENNI un colabrodo.


Poi risponderei alla 2nda parte dell'articolo. Sia politici sia religiosi, per es il card. Biffi, ammonirono di selezionare l'immigrazione in base alle necessità del paese ospitante e in base alle affinità e alle possibilità di integrazione. 
Sono stati stigmatizzati loro. Il risultato è nella cronaca. Ma non c'è da aspettarsi molto dai quotidiani dei banchieri.
_________________________________________________

aggiornamento:
anche parte delle catastrofi quotidiane pare non sempre vadano come ci raccontano.

cfr.

 http://www.ilgiornale.it/news/cronache/false-verita-disinformazione-buonista-1463308.html

cito: "Da dispersi che risorgono a morti che nessuno ha mai visto: il doppiogioco dei moralisti da sbarco. Così le ong ingannano i media..."

martedì 7 novembre 2017

Gli ortodossi russi celebrano Benedetto XVI: “Fermo oppositore di ogni compromesso sulla fede”

Da Il Foglio:

di Matteo Matzuzzi

Gli ortodossi russi celebrano Benedetto XVI: “Fermo oppositore di ogni compromesso sulla fede”

"Il Patriarcato di Mosca pubblica le opere del Papa emerito. Il metropolita Hilarion: “Ratzinger si oppone alla tendenza creativa superficiale che mostra oggi il cristianesimo in occidente. A lui è legata la battaglia per la difesa dei valori cristiani”


Roma. Il metropolita di Volokolamsk, Hilarion, si è recato personalmente al monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano, per consegnare a Benedetto XVI una copia del volume “Teologia della liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana”, tradotto in russo e pubblicato dalle edizioni del Patriarcato di Mosca. Si tratta del volume XI dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger. La prefazione è curata dallo stesso Hilarion, che scrive: “Al nome di Papa Benedetto XVI è legata la battaglia per la difesa dei valori cristiani tradizionali e, a un tempo, quella per la riscoperta e la riaffermazione della loro attualità nella moderna società secolarizzata”.

“Papa Benedetto – prosegue Hilarion nel testo ripreso dall’Osservatore Romano – ha spesso espresso la sua profonda simpatia per l’ortodossia e da sempre ritiene che, a livello teologico, gli ortodossi siano i più prossimi ai cattolici. Non è un caso che proprio lui sia stato uno dei primi membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, a seguito della sua fondazione nel 1979. Da teologo, Ratzinger ha fatto sforzi enormi per chiarire la questione del primato del vescovo di Roma, spostando l’accento da una visione giuridica del primato a una sua comprensione primariamente come testimonianza cristiana di tipo particolare e come servizio all’unità nell’amore. Egli è stato sempre fermo oppositore di qualsiasi compromesso nel campo della dottrina della fede, indicando, giustamente, che l’unità — per principio possibile tra Oriente e Occidente — deve essere preparata con cura, deve maturare sia spiritualmente sia a livello pratico, grazie anche a profondi studi di carattere teologico e storico”.
 

L’auspicio è “che la pubblicazione in Russia del volume Teologia della liturgia rappresentasse non solo un attestato di grande stima per l’autore ma anche che attirasse l’attenzione dei nostri lettori alla lettura del volume”. Joseph Ratzinger – prosegue il metropolita ortodosso – “si oppone alla tendenza alla ‘creatività’ superficiale che talvolta mostra oggi il cristianesimo in Occidente, ovvero alla tendenza allo svuotamento del contenuto autentico della liturgia e della sua finalità di essere incontro e legame vitale con Dio e con il suo creato. In tal senso alcune questioni trattate nel libro — come a esempio le innovazioni nel rito e gli esperimenti liturgici quali la liturgia domenicale senza sacerdote — riguardano soprattutto una sfera di problemi del cattolicesimo. Perciò è importante che il lettore russo — che ha molto sentito parlare delle tendenze modernistiche nel cattolicesimo contemporaneo — possa conoscere lo sguardo critico di uno dei più grandi teologi cattolici dell’epoca moderna sul tema della rottura dolorosa con la tradizione avvenuta nel periodo successivo al concilio Vaticano II e sulle difficoltà di cui è irta la strada dell’aggiornamento”.

La pubblicazione in Russia del volume è stata resa possibile dalla collaborazione tra la casa editrice del Patriarcato di Mosca, l’associazione “Sofia: idea russa, idea d’Europa”, l’accademia Sapientia et Scientia, la Fondazione Ratzinger e la Libreria editrice vaticana. Nei prossimi mesi, a Mosca, avrà luogo la presentazione del volume, nella cornice della Scuola teologica del Patriarcato."

Ancora news sulla questione gender: ormoni somministrati ai minori?





Mentre sulle teorie gender le politiche culturali attuali tendono ad argomentare sempre che si tratta solo di studi con la mera finalità di liberazione da tabù pro causa femminista e pro cause LGBT per limitare le fobie o in vista di una differente autodeterminazione, 
segnaliamo una notizia che risale al 27 ottobre. Se così fosse in questo caso non si tratterebbe nemmeno di autodeterminazione del sè, perchè si parla di minori e di ormoni somministrati quando non si ha sufficiente lume, data l'età,  per.....autodeterminarsi.

Estraggo da qui:

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/gender-follia-nel-lazio-arriva-protesta-1457153.html

"Gender-follia nel Lazio, arriva la protesta"
Gender in regione Lazio. Proteste dal movimento giovanile di Fdi per un convegno tenuto da una dottoressa che somministra ormoni ai minori
 

Gender e proteste in regione Lazio. Il presidente Zingaretti ha ospitato, questa mattina, un convegno dal titolo "Le varianze di genere in età evolutiva", iniziativa organizzata dall’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere-ONIG, in collaborazione con il Servizio di Adeguamento tra Identità Fisica ed Identità Psichica – SAIFIP, A.O. San Camillo-Forlanini.
 

Tra i relatori, la discussa dottoressa Polly Carmichael, medico celebre per utilizzare la somministrazione di ormoni ai bambini, ormoni che inibiscono lo sviluppo sessuale. Il tutto nella sua clinica londinese.Fabio Roscani, presidente di Gioventù Nazionale, ha organizzato una "tempesta di post" su Facebook "contro la follia gender". Si legge nel comunicato di Gn: "La proposta del movimento giovanile della Meloni, per sensibilizzare sul tema, è di pubblicare su Facebook dei cartelli con scritto "I bambini non si toccano" e utilizzare l'hastag #GenderFollia". Roscani, inoltre, ha contestato proprio la presenza della dottoressa Polly Carmichael come relatore. Quest'ultima sarebbe la responsabile dell'unica clinica che nel Regno Unito tratta casi di fluidità sessuale nei minorenni. La donna sarebbe una delle principali sostenitrici della bontà di queste terapie nei confronti del Dig, cioè del "disordine nell'identità d'igenere", rinominato "disforia di genere" nel DSM-V.
Il Dig, si legge qui, "consiste nell’identificazione nel sesso opposto a quello di appartenenza e può colpire anche i minori".
Un disturbo che sarebbe indipendente dall'orientamento sessuale e che non dovrebbe essere confuso con esso. Il trattamento della Carmichael, insomma, consisterebbe nel somministrare ormoni in grado di bloccare lo sviluppo sessuale del bambino, in attesa che scelgano a quale sesso appartenere in futuro.
"Chiediamo al Presidente Zingaretti di aderire anche lui alla nostra iniziativa per prendere le distanze da ciò che avviene nella sua regione -scrive Roscani in un post su Facebook- "Altrimenti ci aspettiamo che follia per follia, presto si organizzino dei convegni non scientifici per dire e convincerci che la Terra è piatta ed è il sole a girarle intorno", conclude.
Contrari e scandalizzati, quindi, gli esponenti di Fratelli d'Italia. Tra questi l'ex consigliere regionale ed ex capogruppo del Pdl in regione Lazio Chiara Colosimo che, aderendo alla "tempesta di post" promossa da Roscani, scrive: "La regione, insieme al "garante per l'infanzia" si sta occupando, con l'importante contributo della dottoressa Polly Carmichael di spiegarci come somministrare ai bambini gli ormoni per inibirne lo sviluppo sessuale". E ancora: "Credo che a tutto ci sia un limite e che in questo caso si sia ampiamente superato. Aderite e fermiamo la #genderfollia". Ad essere contestata, quindi, è anche la presunta mancanza di basi scientifiche della teoria promossa dalla Carmichael. Gioventù Nazionale, in definitiva, contesta l'iniziativa e chiede spiegazioni al presidente della regione Lazio."


sabato 4 novembre 2017

"Il papa crea crescente disagio" e il teologo Padre Weinandy lascia la commissione

Prelevo da Il Giornale:

"Il Pontificato di Bergoglio crea confusione cronica", il caso del Padre dimessosi dopo aver criticato Papa Francesco con una lettera"

"Critica Bergoglio e poi si dimette. Questa, in sintesi, la storia di Padre Weinandy, che sta circolando tra i siti tradizionalisti.




Ad annunciarlo è il Catholic Herald che, in un articolo pubblicato stamani, racconta di come il sacerdote in questione abbia abbandonato la sua di posizione di consulente del Comitato USCCB sulla dottrina, contemporaneamente alla pubblicazione di una lettera in cui accusava Papa Bergoglio di promuovere un "crescente disagio" e una "confusione cronica" tra i cattolici.

A conferma di tutto ciò, una nota del presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, il cardinale Daniel Di Nardo: "Come vescovi, riconosciamo la necessità di discussioni oneste e umili sulle questioni teologiche e pastorali" - Ha dichiarato il capo dei vescovi americani - "Dobbiamo sempre tenere in mente il "presupposto" di S. Ignazio di Loyola nei suoi esercizi spirituali:...che si supponga che ogni buon cristiano debba essere più desideroso di dare una buona interpretazione sull'affermazione di un prossimo piuttosto che condannarla". Il Padre, insomma, non sarebbe stato particolarmente accorto nei confronti del Papa.

Tra le critiche che Weinandy ha sollevato, c'è, soprattutto, quella per cui il Papa abbia una tendenza a promuovere quei vescovi troppo aperti nei confronti di chi non è di fede cattolica. Nello specifico, quelli che sosterrebbero chi ha opinioni contrarie alla fede cristiana. Gli stessi che poi difenderebbero queste stesse posizioni. Dopo essersi riunito con il Segretario Generale della Conferenza, si legge nell'articolo del Catholic Herald, Padre Thomas Weinandy, si è quindi dimesso con "efficacia immediata" dal suo ruolo nell'assise dei vescovi americani. Ma chi è questo Padre dimissionario?
Weinandy è un teologo che vive a Washington, nel Collegio dei Cappuccini, ed è un francescano. Papa Bergoglio lo ha nominato, nel 2014, membro della commissione teologica internazionale. Ha insegnato per anni prima ad Oxford, poi presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Dopo essersi recato a Roma lo scorso mese di Maggio, si è convinto di dover scrivere una missiva al Papa sull' "inquietudine" presente nella Chiesa.

Nel testo della lettera pubblicato qui, si legge: "Santità, una confusione cronica sembra contrassegnare il suo pontificato. La luce della fede, della speranza e dell'amore non è assente, ma troppo spesso è oscurata dall'ambiguità delle sue parole e azioni. Ciò alimenta nei fedeli un crescente disagio". Tre i principali elementi di critica presenti nel testo: il capitolo 8 di Amoris Laetitia, il declassamento della "importanza della dottrina della Chiesa" e le già citate nomine vescovili. Poi l'accenno alla presunta emarginazione dei critici del Papa: "Molti vescovi stanno in silenzio perché desiderano essere leali con lei, e quindi non esprimono – almeno in pubblico; in privato è un’altra cosa – le preoccupazioni che il suo pontificato alimenta. Molti temono che se parlassero con franchezza sarebbero emarginati o peggio".

qui invece il pezzo di Marco Tosatti

qui Magister


venerdì 3 novembre 2017

Halloween?



Halloween, deriva dall'espressione All Hallow's Eve e vuol dire semplicemente ‘Sera della festa dei Santi’, ‘Vigilia della festa dei santi’.
La chiesa cattolica l’1 novembre fa memoria di tutti i santi e la sera del 31 ottobre è appunto la vigilia della festa. Ma l’1 novembre era il giorno anche della festa celtica di Samhain ed alcune delle tradizioni dell’odierna Halloween vi rimandano.
Cosa è avvenuto? Perché questa coincidenza? Halloween è una festa pagana o cristiana? Siamo dinanzi ad una espropriazione cristiana o ad un camuffamento sincretista di riti magici? Cosa è bene fare in campo educativo? Incoraggiare o opporsi alla celebrazione di Halloween?

La festa celtica di Samhain “era un momento di contemplazione gioiosa, in cui si faceva memoria della propria storia, della propria gente, dei propri cari, in cui si celebrava la speranza di non soccombere alle sventure, alle malattie, alla morte stessa, che non era l'ultima parola, se era vero che i propri cari, almeno una volta l'anno, potevano essere in qualche modo presenti. Nella magica notte di Samhain non erano le oscure forze del caos che riportavano nel mondo i morti, ma il ricordo e l'amore dei vivi che li celebravano gioiosamente”.

L’annuncio del vangelo nel mondo celtico si misurò con questa tradizione che manifestava il desiderio che la morte non fosse l’ultima parola sulla vita umana e testimoniava, a suo modo, la speranza nell’immortalità delle anime. Il cristianesimo comprese che la propria convinzione della costante presenza ed intercessione della chiesa celeste, della comunione dei santi che già vivono in Dio, poteva rinnovare dall’interno l’attesa ed il desiderio che la tradizione di Samhain celebrava. La resurrezione di Cristo era l’annuncio che la presenza benedicente dei propri defunti non era pura illusione, ma certezza dal momento che noi, i viventi di questa terra, viviamo accompagnati dal Cristo e da tutti i suoi santi. Samhain divenne così Halloween.

Tuttavia, nella corrente letteratura esoterica ed occultistica si danno delle fantasiose e infondate versioni della festa di celtica Samhain che sono poi quelle che fanno da riferimento alle moderne celebrazioni stregonesche e neopaganeggianti e che hanno creato agli occhi di molte persone l'immagine inquietante di Halloween, ma che nella maggior parte dei casi ormai acquista un aspetto satanico. Ciò avviene attribuendo a Samhain il nome di una oscura divinità, ‘Il Signore della morte’, ‘Il Principe delle Tenebre’, che in occasione della sua celebrazione chiamava a sé gli spiriti dei morti, facendo sì che tutte le leggi dello spazio e del tempo fossero sospese per una notte, permettendo agli spiriti dei morti e anche ai mortali di passare liberamente da un mondo all'altro. Per questo Samhain viene considerato dai moderni e fantasiosi esoteristi come un momento dedicato alla divinazione, in cui cioè si può facilmente prevedere il futuro e predire la fortuna.  E così la ‘festa dei morti’ di ancestrale tradizione celtica, perduta la sua giustificazione cristiana, si trasformò in una specie di celebrazione dell'oscurità, della magia, con contorno di streghe e demoni. La solidarietà tra le generazioni, tra i morti e i vivi, aveva lasciato posto ad un terrore cupo e gotico della morte. Ed è così che Halloween costituisce uno dei tanti processi di ‘de-cattolicizzazione’, “spazzata via dalla nuova visione orrifica, estremamente moderna nel suo essere allo stesso tempo scientista, positivista e affascinata dall'elemento magico-occultistico”.

Utile ricordare a tutti cosa ne pensa don Gabriele Amorth, uno dei più grandi esorcisti:

“Halloween non è una festa, ma un evento inquietante che ha lo scopo di ironizzare, con l’uso delle maschere, su ciò che è male per farlo passare come un divertimento innocente. È il capodanno dei satanisti, la notte per eccellenza dell’occulto, di chi lo pratica perché si festeggia il dio dell’occulto, Satana. E poco importa saperlo o non saperlo perché i suoi effetti malefici e devastanti nel tempo, raggiungono anche le persone che, inconsapevolmente, vi partecipano… Fuggite da tutti i simboli di Halloween, sono “porte” sataniche che portano i demoni nelle vostre case, portano la divisone, invidie e malefici…”
Preghiamo e adoperiamoci perché, a partire dalle Parrocchie e anche nella scuola, si diano insegnamenti corretti e edificanti, altrimenti, purtroppo, è serio il rischio di sfociare nel satanismo, inconsapevole nei bambini e nei giovani che abbracciano le mode del tempo e irresponsabilmente ignorato da chi dovrebbe vigilare ma soprattutto insegnare altro.

La leggenda popolare di Jack O'Lantern (che viene a patti con il diavolo e ottiene di non finire all'inferno, vagando come spirito senza destinazione) è di origine irlandese, medievale. Raggiunse il Nord America con le massicce emigrazioni dall'Irlanda. In America non si trovavano le grosse rape (che accoglievano la brace accesa simboleggiante l'eterna dannazione evitata), usate in Europa e così si ricorse alle zucche illuminate per scacciare gli spiriti inquieti come quello di Jack, in cerca di una casa.

Ancor più lontano nei secoli c'è il culto paganeggiante druidico, degli antichi Celti. Era un culto non privo di particolari raccapriccianti e macabri, riportati da storici romani quali Giulio Cesare, Plinio il Vecchio e Tacito. La ricorrenza principale cadeva proprio a fine ottobre. I sacerdoti celti passavano di casa in casa chiedendo offerte (sacrifici) agli dei pagani e in caso di rifiuto si passava a temute maledizioni sulla vita e le cose di chi non si prestava al tributo richiesto.

Ecco da dove viene il trick or treat, o mi dai qualcosa (sacrificio) oppure sono cavoli tuoi (maledizione). Ridetto altrimenti divertimento/piacere o trucco/imbroglio.

Tutte cose "innocenti", per bambini ingenui con il loro innocuo "dolcetto o scherzetto"...

In realtà si celano simbolismi esoterici e paganeggianti, non di rado collegati alle sette del culto a satana, che hanno scelto il 31 ottobre per loro "capodanno", in cui ci si "diverte con la morte" e si dissemina l'attesa di spiriti, mostri, streghe e sangue colante, venendo a patti, inconsapevoli fin che si vuole, con il potere delle tenebre.
Un Natale al contrario, perché se in quel caso anche un non credente finisce con il far festa alla nascita del Verbo incarnato, in questo caso è il credente a "far festa" con chi ha rifiutato la volontà di Dio e proprio nel giorno che aprirebbe al culto dei santi e alla commemorazione di defunti che hanno bisogno di intercessione per raggiungere la pace.

(prelevato parzialmente dagli amici di Chiesa e PostConcilio, un grazie a Maria Guarini e Tralcio)

cfr anche

https://bonumsemen.blogspot.it/2016/10/31-ottobre-novena-proposta-da-don.html

https://bonumsemen.blogspot.it/2016/10/ne-halloween-ne-lutero.html


(Nell'immagine in alto, Vincent Price in "The Bat", 1959)
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martedì 31 ottobre 2017

Ognissanti

1  NOVEMBRE
FESTA  DI  TUTTI  I  SANTI



La festa della Chiesa trionfante.
Vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, d'ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni lingua e stavano davanti al trono vestiti di bianco, con la palma in mano e cantavano con voce potente: Gloria al nostro Dio  (Apoc. 7, 9-10). Il tempo è cessato e l'umanità si rivela agli occhi del profeta di Pathmos. La vita di battaglia e di sofferenza della terra (Giob. 7, 1) un giorno terminerà e l'umanità, per molto tempo smarrita, andrà ad accrescere i cori degli spiriti celesti, indeboliti già dalla rivolta di Satana, e si unirà nella riconoscenza ai redenti dell'Agnello e gli Angeli grideranno con noi: Ringraziamento, onore, potenza, per sempre al nostro Dio! (Apoc. 7, 11-14).
E sarà la fine, come dice l'Apostolo (I Cor. 15, 24), la fine della morte e della sofferenza, la fine della storia e delle sue rivoluzioni, ormai esaurite. Soltanto l'eterno nemico, respinto nell'abisso con tutti i suoi partigiani, esisterà per confessare la sua eterna sconfitta. Il Figlio dell'uomo, liberatore del mondo, avrà riconsegnato l'impero a Dio, suo Padre e, termine supremo di tutta la creazione e di tutta la redenzione, Dio sarà tutto in tutti (ibid. 24-28).
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Molto prima di san Giovanni, Isaia aveva cantato: Ho veduto il Signore seduto sopra un trono alto e sublime, le frange del suo vestito scendevano sotto di lui a riempire il tempio e i Serafini gridavano l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti: tutta la terra è piena della tua gloria (Is. 6, 1-3).
Le frange del vestimento divino sono quaggiù gli eletti divenuti ornamento del Verbo, splendore del Padre (Ebr. 1, 3), perché, capo della nostra umanità, il Verbo l'ha sposata e la sposa è la sua gloria, come egli è la gloria di Dio (I Cor. 11, 7). Ma la sposa non ha altro ornamento che le virtù dei Santi (Apoc. 19, 8): fulgido ornamento, che con il suo completarsi segnerà la fine dei secoli. La festa di oggi è annunzio sempre più insistente delle nozze dell'eternità e ci fa di anno in anno celebrare il continuo progresso della preparazione della Sposa (Apoc. 19, 7).

Confidenza.
Beati gli invitati alle nozze dell'Agnello! (ibid. 9). Beati noi tutti che, come titolo al banchetto dei cieli, ricevemmo nel battesimo la veste nuziale della santa carità! Prepariamoci all'ineffabile destino che ci riserba l'amore, come si prepara la nostra Madre, la Chiesa. Le fatiche di quaggiù tendono a questo e lavoro, lotte, sofferenze per Dio adornano di splendenti gioielli la veste della grazia che fa gli eletti. Beati quelli che piangono! (Mt. 5, 5).
Piangevano quelli che il Salmista ci presentava intenti a scavare, prima di noi, il solco della loro carriera mortale (Sal. 125) e ora versano su di noi la loro gioia trionfante, proiettando un raggio di gloria sulla valle del pianto. La solennità, ormai incominciata, ci fa entrare, senza attendere che finisca la vita, nel luogo della luce ove i nostri padri hanno seguito Gesù, per mezzo della beata speranza. Davanti allo spettacolo della felicità eterna nella quale fioriscono le spine di un giorno, tutte le prove appariranno leggere. O lacrime versate sulle tombe che si aprono, la felicità dei cari scomparsi non mescolerà forse al vostro rammarico la dolcezza del cielo? Tendiamo l'orecchio ai canti di libertà che intonano coloro che, momentaneamente da noi separati, sono causa del nostro pianto. Piccoli o grandi (Apoc. 19, 5), questa è la loro festa e presto sarà pure la nostra. In questa stagione, in cui prevalgono brine e tenebre, la natura, lasciando cadere i suoi ultimi gioielli, pare voler preparare il mondo all'esodo verso la patria che non avrà fine.
Cantiamo anche noi con il salmista: "Mi sono rallegrato per quello
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che mi è stato detto: Noi andremo nella casa del Signore. O Gerusalemme, città della pace, che ti edifichi nella concordia e nell'amore, noi siamo ancora nei vestiboli, ma già vediamo i tuoi perenni sviluppi. L'ascesa delle tribù sante verso di te prosegue nella lode e i tuoi troni ancora liberi si riempiono. Tutti i tuoi beni siano per quelli che ti amano, o Gerusalemme, e nelle tue mura regnino la potenza e l'abbondanza. Io ho messo ormai in te le mie compiacenze, per gli amici e per i fratelli, che sono già tuoi abitanti e, per il Signore nostro Dio, che in te abita, in te ho posto il mio desiderio" (Sal. 121).

Storia della festa.
Troviamo prima in Oriente tracce di una festa in onore dei Martiri e san Giovanni Crisostomo pronunciò una omelia in loro onore nel IV secolo, mentre nel secolo precedente san Gregorio Nisseno aveva celebrato delle solennità presso le loro tombe. Nel 411 il Calendario siriaco ci parla di una Commemorazione dei Confessori nel sesto giorno della settimana pasquale e nel 539 a Odessa, il 13 maggio, si fa la "memoria dei martiri di tutta la terra".
In Occidente i Sacramentari del V e del VI secolo contengono varie messe in onore dei santi Martiri da celebrarsi senza giorno fisso. Il 13 maggio del 610, Papa Bonifacio IV dedicò il tempio pagano del Pantheon, vi fece trasportare delle reliquie e lo chiamò S. Maria ad Martyres. L'anniversario di tale dedicazione continuò ad essere festa con lo scopo di onorare in genere tutti i martiri, Gregorio III, a sua volta, nel secolo seguente, consacrò un oratorio "al Salvatore, alla sua Santa Madre, a tutti gli Apostoli, martiri, confessori e a tutti i giusti dormienti del mondo intero".
Nell'anno 835, Gregorio IV, desiderando che la festa romana del 13 maggio fosse estesa a tutta la Chiesa, provocò un editto dell'imperatore Luigi il Buono, col quale essa veniva fissata al 1 novembre. La festa ebbe presto la sua vigilia e nel secolo XV Sisto IV la decorò di Ottava obbligatoria per tutta la Chiesa. Ora, sia la vigilia sia l'Ottava, sono soppresse.

MESSA
"Alle calende di novembre vi è la stessa premura che vi è a Natale, per assistere al Sacrificio in onore dei Santi", dicono vecchi documenti in relazione a questo giorno" (Lectiones ant. Brev. Rom. ad hanc diem. Hittorp. Ordo Romanus). Per quanto generale fosse
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la festa, anzi in ragione della sua stessa universalità, non era forse la gioia speciale per tutti e l'onore delle famiglie cristiane? Le quali santamente fiere di coloro dei quali si trasmettevano le virtù di generazione in generazione e la gloria del cielo, si vedevano così nobilitate ai loro occhi, più che da tutti gli onori terreni.
Ma la fede viva di quei tempi vedeva anche nella festa l'occasione di riparare le negligenze volontarie o forzate commesse nel corso dell'anno riguardo al culto dei beati inscritti nel calendario pubblico.

EPISTOLA (Apoc. 7, 2-12). - In quei giorni: Io Giovanni vidi un altro Angelo che saliva da oriente ed aveva il sigillo di Dio vivo, e gridò con gran voce ai quattro Angeli, a cui era ordinato di danneggiare la terra e il mare e disse: Non danneggiate la terra, il mare e le piante, finché non abbiamo segnato nella loro fronte i servi del nostro Dio. E sentii il numero dei segnati, centoquarantaquattromila di tutte le tribù d'Israele: della tribù di Giuda dodici mila segnati; della tribù di Ruben dodici mila segnati; della tribù di Gad dodici mila segnati; della tribù di Aser dodici mila segnati; della tribù di Neftali dodici mila segnati; della tribù di Manasse dodici mila segnati; della tribù di Simeone dodici mila segnati; della tribù di Levi dodici mila segnati; della tribù di Issacar dodici mila segnati; della tribù di Zabulon dodici mila segnati; della tribù di Giuseppe dodici mila segnati; della tribù di Beniamino dodici mila segnati. Dopo queste cose vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni popolo e linguaggio. Essi stavano davanti al trono e dinanzi all'Agnello, in bianche vesti e con rami di palme nelle loro mani, e gridavano a gran voce e dicevano: La salute al nostro Dio che siede sul trono e all'Agnello! E tutti gli Angeli che stavano intorno al trono, ai vegliardi e ai quattro animali, si prostrarono bocconi dinanzi al trono, e adorarono Dio, dicendo: Amen! Benedizione e gloria e sapienza e ringraziamenti e onore e potenza e forza al nostro Dio, nei secoli dei secoli. Così sia.
I due censimenti.
L'Uomo-Dio alla sua venuta sulla terra fece, per mezzo di Cesare Augusto, una prima volta il censimento della terra (Lc. 2, 1). Era opportuno che all'inizio della redenzione fosse rilevato ufficialmente lo stato del mondo. Ora è il momento di farne un secondo, che affiderà al libro della vita i risultati delle operazioni di salvezza.
"Perché questo censimento del mondo al momento della nascita del Signore, dice san Gregorio in una delle omelie di Natale, se non per farci comprendere che nella carne appariva Colui che doveva poi registrare gli eletti nella eternità?" (Lezione vii dell'Ufficio di Natale). Molti però, a causa dei peccati, si erano sottratti al beneficio del primo censimento, che comprendeva tutti gli uomini
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nel riscatto di Dio Salvatore, e ne era necessario un secondo che fosse definitivo ad eliminasse dall'universalità del primo i colpevoli. Siano cancellati dal libro dei vivi; il loro posto non è con i giusti (Sal. 68, 29). Le parole sono del re Profeta e il santo Papa qui le ricorda.
Nonostante questo, la Chiesa, tutta gioiosa, non pensa oggi che agli eletti, come se di essi soli si trattasse nel solenne censimento in cui abbiamo veduto terminare la vita dell'umanità. Infatti essi soli contano davanti a Dio, i reprobi non sono che lo scarto di un mondo in cui solo la santità risponde alla generosità del creatore e all'offerta di un amore infinito.
Prestiamo le anime nostre all'impronta che le deve "conformare all'immagine del Figlio unico" (Rom. 8, 29) segnandoci come tesoro di Dio. Chi si sottrae all'impronta sacra non eviterà l'impronta della bestia (Apoc. 13, 16) e, nel giorno in cui gli Angeli chiuderanno il conto eterno, ogni moneta, che non potrà essere portata all'attivo di Dio, se ne andrà da sé alla fornace in cui bruceranno le scorie.

VANGELO (Mt. 5, 1-12). - In quel tempo: Gesù avendo veduto la folla, salì sul monte e, come si fu seduto, gli si accostarono i suoi discepoli. Allora egli aprì la sua bocca per ammaestrarli, dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i famelici e sitibondi di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e, falsamente, diranno di voi ogni male per cagion mia. Rallegratevi (in quel giorno) ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Le Beatitudini.
La terra è oggi così vicina al cielo che uno stesso pensiero di felicità riempie i cuori. L'Amico, lo Sposo ritorna in mezzo ai suoi e parla di felicità. Venite a me voi tutti che avete tribolazioni e sofferenze. Il versetto dell'Alleluia era con queste parole l'eco della patria e tuttavia ci ricordava l'esilio, ma tosto nel Vangelo è apparsa la grazia e la benignità del nostro Dio Salvatore (Tit. 2, 11; 3,4). Ascoltiamolo, perché ci insegna le vie della beata speranza (ibid. 2, 12-13), le delizie sante, che sono ad un tempo garanzia ed anticipo della perfetta felicità del cielo.
Sul Sinai, Dio teneva l'Ebreo a distanza e dava soltanto precetti e minacce di morte, ma sulla vetta di quest'altra montagna,
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sulla quale è assiso il Figlio di Dio, in modo ben diverso si promulga la legge dell'amore! Le otto Beatitudini all'inizio del Nuovo Testamento hanno preso il posto tenuto nell'Antico dal Decalogo inciso sulla pietra.
Esse non sopprimono i comandamenti, ma la loro giustizia sovrabbondante va oltre tutte le prescrizioni e Gesù le trae dal suo Cuore per imprimerle, meglio che sulla pietra, nel cuore del suo popolo. Sono il ritratto perfetto del Figlio dell'uomo e riassunto della sua vita redentrice. Guardate dunque e agite secondo il modello che si rivela a voi sulla montagna (Es. 25, 40; Ebr. 8, 5).
La povertà fu il primo contrassegno del Dio di Betlemme e chi mai apparve più dolce del figlio di Maria? chi pianse per causa più nobile, se egli già nella greppia espiava le nostre colpe e pacificava il Padre? Gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici dove troveranno fuori di lui il modello insuperato, mai raggiunto e sempre imitabile? E la sua morte lo fa condottiero dei perseguitati per la giustizia! Suprema beatitudine questa della quale più che di tutte le altre, la Sapienza incarnata si compiace e vi ritorna sopra e la precisa e oggi con essa termina, come in un canto d'estasi.
La Chiesa non ebbe mai altro ideale. Sulla scia dello Sposo, la sua storia nelle varie epoche fu eco prolungata delle Beatitudini. Cerchiamo di comprendere anche noi e, per la felicità della nostra vita in terra, in attesa dell'eterna, seguiamo il Signore e la Chiesa.
Le Beatitudini evangeliche sollevano l'uomo oltre i tormenti, oltre la morte, che non scuote la pace dei giusti, anzi la perfeziona.

Discorso di san Beda [1].
"In cielo non vi sarà mai discordia, ma vi sarà accordo in tutto e conformità piena, perché la concordia tra i Santi non avrà variazioni; in cielo tutto è pace e gioia, tutto è tranquillità e riposo e vi è una luce perpetua assai diversa dalla luce di quaggiù, tanto più splendida quanto più bella. Leggiamo nella Scrittura che la città celeste non ha bisogno della luce del sole, perché 'il Signore onnipotente la illuminerà e l'Agnello ne è la fiaccola' (Apoc. 21, 23). 'I Santi brilleranno come stelle nell'eternità, e quelli che istruiscono le moltitudini saranno come lo splendore del firmamento'
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(Dan. 12, 3). Là, non notte, non tenebre, né ammassi di nubi; non rigore di freddo, né eccessivo calore, ma uno stato di cose così bene equilibrato che 'occhio non vide e orecchio non udì e il cuore dell'uomo nulla mai comprese' (I Cor. 2, 9) di simile. Lo conoscono quelli che sono trovati degni di goderne e 'i nomi dei quali sono scritti nel libro della vita' (Fil 4,3) che 'hanno lavato il loro vestito nel sangue dell'Agnello e stanno davanti al trono di Dio, servendolo notte e giorno' (Apoc. 7, 14). 'Là non c'è vecchiaia, né debolezze della vecchiaia, perché tutti sono giunti allo stato dell'uomo perfetto, nella misura dell'età del Cristo' (Ef. 4, 13).
Ma quello che tutto sorpassa è l'essere associati ai cori degli Angeli, dei Troni e delle Dominazioni, dei Principati e delle Potenze; il godere della compagnia di tutte le Virtù della corte celeste; il contemplare i diversi ordini dei Santi, più splendenti che gli astri; il considerare i Patriarchi illuminati dalla loro fede, i Profeti radiosi di speranza e di gioia, gli Apostoli preparati a giudicare le tribù di Israele e tutto l'universo; i Martiri, cinti del diadema splendente della porpora della vittoria e infine le Vergini con la fronte coronata di candidi fiori" (18 Discorso sui Santi).

Incoraggiamento alla pratica delle virtù.
La Chiesa dopo averci mostrato la bellezza e la gioia del cielo, dopo la seducente esposizione sulla eternità, avrebbe potuto presentarci la questione che san Benedetto pose al postulante, che bussava alla porta del monastero: Vuoi la vita? vuoi vedere giorni felici? (Prologo alla Regola). Avremmo anche noi prontamente risposto: sì. E pare che davvero la questione ce l'abbia silenziosamente posta e che abbia udito il nostro , perché prosegue adesso esponendoci le condizioni, necessarie per entrare nel regno dei cieli.
"La speranza di giungere alla ricompensa della salvezza ci alletti, ci attiri, lottiamo volentieri e con tutto l'impegno nello stadio della santità; mentre Dio e Cristo ci guardano. Dato che già abbiamo cominciato ad elevarci sopra il mondo ed il secolo, stiamo attenti, perché nessun desiderio terreno ci attardi. Se l'ultimo giorno ci trova svincolati da ogni cosa, se ci trova in agile corsa nel cammino delle buone opere, il Signore non potrà fare a meno di ricompensare i nostri meriti.
Colui che dà, come prezzo della sofferenza, a quelli che hanno saputo vincere nella persecuzione, una corona imporporata, darà
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pure, come prezzo delle opere di santità, una corona bianca a coloro che avranno saputo vincere nella pace. Abramo, Isacco, Giacobbe non furono messi a morte, ma sono stati tuttavia ritenuti degni dei primi posti fra i Patriarchi, perché tale onore meritarono con la fede e le opere di giustizia, e coloro che saranno trovati fedeli, giusti e degni di lode siederanno al banchetto con questi grandi giusti. Bisogna ricordare però che dobbiamo compiere la volontà di Dio e non la nostra, perché 'chi fa la volontà di Dio vive eternamente' (Gv. 2, 17) come vive eternamente Dio stesso.
Bisogna dunque che con spirito puro, fede ferma, virtù robusta, carità perfetta, siamo preparati a compiere tutta la volontà di Dio, osservando con coraggiosa fedeltà i comandamenti del Signore, l'innocenza nella semplicità, l'unione nella carità, la modestia nell'umiltà, l'esattezza nell'impiego, la diligenza nell'assistenza degli afflitti, la misericordia nel sollevare i poveri, la costanza nella difesa della verità, la discrezione nella severità della disciplina e infine bisogna che non lasciamo di seguire o dare l'esempio delle buone opere. Ecco la traccia che tutti i Santi, tornando alla patria, ci hanno lasciata, perché, camminando sulle loro orme, possiamo giungere alle gioie che essi hanno raggiunto" (Beda, 18 Discorso sui Santi).

È utile lodare i Santi.
Una esortazione per i suoi figli la Chiesa la chiede a san Bernardo, e ci parla con la sua voce.
"Dato che celebriamo con una festa solenne il ricordo di tutti i Santi, diceva ai suoi monaci l'abate di Chiaravalle, credo utile parlarvi della loro felicità comune nella quale gioiscono di un beato riposo e della futura consumazione che attendono. Certo, bisogna imitare la condotta di quelli che con religioso culto onoriamo; correre con tutto lo slancio del nostro ardore verso la felicità di quelli che proclamiamo beati, bisogna implorare il soccorso di quelli dei quali sentiamo volentieri l'elogio.
A che serve ai Santi la nostra lode? A che serve il nostro tributo di glorificazione? A che serve questa stessa solennità? Quale utile portano gli onori terrestri a coloro che il Padre celeste stesso, adempiendo la promessa del Figlio, onora? Che cosa fruttano loro i nostri omaggi? Essi non hanno alcun desiderio di tutto questo. I santi non hanno bisogno delle nostre cose e la nostra divozione non reca loro alcun vantaggio: ciò è cosa assolutamente vera.
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Non si tratta di loro vantaggio, ma nostro, se noi veneriamo la loro memoria. Volete sapere come abbiamo vantaggio? Per conto mio, confesso che, ricordando loro, mi sento infiammato di un desiderio ardente, di un triplice desiderio.
Si dice comunemente: occhio non vede, cuore non duole. La mia memoria è il mio occhio spirituale e pensare ai Santi è un po' vederli, e, ciò facendo, abbiamo già 'una parte di noi stessi nella terra dei viventi' (Sal. 141, 6), una parte considerevole, se la nostra affezione accompagna, come deve accompagnarlo, il nostro ricordo. È in questo modo, io dico, che 'la nostra vita è nei cieli' (Fil. 3, 20). Tuttavia la nostra vita non è in cielo, come vi è la loro, perché essi vi sono in persona e noi solo con il desiderio; essi vi sono con la loro presenza e noi solo con il nostro pensiero".

Desiderare l'aiuto dei Santi.
"Perché possiamo sperare tanta beatitudine dobbiamo desiderare ardentemente l'aiuto dei Santi, perché quanto non possiamo ottenere da noi ci sia concesso per la loro intercessione.
Abbiate pietà di noi, sì, abbiate pietà di noi, voi che siete nostri amici. Voi conoscete i nostri pericoli, voi conoscete la nostra debolezza; voi sapete quanto grande è la nostra ignoranza, e quanta la destrezza dei nostri nemici; voi conoscete la violenza dei loro attacchi e la nostra fragilità. Io mi rivolgo a voi, che avete provato le nostre tentazioni, che avete vinto le stesse battaglie, che avete evitato le stesse insidie, a voi ai quali le sofferenze hanno insegnato ad avere compassione.
Io spero inoltre che gli angeli stessi non disdegneranno di visitare la loro specie, perché è scritto: 'visitando la tua specie non peccherai' (Giob. 5, 24). Del resto, se io conto su di essi perché noi abbiamo una sostanza spirituale e una forma razionale simile alla loro, credo di poter maggiormente confidare in coloro che hanno, come me, l'umanità e che sentono perciò una compassione particolare e più intima per le ossa delle loro ossa e la carne della loro carne".

Confidenza nella loro intercessione.
"Non dubitiamo della loro benevola sollecitudine a nostro riguardo. Essi ci attendono fino a quando anche noi non avremo avuta la nostra ricompensa, fino al grande giorno dell'ultima festa, nella
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quale tutte le membra, riunite alla testa sublime, formeranno l'uomo perfetto in cui Gesù Cristo, nostro Signore, degno di lode e benedetto nei secoli, sarà lodato con la sua discendenza. Così sia" (Discorso sui Santi, passim).

Imitare coloro che si lodano.
Troviamo in san Giovanni Crisostomo la dottrina già esposta: è cosa buona lodare i Santi, ma alla lode bisogna unire l'imitazione delle loro virtù.
"Chi ammira con religioso amore i meriti dei Santi e celebra con lodi ripetute la gloria dei giusti è tenuto ad imitare la loro vita virtuosa e la loro santità. È necessario infatti che chi esalta con gioia i meriti di qualche santo abbia a cuore di essere come lui fedelmente impegnato nel servizio di Dio. O si loda e si imita, o ci si astiene anche dal lodare. Sicché, dando lode ad un altro, ci si rende degni di lode e, ammirando i meriti dei Santi, si diventa ammirabili per una vita santa. Se amiamo le anime giuste e fedeli, perché apprezziamo la loro giustizia e la loro fede, possiamo anche essere quello che sono, facendo quello che fanno".

I modelli.
"Non ci è difficile imitare le loro azioni, se consideriamo che i primi Santi non ebbero esemplari innanzi a sé e quindi non imitarono altri, ma si fecero modello di virtù degno di essere imitato, affinché, con il profitto che noi ricaviamo imitando loro e con quello che il prossimo ricaverà, imitando noi, Gesù Cristo nella sua Chiesa sia glorificato perpetuamente dai suoi servi.
Così avvenne fin dai primi tempi del mondo. Abele, l'innocente, fu ucciso, Enoc fu rapito in cielo, perché ebbe la fortuna di piacere a Dio, Noè fu trovato giusto, Abramo fu approvato da Dio, perché riconosciuto fedele, Mosè si distinse per la mansuetudine, Giosuè per la castità, Davide per la dolcezza, Elia fu gradito al Signore, Daniele fu pio e i suoi tre compagni furono vittoriosi, gli Apostoli, discepoli di Cristo, furono designati maestri dei credenti e i Confessori, da loro istruiti combatterono da forti, mentre i martiri, consumati nella perfezione, trionfano e legioni di cristiani, armati da Dio, continuamente respingono il demonio. Per ciascuno di essi la lotta è diversa, ma le virtù sono simili e le vittorie di tutti restano gloriose".
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Necessità del combattimento.
Tu, o cristiano, sei soldato ben meschino, se credi di vincere senza combattere e di raggiungere il trionfo senza sforzo! Spiega le tue forze, lotta con coraggio, combatti, senza debolezze, nella mischia. Mantieni il patto, rimetti sulle condizioni, renditi conto di che cosa sia l'essere soldato, il patto che hai concluso, le condizioni che hai accettate, la milizia nella quale ti sei arruolato" (Giovanni Crisostomo, Discorso sulla imitazione dei Martiri).

La nostra risurrezione.
Ci giova oggi ricordare la dottrina sulla risurrezione dei morti, che san Paolo esponeva un giorno ai fedeli di Corinto, sulla grandiosa cerimonia liturgica che la seguirà, e sulla visione beatifica, che avremo in premio nell'eternità.
Noi risusciteremo, perché Cristo è risuscitato. Questa dottrina riassume in certo modo tutto il cristianesimo. Il battesimo è inserzione di ciascuno di noi in Cristo e dal momento che noi siamo entrati nell'unità della sua vita e formiamo con lui un solo corpo mistico e reale insieme, l'interesse è comune, la condizione nostra è legata alla sua, quello che è avvenuto in lui deve avvenire in noi: la morte, il seppellimento, la risurrezione, l'ascensione, la vita eterna in Dio. Le membra avranno la sorte del capo e potremmo dire, propriamente parlando, di essere già risuscitati in Gesù Cristo, perché la sua Risurrezione è causa, motivo, esempio, sicura garanzia della nostra.
Cristo non è risuscitato per sé solo, per conto suo, ma per noi tutti. Nella legge antica erano offerte a Dio le spighe mature, in nome di tutta la messe. Il Signore, se è un essere individuale, è pure il secondo Adamo, essere vivente, che comprende in sé la moltitudine di quelli che da lui son nati e perciò, se egli è risuscitato, tutti sono risuscitati, ma ciascuno a suo tempo; Cristo per primo, poi tutti quelli che sono di Cristo risusciteranno alla sua venuta. Dopo sarà la fine.

L'inizio della vita eterna.
"Sarà la fine. La fine del periodo laborioso nel corso del quale il Signore raccoglie il numero dei suoi eletti, stabilisce il suo regno e annienta i suoi nemici. Si potrebbe dire altrettanto bene inizio del-
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la vita nuova, compimento del disegno di Dio con il ritorno a lui di tutto quanto avrà acconsentito ad appartenere a Cristo Nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver trionfato di tutte le potenze nemiche, debellata ogni autorità e scardinato ogni potere ostile al suo, porterà a Dio, suo Padre, tutte le nature umane delle quali è re e, avendo qual Figlio operato solo per il Padre, gli riconsegnerà il comando su tutta la sua conquista. Sì, noi lo sappiamo, tutto si piegherà davanti a Dio in cielo, sulla terra, e nell'inferno; tutto sarà sottomesso, fuorché Colui, che ha sottomesso a sé tutte le cose.
L'eternità comincerà con una cerimonia liturgica di infinita grandezza. Il Verbo Incarnato, nostro Signore Gesù Cristo, il re predestinato, circondato dagli Angeli, dagli uomini nati per la sua grazia e viventi la sua vita, si metterà alla testa della falange che il Padre gli ha dato e la guiderà e condurrà verso il santuario eterno. Si presenterà con essi davanti al Padre e presenterà e offrirà a lui la messe immensa degli eletti germogliati dal suo sangue e si sottometterà con essi alla paterna dominazione di Colui, che tutto gli donò e sottomise, rimettendogli lo scettro e la regalità della creazione da lui conquistata, che con lui entrerà nel seno della Trinità. La famiglia di Dio sarà allora completa e Dio sarà tutto in tutti".

Dio è tutto in tutti.
"Dio tutto in tutti: l'espressione ha per il nostro pensiero qualcosa di prodigioso e di meraviglioso... Oggi Dio non è tutto in me e io non sono in relazione diretta con lui, ma sempre tra noi sta l'importuna creazione e io arrivo a Dio a prezzo di un lento e penoso cammino sempre avvolto nella oscurità. Il mio pensiero non vede Dio e la fede stessa me lo vela: non sono un essere intelligente, e non lo sarò che quando Dio si offrirà come oggetto alla mia intelligenza finalmente desta, il giorno in cui Dio, per mostrarsi a me, si unirà alla mia intelligenza, perché io possa conoscerlo. Come dire questo? Dio sarà allora alla radice stessa del mio pensiero, perché io lo veda, alla radice della mia volontà, perché io lo possieda, alla radice e al centro del mio cuore, perché io l'ami. Egli allora sarà la bellezza che amo e sarà in me il cuore che ama la bellezza, sarà il termine e l'oggetto dei miei atti e in me ne sarà il principio.
Questa gloriosa appartenenza della mia anima a Dio si prepara sulla terra con l'unione a Cristo. Nell'eternità entreremo totalmente nella vita di Dio, se quaggiù saremo interamente conformati a Cri-
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sto. Questa è l'idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell'eternità (Dom Delatte, Epistole di san Paolo, I, 379-383)".

PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai concesso di venerare con una sola solennità i meriti di tutti i tuoi Santi; ti preghiamo di accordarci, in vista di tanta moltitudine di intercessori, l'abbondanza della tua misericordia.



[1] Il discorso, attribuito a san Beda, pare piuttosto di Walfrido Strabone, o più probabilmente ancora di Helischar di Treviri. Riv. Ben. 1891, p. 278

da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1222-1234.