sabato 31 dicembre 2016

Te Deum, laudamus


Salutiamo il 2016, annus horribilis per innumerevoli motivi ed aspetti, con l'inno del Te Deum nella versione delle già nostre vecchie conoscenze Giovanni Lindo Ferretti ed Ambrogio Sparagna.




Che Nostro Signore Gesù Cristo, fine e compimento della Storia, ci protegga e guidi nell'anno Domini 2017.
 

giovedì 29 dicembre 2016

Sermone Allegorico e Sermone Morale di S. Antonio da Padova sul Natale

11. «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio; sulle sue spalle è stato posto il potere; e il suo nome sarà: ammirabile, consigliere, Dio, forte, Padre del secolo futuro, principe della pace» (Is 9,6). E ancora: «Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio, che sarà chiamato Emanuele» (Is 7,14), cioè «Dio con noi».
    Questo Dio si è fatto per noi bambino e oggi per noi è nato. Cristo ha voluto essere chiamato «bambino» per molte ragioni, ma per brevità ne illustro una sola. Se fai un'ingiuria a un bambino, se lo provochi con un insulto, se lo percuoti, ma poi gli mostri un fiore, una rosa o qualcosa del genere, e mentre gliela mostri fai l'atto di dargliela, non si ricorda più dell'ingiuria ricevuta, gli passa l'ira e corre ad abbracciarti. Così, se offendi Cristo con il peccato mortale e gli fai qualsiasi altra ingiuria, ma poi gli offri il fiore della contrizione o la rosa di una confessione bagnata dalle lacrime - le lacrime sono il sangue dell'anima -, egli non si ricorda più della tua offesa, perdona la colpa e corre ad abbracciarti e a baciarti. Dice infatti Ezechiele: «Se l'empio farà penitenza di tutti i peccati che ha commesso, io non mi ricorderò più di tutte le sue iniquità» (Ez 18,21. 22). E Luca, parlando del figlio prodigo: «Lo vide suo padre e, mosso a pietà, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15,20). E nel secondo libro dei Re si racconta che Davide accolse con benevolenza Assalonne, che aveva ucciso il fratello, e lo baciò (cf. 2Re 14,33).
    Oggi dunque ci è nato un bambino. E quali vantaggi ci sono venuti dalla nascita di questo bambino? Grandissimi vantaggi sotto ogni aspetto. Senti Isaia: «Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide, il bambino metterà la sua mano nel covo del regolo (serpente velenoso); non nuoceranno più e non uccideranno più in tutto il mio santo monte» (Is 11,8-9).
    Il regolo, che significa piccolo re, è così chiamato perché si pensava fosse il re dei serpenti; questo serpente velenoso, detto anche aspide, raffigura il diavolo, e la sua buca e il suo covo sono i cuori dei cattivi, nei quali il nostro bambino ha messo la sua mano quando con la potenza della sua divinità ne ha estratto il diavolo stesso. Dice infatti Giobbe: «Dalla sua mano, che operava da ostetrica, fu estratto il tortuoso serpente» (Gb 26,12).
    È compito dell'ostetrica estrarre dalle tenebre il frutto del parto, e portarlo alla luce. Così Cristo, con la mano della sua potenza, strappò l'antico serpente, il diavolo, dai cuori tenebrosi dei reprobi: e così quel serpente e i suoi satelliti non potranno più recare danno ai corpi, se non con il suo permesso; infatti i diavoli non poterono entrare nei porci se non dopo il suo permesso (cf. Mc 5,13); e non potranno più colpire le anime di morte eterna. Prima della venuta del Salvatore, i diavoli avevano sul genere umano tanto potere, da infierire turpemente sui corpi degli uomini e da trascinare miseramente le anime all'inferno. Ma d'ora in poi non potranno più fare danni «in tutto il mio santo monte», cioè in tutta la mia chiesa, nella quale io stesso dimoro.
12. «Ci è stato dato un figlio». Concorda con questo ciò che leggiamo nel secondo libro dei Re: «A Gat ci fu, contro i Filistei, la terza battaglia, nella quale Adeodato, il betlemita che tesseva stoffe variopinte, figlio di Salto, uccise Golia di Gat» (2Re 21,19). Osserva che la prima battaglia avvenne nel deserto: «Gesù fu condotto nel deserto... « (Mt 4,1); la seconda avvenne nella pianura, cioè in pubblico: «Gesù stava scacciando un demonio» (Lc 11,14) [davanti alla folla]; la terza avvenne sul legno [della croce]: inchiodato su di essa, Cristo sconfisse i filistei, cioè le potenze dell'aria (cf. Ef 2,2).
    Questa terza battaglia avvenne a Gat, nome che significa «lago»: avvenne cioè nelle piaghe del Salvatore, e soprattutto nella piaga del costato, dalla quale scaturirono i due fiumi della nostra redenzione. In questo lago, Gesù ci è stato dato unicamente dalla misericordia di Dio Padre, per essere il nostro campione. Egli fu «figlio di Salto» perché, come dice Marco, stava nel deserto con le fiere (cf. Mc 1,13); oppure «figlio di Salto», perché fu coronato di spine1.
    «Che tesseva stoffe variopinte»: Cristo si preparò nel grembo verginale di Maria la veste variopinta, cioè l'umanità, ornata dei doni della grazia settiforme; «fu betlemita» perché oggi è nato dalla Vergine a Betlemme. O anche: fu «figlio di Salto» nella passione; sarà «tessitore di stoffe variopinte» nella risurrezione finale, perché allora ci rivestirà della veste variopinta, ornata delle quattro doti dei corpi glorificati; sarà infine «betlemita» nell'eterno convito. Così il nostro campione, il nostro atleta, colpito nel lago della passione, sconfisse e debellò Golia di Gat, cioè il diavolo.
13. «E fu posto sulle sue spalle il potere». E anche qui abbiamo la concordanza con ciò che dice la Genesi: «Abramo prese la legna per l'olocausto e la pose sulle spalle di Isacco, suo figlio» (Gn 22,6). E dice Giovanni: « [Gesù], portando la croce, si avviò verso il luogo chiamato Calvario» (Gv 19,17).
    O umiltà del nostro Redentore! O pazienza del nostro Salvatore! Egli, da solo, porta per tutti il legno al quale sarà appeso, inchiodato; sul quale dovrà morire e, come dice Isaia, «il Giusto perisce e non c'è alcuno che mediti nel suo cuore» (Is 57,1).
    «E fu posto sulle sue spalle il potere». Dice il Padre, per bocca di Isaia: «Porrò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide» (Is 22,22). La chiave è la croce di Cristo, con la quale egli ci ha aperto la porta del cielo. E osserva che la croce è detta «chiave» e «potere»: chiave perché apre il cielo agli eletti, potere perché con la sua potenza precipita i demoni all'inferno.
14. «E sarà chiamato ammirabile nella nascita, consigliere nella predicazione, Dio nell'operare i miracoli, forte nella passione, Padre del secolo futuro nella risurrezione. Infatti quando risuscitò, lasciò a noi, come eredità ai figli dopo di sé, la sicura speranza della risurrezione. E nell'eternità sarà per noi il principe della pace.
Si degni di prepararci questa pace lui stesso che è benedetto nei secoli. Amen.

15. «È nato per noi un bambino». Di questo bambino, dice il vangelo: Se non vi convertirete e non diventerete come questo bambino, ecc. (cf. Mt 18,3). Osserva: il bambino quando è sveglio, nella sua culla, piange; se è nudo non arrossisce; se è sculacciato si rifugia in braccio alla mamma. La mamma, quando vuole svezzarlo, si unge di amaro le mammelle; il bambino non sa nulla della malizia del mondo; è incapace di fare peccati; non fa del male al prossimo; non serba rancore; non odia nessuno; non cerca ricchezze; non è sedotto dalla bellezza di questo mondo; non fa preferenza di persone.
    Il bambino simboleggia il penitente convertito che, dopo essere stato una volta con il cuore gonfio di superbia, altero e borioso nelle parole, tronfio nella sua ricchezza, ora è diventato piccolo, umile e spregevole ai propri occhi. Quando è sveglio, quando cioè richiama alla mente il suo precedente modo di vivere, piange amaramente; divenuto nudo e povero per amore di Cristo non arrossisce, e neppure si vergogna di denudare se stesso nella confessione; se subisce un'ingiuria non si offende, ma corre alla chiesa e prega per coloro che lo calunniano e lo perseguitano. La chiesa lo ha, per così dire, svezzato quando, con l'amarezza dei castighi e delle pene, gli ha cosparso la mammella del piacere carnale, alla quale era solito succhiare.
    Le altre analogie sono chiare, e quindi vanno intese alla lettera.
    Quando perciò un mondano si converte e diventa «bambino» di Cristo, con il giubilo del cuore e l'allegria nella voce, dobbiamo esultare dicendo: «Ci è nato un bambino». E Giovanni: «La donna», cioè la chiesa, «quando partorisce» con la predicazione o con la misericordia verso i peccatori, «è afflitta; ma quando ha dato alla luce» con la contrizione e con la confessione «il bambino», cioè il neoconvertito, « non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16,21). E di Giovanni «grazia di Dio» [il Battista] è detto: «Molti si rallegreranno della sua nascita» (Lc 1,14).
16. «Ci è stato dato un figlio». Siano rese grazia a Dio, perché da uno schiavo del mondo e del diavolo abbiamo ricevuto un figlio di Dio, il quale dice nel salmo: «Il Signore mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato» per mezzo della grazia, tu che ieri eri schiavo a causa della colpa; e giacché sei figlio «chiedi a me, ti darò in possesso le genti», cioè i pensieri ribelli, «e in eredità e in dominio i confini della terra» (Sal 2,7-8), cioè i sensi del tuo corpo, perché tu sappia dominarli.
    «Figlio», del quale è detto nella Genesi: «Figlio che cresce, Giuseppe, figlio che cresce, e bello di aspetto» (Gn 49,22). «Che cresce» per la povertà, come dice Giuseppe stesso: «Dio mi fece crescere nella terra della mia povertà» (dov'ero povero) (Gn 41,52). «Bello d'aspetto» per l'umiltà: infatti è detto nella Genesi che «Rachele», nome che s'interpreta «pecora», e quindi umile, era «bella nel volto e avvenente di aspetto» (Gn 29,17). «Ci è stato dato». «Infatti era morto ed è ritornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Lc 15,24). E a che scopo ci è stato dato? E a che scopo è stato ritrovato? Proprio per l'esercizio della penitenza.
17. «Ed è stato posto il potere sopra le sue spalle». Concordano le parole della Genesi: «Issacar è un asino robusto, sdraiato entro i confini. Ha visto che il riposo era bello e che la terra era ottima. Ha piegato le spalle a portare pesi» (Gn 49,14-15).
    Issacar, che s'interpreta «uomo della ricompensa», raffigura il penitente che lavora virilmente per l'eterna ricompensa, ed è quindi chiamato «asino robusto». Di lui è detto nell'Ecclesiastico: «Cibarie, bastone e soma per l'asino» (Eccli 33,25). Cibo qualunque, perché non venga meno; il bastone della povertà perché non insolentisca e non recaltrici; la soma, il peso dell'obbedienza perché non si disabitui alla fatica. Con queste tre rimedi si prepara la medicina per il penitente.
    «È sdraiato entro i confini». I due confini sono l'ingresso alla vita e l'uscita da essa, la nascita e la morte. È tra questi confini colui che pensando alla sua nascita si umilia, e pensando alla morte piange. Lo stolto non sta entro i due confini, ma piuttosto si sistema al centro di essi. È detto perciò nel libro dei Giudici: «Perché te ne stai tra i due confini per sentire i belati dei greggi?» (Gdc 5,16).
    Il centro tra la nascita e la morte è la vanità del secolo, di questo tempo; i greggi sono gli stimoli della carne; ne ascolta i belati, cioè i lusinghieri richiami, colui che si adagia nella vanità del secolo. Invece il penitente, che dimora entro i confini, alza gli occhi della mente e contempla il riposo della gloria beata: quanto sia perfetta nella glorificazione del corpo, come sia veramente una terra di eterna sicurezza, quanto sia insuperata nella contemplazione della Trinità; piega la sua spalla a reggere il potere, cioè il giogo della penitenza, per mezzo della quale domina se stesso e vince le tentazioni. Dice infatti l'Ecclesiastico: «Piega la tua spalla e pòrtala!» (Eccli 6,26), la penitenza.
18. «E sarà chiamato ammirabile, consigliere, Dio, forte, Padre del secolo futuro, principe della pace». In questi sei nomi è compendiata la perfezione del penitente, o del giusto.
    Infatti è ammirabile nel diligente esame e nella frequente revisione di se stesso, e vede quindi cose meravigliose nel profondo del suo cuore. Per questo è mirabile anche Giobbe, la cui pazienza tutto il mondo ammira: «Io - diceva - non terrò chiusa la mia bocca: parlerò nell'angoscia del mio spirito, converserò nell'amarezza della mia anima» (Gb 7,11). L'angoscia dello spirito e l'amarezza dell'anima non lasciano nulla fuori discussione, quando tutto viene esaminato e vagliato con la massima diligenza.
    È consigliere nelle necessità corporali e spirituali del prossimo, come dice Giobbe: «Fui occhio per il cieco, piede per lo zoppo» (Gb 29,15). Il cieco è colui che non vede nella sua coscienza; lo zoppo è colui che devia dal retto sentiero della giustizia. Ma il giusto è buon consigliere per entrambi, perché al primo è occhio nell'insegnargli a scoprire il guasto della sua coscienza; al secondo è piede, sostenendolo e guidandolo affinché compia i passi delle opere nella via della giustizia.
    È Dio. Nel governare i sudditi, il giusto è chiamato «dio» solo di nome, in quanto fa le veci di Dio. Infatti il Signore dice a Mosè: «Ecco che io ti ho costituito «dio» del faraone» (Es 7,1). E anche: «Se non viene scoperto il ladro, il padrone di casa si accosterà a Dio», cioè ai sacerdoti, e giurerà che non ha allungato la mano sulle cose del suo prossimo» (Es 22,8). E ancora: «Io ho detto: voi siete Dei» (Sal 81,6). In altro senso: Dio si dice in greco Theòs, vale a dire «che guarda» - in quanto deriva da theorèo, guardare - perché guarda tutte le cose; thèo vuol dire anche corro, perché Dio percorre, passa in rassegna tutte le cose. Il penitente è detto «dio», cioè che guarda e che percorre: guarda infatti le cose superiori con la contemplazione, e perciò corre con la mente a quelle passate solo per impegnarsi alla penitenza.
    È forte nel combattere le tentazioni. Si legge nel libro dei Giudici: «Comparve un giovane leone infuriato, che correva ruggendo verso Sansone. Ma lo Spirito del Signore investì Sansone, il quale squartò il leone come si fosse trattato di fare a pezzi un capretto» (Gdc 14,5-6). Il giovane leone raffigura lo spirito di superbia o di lussuria e simili: infuria con la sua insistenza, rugge con l'astuzia; compare all'improvviso e assale con violenza. Ma quando lo spirito della contrizione, dell'amore e del timore di Dio investe il penitente, questi squarta lo spirito di superbia simboleggiato nel leone, e fa a pezzi lo spirito di lussuria, simboleggiato nel capretto, a motivo del suo fetore: fa a pezzi il peccato e distrugge minuziosamente tutte le circostanze.
    È padre del secolo futuro, nella predicazione della parola e in quella dell'esempio. Dice l'Apostolo: «Figlioli miei, che io di nuovo partorisco, finché in voi non sia formato Cristo» (Gal 4,19). E anche: «Io vi ho generato in Cristo, mediante il vangelo» (1Cor 4,15), per l'eterna vita.
    È principe della pace nell'armoniosa coabitazione dello spirito e del corpo. Dice Giobbe: «Le fiere della terra», cioè gli impulsi della tua carne, « saranno in pace con te; e constaterai che anche la tua tenda gode della pace» (Gb 5,23-24). E anche: «Sepolto», cioè nascosto al mondo per mezzo della contemplazione, «dormirai sicuro. Riposerai e non ci sarà chi ti spaventi» (Gb 11,18-19).
 Si degni di concederci tutto questo, colui che è benedetto nei secoli. Amen.

mercoledì 28 dicembre 2016

La Vergine dei Gigli, di William-Adolphe Bouguereau


William-Adolphe Bouguereau (1825-1905), su cui torneremo in seguito, 
è stato un pittore peculiare che ha impostato la sua carriera con coraggio in direzione completamente opposta a quella del suo tempo: 
recupero dell'armonia, della figura, del simbolo,
in un periodo in cui vigeva la distruzione dell'immagine, dei concetti del bello e vero, di annullamento della prospettiva classica e del figurativo.

In questo (splendido) dipinto del 1899 ha voluto suggerire più concetti.
Maria Vergine non guarda lo spettatore, ha un atteggiamento di modestia e quasi di annullamento di sè, ed è vestita di nero; "espone" Gesù Bambino, Lo mostra e quasi Lo offre in dono all'umanità. 

In Gesù sia va riconosciuta una postura benedicente, 
sia l'apertura delle braccia (e la posizione dei piedi) anticipa il Sacrificio della Crocefissione.

I gigli bianchi rimandano fin dai tempi della Grecia classica all'idea di maternità, e nell'evo cristiano
divengono segno sia di purezza, sia della Vergine Maria, sia dell'Annunciazione.

sabato 24 dicembre 2016

Quando è veramente Natale?


Un post veloce e apparentemente controcorrente.
Abbiamo postato vari pezzi istruttivi e sapienziali.
Abbiamo messo in evidenza passaggi liturgici.


Ma veniamo alla singola persona, alla dimensione individuale.

Quando è veramente Natale?

Siamo persone  con la vocazione di generare il Cristo nel silenzio dei nostri cuori,  proprio come fece Maria per Suo Figlio. (Cfr. 2 Pietro 1,19)

Quando in fondo al nostro cuore nasce Gesù Cristo,
quando Gli facciamo davvero spazio,
quel giorno per noi è realmente Natale, Pasqua e anche Pentecoste.

Non solo una celebrazione di ricorrenza sul calendario.

E' questa la nostra vittoria, la nostra libertà ed eternità. 
Che poi è solo una infinitesima parte della Sua.

Vigilia di Natale



24 DICEMBRE

VIGILIA DI NATALE



Finalmente - dice san Pier Damiani nel suo sermone per questo giorno - eccoci giunti dall'alto mare nel porto, dalla promessa alla ricompensa, dalla disperazione alla speranza, dal lavoro al riposo, dalla vita alla patria. Gli araldi della divina promessa si erano succeduti uno dietro l'altro; ma non portavano nulla con sé, se non il rinnovamento di quella stessa promessa. Perciò il nostro Salmista si era lasciato andare al sonno, e le ultime note della sua arpa sembravano accusare il ritardo del Signore. Tu ci hai respinti - diceva - ci hai trascurati, e hai rimandato l'arrivo del tuo Cristo (Sal 88). Quindi, passando dal lamento all'audacia, aveva esclamato con voce imperiosa: Mostrati dunque, tu che sei assiso sui Cherubini! (Sal 79). Assiso sul trono della tua potenza, circondato da squadre volanti di Angeli, non ti degnerai di abbassare gli sguardi sui figli degli uomini, vittime d'un peccato commesso da Adamo, è vero, ma permesso da te medesimo? Ricordati di quello che è la nostra natura; tu l'hai creata a tua immagine e somiglianza; e se ogni uomo vivente è vanità, lo è anche nell'essere fatto a tua immagine e somiglianza. Abbassa dunque i cieli e scendi: abbassa i cieli della tua misericordia sugli infelici che ti supplicano, e almeno non dimenticarci in eterno.

Isaia a sua volta, nella violenza dei suoi desideri, diceva: A causa di Sion non tacerò; a causa di Gerusalemme, non mi riposerò, finché il giusto che essa attende non si alzi finalmente nel suo splendore. Forza dunque i cieli, e scendi! Finalmente, tutti i profeti, stanchi da una troppo lunga attesa, non hanno cessato di far risuonare di volta in volta le suppliche, i lamenti e spesso anche le grida d'impazienza. Quanto a noi, li abbiamo ascoltati abbastanza; abbiamo ripetuto per abbastanza tempo le loro parole. Si ritirino ora; non c'e più gioia e consolazione per noi, fino a quando il Salvatore, onorandoci di baciare la sua bocca, non ci dica egli stesso: Siete esauditi.

Ma che cosa abbiamo sentito? Santificatevi, figli d'Israele, e siate pronti: perché domani scenderà il Signore. Il resto di questo giorno e appena la metà della notte ci separano ancora da quel glorioso incontro, ci nascondono ancora il Bambino divino e la sua meravigliosa nascita. Correte, o brevi ore; compite rapidamente il vostro corso, perché possiamo presto vedere il Figlio di Dio nella sua culla e rendere i nostri omaggi a questa Natività che salva il mondo. Penso o Fratelli, che siate dei veri figli d'Israele, purificati da tutte le brutture della carne e dello spirito, pronti per i misteri di domani e pieni di sollecitudine a testimoniare la vostra devozione. È almeno quanto io posso giudicare, secondo il modo in cui avete trascorso i giorni consacrati ad aspettare la venuta del Figlio di Dio. Ma se tuttavia qualche goccia del fiume della mortalità ha toccato il vostro cuore, affrettatevi oggi a tergerla, e a coprirla con il bianco velo della Confessione. Io posso promettervelo dalla misericordia del Bambino che sta per nascere, per colui che confesserà i propri peccati con pentimento, la luce del mondo nascerà in lui; le tenebre ingannevoli svaniranno, e gli sarà dato il vero splendore. Perché come potrà essere rifiutata agli infelici la misericordia, nella notte stessa in cui nasce il Signore misericordioso? Scacciate dunque l'orgoglio dai vostri sguardi, la temerità dalla vostra lingua, la crudeltà dalle vostre mani, la voluttà dai vostri reni; ritraete i piedi dalle strade tortuose e quindi venite e giudicate il Signore se, in questa notte, non forza i cieli, se non scende fino a voi, se non getta in fondo al mare tutti i vostri peccati". Questo giorno santo è, infatti, un giorno di grazia e di speranza, e dobbiamo passarlo in una pia e religiosa letizia. La Chiesa, derogando a tutte le usanze abituali, vuole che se la Vigilia di Natale viene a cadere di Domenica, l'Ufficio e la Messa della Vigilia prevalgano sull'Ufficio e sulla Messa della quarta Domenica di Avvento: tanto queste ultime ore che precedono immediatamente la Natività le sembrano solenni! Nelle altre Feste, per quanto importanti possano essere, la solennità non comincia che ai primi Vespri; fino ad allora la Chiesa si tiene nel silenzio, e celebra i divini Uffici e il Sacrificio secondo il rito quaresimale. Oggi, al contrario, fin dallo spuntare del giorno, all'Ufficio delle Laudi, sembra già cominciare la grande Festa. L'intonazione solenne di questo Ufficio del mattino annuncia il rito Doppio; e le Antifone sono cantate prima e dopo ciascun Salmo o Cantico. Alla Messa, si usa ancora il color; viola, ma non si flettono le ginocchia come nelle altre Ferie dell'Avvento; e non vi è più che una sola Colletta, invece delle tre che caratterizzano una messa meno solenne.

Entriamo nello spirito della santa Chiesa, e prepariamoci, con tutta la gioia dei nostri cuori, ad andare incontro al Salvatore che viene a noi. Osserviamo fedelmente il digiuno che deve alleggerire i nostri corpi e facilitarci il cammino; e fin dal mattino pensiamo che non sentiremo più riposo finché non avremo visto nascere, nella ora santa, Colui che viene ad illuminare ogni creatura; perché è un dovere per ogni figlio fedele della Chiesa Cattolica, celebrare con essa questa felice Notte durante la quale, nonostante il raffreddamento della pietà, l'universo intero veglia ancora all'arrivo del suo Salvatore: ultime vestigia della pietà degli antichi giorni che si cancellerebbero solo per terribile sventura della terra.

Percorriamo nello spirito di preghiera le principali parti dell'Ufficio di questa Vigilia. Innanzitutto, la santa Chiesa comincia con un grido di avvertimento che serve di Invitatorio al Mattutino, d'Introito e di Graduale alla Messa. Sono le parole di Mosè che annuncia al popolo la Manna celeste che Dio manderà l'indomani. Anche noi aspettiamo la nostra Manna, Gesù Cristo, Pane di vita, che nascerà in Betlemme, la Casa del Pane.


INVITATORIO

Sappiate oggi che il Signore verrà; e fin dal mattino vedrete la sua gloria.

I Responsori sono pieni di maestà e di dolcezza. Niente di più lirico o di più commovente della loro melodia, in questa notte che precede la notte in cui viene il Signore in persona.


R/. Santificatevi oggi, e siate pronti: perché domani verrà * la Maestà di Dio in mezzo a voi. V/. Sappiate oggi che il Signore sta per venire; e domani vedrete * la Maestà di Dio in mezzo a voi.


R/. Siate costanti; vedrete venire su di voi l'aiuto del Signore. O Giudea e Gerusalemme, non temete! * Domani sarete liberate, e il Signore sarà con voi. V/. Santificatevi, figli d'Israele, e siate pronti. * Domani sarete liberati, e il Signore sarà con voi.

R/. Santificatevi, figli d'Israele, dice il Signore; perché domani il Signore scenderà. * Ed egli toglierà da voi ogni languore. V/. Domani, l'iniquità della terra sarà cancellata; e il Signore del mondo regnerà su di noi. * E toglierà da voi ogni languore.


A Prima, nei Capitoli e nei Monasteri, si da in questo giorno l'annuncio della festa di Natale, con una solennità straordinaria. Il Lettore che è una delle dignità del Coro, canta su un tono pieno di magnificenza la seguente lezione del Martirologio, che gli assistenti ascoltano in piedi, fino al momento in cui la voce del Lettore fa risuonare il nome di Betlemme. A questo nome, tutti si inginocchiano, fino a che la grande notizia sia stata completamente annunciata.


OTTAVO GIORNO PRIMA DELLE CALENDE DI GENNAIO

L'anno della creazione del mondo, quando Dio all'inizio creò il cielo e la terra, cinquemilacentonavantanove: dal diluvio l'anno duemilanovecentocinquantasette: dalla nascita d'Abramo l'anno mille e quindici: da Mosè e dall'uscita del popolo d'Israele dall'Egitto l'anno millecinquecentodieci: dall'unzione del re Davide l'anno mille e trentadue: nella sessantacinquesima Settimana, secondo la profezia di Daniele: nella centonovantaquattresima Olimpiade: dalla fondazione di Roma l'anno settecentocinquantadue: da Ottaviano Augusto l'anno quarantaduesimo: tutto l'universo essendo in pace: alla sesta età del mondo: Gesù Cristo, Dio eterno e Figlio dell'eterno Padre, volendo consacrare questo mondo con la sua misericordiosissima Venuta, essendo stato concepito di Spirito Santo, ed essendo passati nove mesi dalla concezione, nasce, fatto uomo, dalla Vergine Maria; in Betlemme di Giuda: LA NATIVITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO SECONDO LA CARNE!

Così tutte le generazioni sono comparse successivamente davanti a noi [1]. Interrogate se avessero visto passare Colui che noi aspettiamo, hanno taciuto, fino a quando, essendosi fatto sentire il nome di Maria, è stata proclamata la Natività di Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo. "Una voce d'allegrezza è risuonata sulla terra nostra - dice a questo proposito san Bernardo nel suo primo sermone sulla Vigilia di Natale - una voce di trionfo e di salvezza sotto le tende dei peccatori. Abbiamo sentito una parola buona, una parola di consolazione, un discorso pieno di bellezza, degno d'essere raccolto con la maggiore sollecitudine. O monti, fate risuonare la lode; battete le mani, alberi delle foreste, davanti al volto del Signore; perché eccolo che viene. O cieli, ascoltate; o terra, presta l'orecchio; creature, state nello stupore e nella lode; ma soprattutto tu o uomo! GESÙ CRISTO FIGLIO DI DIO, NASCE IN BETLEMME DI GIUDA! Quale cuore, fosse anche di pietra, quale anima non si scioglie a queste parole? Quale più dolce annunzio? Quale più gradito avvertimento? Si è mai sentito nulla di simile. Ha mai ricevuto il mondo un simile dono? GESÙ CRISTO FIGLIO DI DIO, NASCE IN BETLEMME DI GIUDA! O brevi parole che ci annunciano il Verbo nel suo abbassamento! Ma di quale soavità non sono ripiene! L'attrattiva di questa dolcezza di miele ci porta a cercare degli sviluppi a queste parole; ma mancano i termini. Tale è infatti la grazia di questo discorso, che se provassi a cambiarne un solo iota, ne diminuirei il sapore: GESÙ CRISTO FIGLIO DI DIO, NASCE IN BETLEMME DI GIUDA!".

MESSA

Nell'Epistola, l'Apostolo san Paolo, rivolgendosi ai Romani, annuncia loro la dignità e la santità del Vangelo, cioè di quella buona novella che gli Angeli faranno risonare nella notte che si avvicina. Ora, l'argomento di questo Vangelo è il Figlio che è nato a Dio dalla stirpe di Davide secondo la carne, e che viene per essere nella Chiesa il principio della grazia e dell'apostolato, mediante i quali egli fa in modo che dopo tanti secoli noi siamo ancora associati al gaudio di sì grande Mistero.

EPISTOLA (Rm 1,1-6). - Paolo servo di Gesù Cristo, chiamato apostolo, segregato pel Vangelo di Dio, Vangelo che Dio aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture, intorno al suo Figliolo (fatto a lui dal seme di David, secondo la carne, predestinato Figliolo di Dio per propria virtù, secondo lo spirito di santificazione, per la risurrezione da morte), Gesù Cristo Signor nostro, per cui abbiamo ricevuto la grazia e l'apostolato, per trarre in suo nome all'obbedienza della fede tutte le genti, tra le quali siete anche voi chiamati (ad essere) di Gesù Cristo.

Il Vangelo della Messa riporta il passo nel quale san Matteo narra le inquietudini di san Giuseppe e la visione dell'Angelo. Era giusto che tale storia, uno dei preludi della Nascita del Salvatore, non fosse omessa nella Liturgia; e fin qui non si era ancora presentata l'occasione di porvela. D'altra parte, questa lettura conviene anche alla Vigilia di Natale, a motivo delle parole dell'Angelo, il quale indica il nome di Gesù come quello che deve essere dato al Figlio della Vergine, e il quale annuncia che questo figlio meraviglioso salverà il suo popolo dal peccato.

VANGELO (Mt 1,18-21). - Essendo Maria, la madre di lui, sposata a Giuseppe, avanti che convivessero si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, essendo giusto e non volendo esporla all'infamia, pensò di rimandarla occultamente. Mentre egli stava sopra pensiero per queste cose, ecco un angelo del Signore gli apparve in sogno dicendo: Giuseppe, figlio di David, non temere di prendere teco Maria, la tua consorte, perché ciò che è nato in lei è dallo Spirito Santo. Partorirà un figlio cui porrai nome Gesù, poiché sarà lui che salverà il popolo suo dai peccati.

[1] La Chiesa, in questo solo giorno e in questa sola circostanza, adotta la Cronologia dei Settanta, che colloca la nascita del Salvatore dopo l'anno cinquemila, mentre la Volgata non da che quattromila anni fino a tale evento: in questo essa concorda con il testo ebraico. Non è qui il caso di spiegare tale divergenza di cronologia; basta riconoscere il fatto come una prova della libertà che ci è lasciata dalla Chiesa su questa materia

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 88-92

giovedì 22 dicembre 2016

Adeste Fideles






« Adeste fideles læti triumphantes,
venite, venite in Bethlehem.
Natum videte Regem angelorum.
Venite adoremus
Venite adoremus
Venite adoremus Dominum.

En grege relicto humiles ad cunas,
vocati pastores adproperant,
et nos ovanti gradu festinemus.
Venite adoremus,
Venite adoremus,
Venite adoremus Dominum.

Æterni Parentis splendorem æternum,
velatum sub carne videbimus,
Deum infantem pannis involutum.
Venite adoremus,
Venite adoremus,
Venite adoremus Dominum.

Pro nobis egenum et fœno cubantem
piis foveamus amplexibus;
sic nos amantem quis non redamaret?
Venite adoremus,
Venite adoremus,
Venite adoremus Dominum. »


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Regem venturum Dominum, venite adoremus.


Jucundare, filia Sion, et exulta satis filia Jerusalem.
Ecce Dominus veniet, et erit in die illa lux magna, et stillabunt montes dulcedinem, Et colles fluent lac et mel; quia veniet Propheta magnus, et ipse renovabit Jerusalem.


Regem venturum Dominum, venite adoremus.


Ecce veniet Deus et Homo de domo David sedere in throno,
Et videbitis, et gaudebit cor vestrum.

Regem venturum Dominum, venite adoremus.

Ecce veniet Dominus, protector noster, Sanctus Israél,
Coronam regni habens in capite suo:
Et dominabitur a mari usque ad mare, et a flumine usque ad terminos orbis terrarum.

Regem venturum Dominum, venite adoremus.

Ecce apparebit Dominus, et non mentietur:
Si moram fecerit, expecta eum,
Quia veniet et non tardabit.

Regem venturum Dominum, venite adoremus.

Descendet Dominus sicut pluvia in vellus, orietur in diebus ejus justitia et adundantia pacis,
Et adorabunt eum omnes reges terrae, omnes gentes servient ei.

Regem venturum Dominum, venite adoremus.

Nascetur nobis parvulus, et vocabitur Deus fortis:
Ipse sedebit super thronum David patris sui, et imperabit;
Cujus potestas super humerum ejus.

Regem venturum Dominum, venite adoremus.

Bethlehem, Civitas Dei summi ex te exiet Dominator Israél;
Et egressus ejus sicut a principio dierum aeternitatis, et magnificabitur in medio universae terrae,
Et pax erit in terra nostra dum venerit.

Regem venturum Dominum, venite adoremus.

Alla vigilia di Natale si aggiunge:

Crastina die delebitur iniquitas terrae, et regnabit super nos Salvator mundi.

Prope est jam Dominus. Venite, adoremus.

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Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Gioisci, figlia di Sion, esulta figlia di Gerusalemme,
Ecco il Signore viene e in quel giorno vi sarà una grande luce, e i monti stilleranno dolcezza
E dai colli fluirà latte e miele; poiché viene il grande Profeta, ed egli rinnoverà Gerusalemme.

Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Ecco viene Il Signore, Dio e Uomo della casa di Davide, e siederà sul trono,
E vedendolo sarete pieni di gaudio nel vostro cuore.

Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Ecco viene il Signore, protettore nostro, Santo d’Israele,
Ha sul suo capo la corona del regno:
E dominerà da mare a mare, e dal fiume fino ai confini della terra.

Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Ecco apparirà il Signore, e non mentirà,
Se sembra che tardi, aspettátelo,
Perché verrà e non tarderà.

Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Discende il Signore come la pioggia sul vello,
Appariranno in quei giorni giustizia e abbondanza di pace,
E lo adoreranno tutti i re della terra, tutte le genti lo serviranno.

Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Nascerà per noi un bambino, e sarà chiamato Dio forte,
Siederà sul trono di Davide suo padre e impererà;
Il segno del suo potere sarà sulle sue spalle.

Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Betlemme, città del Dio Altissimo, da te uscirà il Dominatore di Israele;
E la sua venuta è dall’inizio dell’eternità, e sarà magnificata in tutto l’universo,
E venendo sarà pace sulla nostra terra.

Il Re che sta per venire è il Signore, venite adoriamo.

Alla vigilia di Natale si aggiunge:

Domani verrà cancellata l’inquità della terra, e regnerà su noi il Salvatore del mondo.

Il Signore è vicino, venite adoriamo.

Da "Filotea" di S. Francesco di Sales

Mentre il mondo pare precipitare ogni giorno di più in vortici d'odio e assurdità,
in questi giorni voglio solo ricordare alcune cose.

Che Dio vuole che tutti gli uomini giungano alla conoscenza della Verità (del Vangelo) e che siano salvati nel Nome di Gesù. 
Ovviamente...molti saranno i chiamati....

Che con l'Incarnazione, che festeggiamo nel Natale, Dio s'incarna in Cristo,
ma in questo modo ci vuole anche raggiungere nella nostra dimensione, nella nostra storia personale, nella nostra condizione.
Non si può più dire: ma chi è, dov'è, com'è questo Dio, quale sarà il Suo Volto,
perchè tiene la Sua mano lontano da me?
dopo che ha assunto la nostra stessa carne, partecipe della nostra condizione (tranne quella del peccato) e del nostro quotidiano.....


Contro quello che è ormai uno scenario d'odio costante contro il cristianesimo, portato avanti da laicisti, massoni, islamisti, e falsi ecclesiastici,
allego un importante passaggio da "Filotea" di S. Francesco di Sales sulla vera amicizia secondo il mondo cristiano.  (che aveva proposto pochi giorni fa la cara amica Maria Guarini)

E' anche quello di seguito il mondo dei valori dello spirito che i liquidatori vogliono distruggere.......
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"Ama tutti, Filotea, con un grande amore di carità, ma lègati con un rapporto di amicizia soltanto con coloro che possono operare con te uno scambio di cose virtuose. Più le virtù saranno valide, più l'amicizia sarà perfetta.
Se lo scambio avviene nel campo delle scienze, la tua amicizia sarà, senza dubbio, molto lodevole; più ancora se il campo sarà quello delle virtù, come la prudenza, la discrezione, la fortezza, la giustizia.
Ma se questo scambio avverrà nel campo della carità, della devozione, della perfezione cristiana, allora sì, che si tratterà di un'amicizia perfetta. Sarà ottima perché viene da Dio, ottima perché tende a Dio, ottima perché il suo legame è Dio, ottima perché sarà eterna in Dio.

Ѐ bello poter amare sulla terra come si ama in cielo, e imparare a volersi bene in questo mondo come faremo eternamente nell'altro. Non parlo qui del semplice amore di carità, perché quello dobbiamo averlo per tutti gli uomini; parlo dell'amicizia spirituale, nell'ambito della quale, due, tre o più persone si scambiano la devozione, gli affetti spirituali e diventano realmente un solo spirito. A ragione quelle anime felici possono cantare: Com'è bello e piacevole per i fratelli abitare insieme. Ed è vero, perché il delizioso balsamo della devozione si effonde da un cuore all'altro con una comunicazione ininterrotta, di modo che si può veramente dire che Dio ha effuso la sua benedizione e la sua vita su simile amicizia per i secoli dei secoli.
Mi sembra che tutte le altre amicizie siano soltanto fantasmi a confronto di questa e i loro legami anelli di vetro e di giaietto, a confronto del legame della devozione che è tutta di oro fino.
Non stringere amicizie di altro genere; intendo dire quelle che dipendono da te. Non devi lasciar cadere, né disprezzare quelle che la natura e i doveri precedenti ti obbligano a intrattenere: quali quelle con i parenti, i soci, i benefattori, i vicini e altri; ripeto, mi riferisco a quelle che tu scegli liberamente di persona.
Può darsi che qualcuno ti dica che non bisogna avere alcun genere di particolare affetto o amicizia, perché ciò ingombra il cuore, distrae lo spirito, dà luogo ad invidie; ma si sbagliano. Negli scritti di molti santi e devoti autori, hanno letto che le amicizie particolari e gli affetti fuori dell'ordine sono molto dannosi per i religiosi; pensano che la regola valga per tutti, ma su questo ci sarebbe molto da dire.
Premesso che in un monastero ben ordinato, il progetto comune è di tendere tutti insieme alla vera devozione, è evidente che non sono necessari questi scambi particolari, per timore che, mentre si cerca in particolare ciò che è comune, non si passi dalle particolarità alle parzialità. Ma per coloro che vivono tra la gente del mondo e abbracciano la vera virtù, è indispensabile stringere un'alleanza reciproca con una santa amicizia; infatti appoggiandosi ad essa, ci si fa coraggio, ci si aiuta, ci si sostiene nel cammino verso il bene.
Coloro che camminano in piano non hanno bisogno di prendersi per mano, ma coloro che si trovano in un cammino scabroso e scivoloso si sostengono l'un l'altro per camminare con maggiore sicurezza. I religiosi non hanno bisogno di amicizie particolari, ma coloro che vivono nel mondo, sì, per darsi reciprocamente sicurezza e aiuto in tutti i passaggi pericolosi che devono affrontare. Nel mondo, non tutti tendono allo stesso fine, non tutti hanno lo stesso spirito; bisogna dunque riflettere e stringere amicizie secondo i nostri programmi; questa particolarità crea veramente una parzialità, ma è una santa parzialità che non crea divisioni se non quella del bene dal male, delle pecore dalle capre, delle api dai fuchi, che sono separazioni necessarie.
Ѐ fuor di dubbio, e nessuno si sogna di negarlo, che Nostro Signore nutrisse un'amicizia più tenera e personale per Giovanni, Lazzaro, Marta, Maddalena; lo dice la Scrittura. Sappiamo che S. Pietro aveva una predilezione per Marco e per Santa Petronilla; S. Paolo per S. Timoteo e S. Tecla. S. Gregorio di Nazianzo si gloria cento volte dell'amicizia che aveva per S. Basilio e così la descrive: " Si aveva l'impressione che in noi due ci fosse una sola anima con due corpi. Ѐ vero che non bisogna prestare fede a coloro che dicono che tutto è in tutto; tuttavia è vero che tutti e due eravamo in ciascuno e ciascuno nell'altro; coltivare la virtù e ordinare i programmi della nostra vita alle speranze future; questo era il modo di uscire da questa terra mortale, prima di morire ".
S. Agostino dice che S. Ambrogio voleva molto bene a S. Monica, per le rare virtù che ammirava in lei, ed ella gli voleva bene come a un angelo di Dio.
Ma ho torto a farti perdere tempo per una cosa così chiara. S. Girolamo, S. Agostino, S. Gregorio, S. Bernardo e tutti i più grandi Servi di Dio hanno avuto amicizie personali senza pregiudizio per la loro perfezione. S. Paolo, rimproverando ai Gentili il disordine morale della vita, li accusa di essere gente senza affetto, ossia gente incapace di amicizia. S. Tommaso, come del resto tutti i buoni filosofi, dice che l'amicizia è una virtù: certamente parla dell'amicizia personale perché, dice, la vera amicizia non può essere estesa a molte persone.
La perfezione dunque, non consiste nel non avere amicizie, ma nell'averne una buona, santa e bella."

(San Francesco di Sales, Filotea)


mercoledì 21 dicembre 2016

I giustificazionisti cattolici che non difendono il Natale

Prelevo da "Il Giornale" questo eloquente pezzo di Camillo Langone

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Galantino: "Il linguaggio aggressivo incattivisce tutti". 
Cei capofila di chi è comprensivo verso i terroristi

Non mi suscitano particolare rabbia i terroristi islamici: fanno il loro sporco mestiere, che è precisamente quello di realizzare il Corano e in particolare la Sura del Bottino e la Sura della Conversione, i capitoli in cui si esortano i maomettani devoti a uccidere gli infedeli «dovunque li troviate» (non si parla di camion solo perché nel settimo secolo i camion non erano ancora stati inventati e bisognava accontentarsi della tradizionale spada dei predoni arabi).
Costoro sono il nemico e contro il nemico la rabbia non serve: servono freddezza e determinazione. 


Mi suscitano particolare rabbia i giustificazionisti cattolici, quelli che i terroristi sono colpevoli ma non del tutto perché in fondo li abbiamo provocati noi. Penso a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, ossia del giornale dei vescovi, non del bollettino dell'ultima parrocchia, che trova un cervellotico nesso tra strage di Berlino e strage di Aleppo e dà la colpa del sangue versato a «cinici giochi di potere»: dunque agli Usa? Alla Nato? All'Unione Europea? All'Occidente tutto? Pur di non dire che la colpa è dell'islam, il quotidiano clericale si esercita nell'arrampicata sugli specchi. Il campione della redazione è l'inviato Giorgio Ferrari che, molto retoricamente, si domanda se i morti del mercato di Natale non siano dovuti alla «stretta impressa sull'immigrazione, giro di vite ad uso dell'elettorato». Insomma, la colpa è dei populisti, forse di Salvini. Avvenire è edito dalla Cei, la Conferenza episcopale italiana, e segretario generale della Cei è monsignor Galantino che però per la sua arrampicata giustificazionista sceglie le pagine del Corriere: «La volgarità e l'aggressività del linguaggio alimentano un clima che incattivisce le persone». Chi ha orecchie per intendere intenda: il musulmano killer ha lanciato il camion contro le bancarelle dopo aver letto un tweet di Marine Le Pen o di Magdi Allam. Ma il vescovo continua, chi lo ferma più: oltre che con i maledetti populisti ce l'ha con gli sporchi capitalisti che si arricchiscono grazie alle guerre, con gli speculatori, con i mercanti d'armi. Perfetta illustrazione dell'intervista sarebbe stata una di quelle opere espressioniste tedesche, tipo George Grosz oppure Otto Dix, in cui si vedono ricchi borghesi mandare al fronte poveri soldati per continuare a bere champagne in mezzo a donnine discinte. Non c'è niente da fare, l'immaginario del clero pauperista è fermo al primo Novecento. Difficile ragionare con chi incolpa i produttori di armi quando la strage è stata compiuta per mezzo di un camion, dettaglio che ricordo a bassa voce altrimenti Galantino comincia a prendersela coi produttori di veicoli industriali. Ancora non risultano dichiarazioni di don Sante Braggiè, il cappellano del cimitero di Cremona che nelle settimane scorse si era rifiutato di allestire il presepe perché irrispettoso verso i non cristiani, ma la sua logica parla per lui: nei mercati natalizi berlinesi di presepi ce ne sono diversi e allora lo stragista va capito, si è sentito sfidato, anzi bisogna ringraziarlo per non aver lanciato il suo tir in San Gregorio Armeno, la via del presepe napoletano, pullulante di botteghe offensive. In un tempo ormai remoto i giudici concedevano attenuanti agli stupratori: la ragazza civettava, passeggiava in minigonna... Adesso gli uomini di Chiesa concedono attenuanti agli stupratori del Natale: gli europei provocano...

Berlino, l'immagine

Chiedo scusa se torno sul tema, ma credo che questa foto, che immortala ciò che è scampato ai bombardamenti della seconda guerra mondiale della Gedachtniskirche (Chiesa del Ricordo) che si staglia come muta testimone in una bolgia di asettica post modernità davanti al tir che ha fatto scempio di vite umane e del Natale cristiano, sia tutto quanto si possa e debba dire in merito alla faccenda. 
Passo e chiudo.


martedì 20 dicembre 2016

Ricordi di Natale da una casa cristiana


















Strage di Natale a Berlino

Il nostro blog si è sforzato di non restare troppo sulla cronaca, per continuare a contemplare quell'Iddio che non passa, e i Suoi statuti eterni, fuori dalle consuete polemiche.

Ma certe cose non si possono tacere.
Il Tir si è lanciato a fari spenti contro il mercatino di Natale zeppo di gente antistante la Chiesa.

12 morti e 48 feriti.

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da "Il Giornale":

Berlino, il racconto dei superstiti: "Guidava a fari spenti"

Il racconto dei sopravvissuti alla strage di Berlino: "Chi guidava il tir procedeva a fari spenti per fare il maggior numero di vittime possibile." Le analogie con Nizza

Ha guidato a luci spente per fare il maggior numero di vittime possibile: così l'attentatore di Berlino ha cercato di rendere ancora più drammatico il bilancio dell'attentato che ieri sera ha sconvolto la capitale tedesca.





Come a Nizza Mohamed Lahouaiej-Bouhlel aveva lanciato il tir a zig-zag per falciare la folla ammassata sulla Promenade des Anglais per assistere ai fuochi d'artificio del 14 luglio, così l'autista del camion nero Scania che ieri sera ha schiacciato i berlinesi e i turisti intenti a fare le ultime compere prima di Natale ha cercato di uccidere il maggior numero di passanti possibile.

Agghiaccianti i racconti dei superstiti: "Il camion arrivava ad alta velocità dalla Kantstrasse e si dirigeva senza badare a niente verso la piazza - racconta un abitante della zona al Berliner Morgenpost, che ha i propri uffici proprio sopra il luogo della strage - Doveva esserci una vera e propria intenzione di fare male perché il mezzo non aveva i fari accesi. Poi ho solo sentito il forte schianto e le urla isteriche che arrivavano da ogni parte".

In queste ore si è scoperto che il mezzo era stato caricato d'acciaio, partito dall'Italia e quindi rubato nel corso del viaggio verso il nord Europa.

domenica 18 dicembre 2016

Quarta Domenica d'Avvento - dom Prosper Guéranger


QUARTA DOMENICA DI AVVENTO 

(Se questa Domenica cade il 24 dicembre, si omette in tale anno, e si recita l'ufficio della Vigilia di Natale, come appresso)


Eccoci entrati nella Settimana che precede immediatamente la Nascita del Messia: fra sette giorni al più tardi, egli verrà; e secondo la lunghezza del tempo dell'Avvento, la quale varia ogni anno, può accadere che la venuta tanto desiderata abbia luogo fra sei giorni, fra tre giorni o anche domani. La Chiesa conta le ore di attesa; veglia giorno e notte, e i suoi Uffici hanno preso una solennità insolita dal 17 dicembre. Alle Laudi, essa varia ogni giorno le Antifone; ai Vespri, esprime con tenerezza e maestà i suoi desideri di Sposa con brucianti esclamazioni verso il Messia, nelle quali gli da per ciascun giorno un titolo magnifico attinto dal linguaggio dei Profeti.
Oggi [1] essa da gli ultimi tocchi per commuovere i suoi figli. Li trasporta nella solitudine e mostra loro Giovanni Battista, sulla cui missione li ha già istruiti nella terza Domenica. La voce di quell'austero Precursore risuona nel deserto e si fa sentire fin nelle città, predicando la penitenza, la necessità di purificarsi nell'attesa di colui che sta per apparire. Ritiriamoci in disparte durante questi giorni; o se non possiamo farlo a causa delle nostre occupazioni esteriori, ritiriamoci nel segreto del nostro cuore e confessiamo la nostra iniquità, come quei veri Israeliti che venivano, pieni di compunzione e di fede nel Messia, a completare ai piedi di Giovanni Battista l'opera di preparazione per riceverlo degnamente quando fosse apparso.
Ora, ecco la santa Chiesa che, prima di aprire il libro del Profeta, ci dice all'ordinario, ma con solennità sempre maggiore:

Lettura del Profeta Isaia
Liberazione e trionfo d'Israele.
Gioiranno il deserto e il sabbione, 
esulterà la steppa e sarà florida;
qual narciso in fiore fiorirà 
ed esulterà con tripudio e con giubilo.
Le è conferita la gloria del Libano, 
la magnificenza del Carmelo e del Saron.
Questi vedranno la gloria del Signore, 
la magnificenza del nostro Dio.
Rafforzate le mani infiacchite  
e le ginocchia cascanti rinfrancate.
Dite agli smarriti di cuore: "Fatevi animo,  
non temete; ecco il vostro Dio,
apporta la vendetta, la divina ricompensa;  
Egli stesso ve l'apporta, e così vi salva”.
Allora si apriranno gli occhi ai ciechi,  
e si schiuderanno le orecchie al sordi.
Via sacra aperta agli scampati dall'esilio.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,  
e si scioglierà al canto la lingua del muto,
perché sgorga l'acqua nel deserto,  
e i rivi corrono per la steppa;
si cambierà il sabbione in acquitrino,  
e il suolo arido in vene d'acqua;
dov'era un covile di draghi  
sarà un recinto per greggi e cammelli.
Ci sarà ivi un sentiero battuto,  
che verrà chiamato "la via sacra";
non ci passerà persona immonda;  
esso è scorta al cammino,  
e sin gl'insensati non si smarriranno.
Non sarà quivi alcun leone  
e nessun brigante vi monterà;
non vi s'incontrerà bestia feroce,  
la percorreranno i riscattati.
Torneranno i redenti dal Signore  
e giungeranno a Sion con giubilo,  
di perpetua letizia coronati;
allegrezza e letizia li inonderanno, 
e fuggiranno mestizia e gemito [2].
(Is 35,1-10)

Sarà dunque veramente grande, o Gesù, la gioia della tua venuta, se deve risplendere per sempre sulla nostra fronte come una corona! Ma come potrebbe non essere così? Il deserto stesso, al tuo avvicinarsi, fiorisce come un giglio, e acque vive sgorgano dal seno della terra più riarsa. O Salvatore, vieni presto a darci quest'Acqua di cui il tuo Cuore è la fonte, e che la Samaritana, la quale è l'immagine di noi peccatori, ti chiedeva con tanta insistenza. Quest'Acqua è la tua grazia; irrori dunque essa la nostra aridità, e fioriremo anche noi; spenga la nostra sete, e correremo anche noi i sentieri dei tuoi precetti e dei tuoi esempi, o Gesù, con fedeltà, sui tuoi passi. Tu sei la nostra Via e il nostro sentiero verso Dio; e Dio sei tu stesso: tu sei dunque anche il termine del nostro cammino. Noi avevamo perduta la via, ci eravamo sbandati come pecore erranti. Quanto e grande il tuo amore per venire così vicino a noi! Per insegnarci la via del ciclo, tu non sdegni di discendere, e vuoi lare con noi la strada che vi conduce. No, ormai le nostre braccia non sono più stanche; le nostre ginocchia non tremano più; sappiamo che tu vieni nell'amore. Una sola cosa ci rattrista: vedere cioè che la nostra preparazione non è perfetta. Abbiamo ancora molti legami da spezzare; aiutaci, o Salvatore degli uomini! Vogliamo ascoltare la voce del tuo Precursore, e raddrizzare tutto ciò che potrebbe ostacolare i tuoi passi sul cammino del nostro cuore, o divino Bambino! Che siamo battezzati con il Battésimo d'acqua della penitenza; tu verrai quindi a battezzarci nello Spirito e nell'amore.

MESSA
EPISTOLA (1Cor 4,1-5). - Fratelli: Così ci consideri ognuno come servitori di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio. Or quel che si richiede nei dispensatori è che ciascuno sia trovato fedele. A me poi pochissimo importa di essere .giudicato da voi o da un tribunale umano, anzi neppure da me stesso mi giudico; perché sebbene io non mi senta colpevole di cosa alcuna, non per questo sono giustificato, essendo il mio giudice il Signore. Quindi non giudicate avanti il tempo, finché non venga il Signore, il quale metterà in luce ciò che è nascosto nelle tenebre, e manifesterà i consigli dei cuori; allora ciascuno avrà da Dio la lode (che gli spetta).

La Chiesa pone nuovamente sotto gli occhi dei popoli, in questa Epistola, la dignità del Sacerdozio cristiano, in occasione dell'Ordinazione che si è celebrata la vigilia, e ricorda nello stesso tempo ai sacri Ministri l'obbligo che hanno contratto di mostrarsi fedeli nell'ufficio che e stato loro imposto. Del resto, non spetta alle pecore giudicare il pastore: tutti, sacerdoti e popolo, debbono vivere nell'attesa del giorno della venuta del Salvatore, di quell'ultima venuta il cui spavento sarà tanto grande quanto è attraente la dolcezza della prima e della seconda alla quale prepariamo le nostre anime.

VANGELO (Lc 3,1-6). - L'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, essendo, governatore .della Giudea Ponzio Pilato, tetrarca di Galilea Erode, tetrarca dell'Iturea e della Traconitide Filippo suo fratello, e tetrarca di Abilene Lisania, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio fu diretta a Gióvainni figlio di Zaccaria nel deserto. Ed egli andò per tutta la regione del Giordano, predicando il battesimo di penitenza in remissione dei peccati: come sta scritto nel libro dei sermoni del profeta Isaia: Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sarà colmata, ogni monte e colle sarà abbassato, e le vie tortuose saran fatte diritte, e le scabre appianate, ed ogni uomo vedrà la salvezza di Dio.

Tu sei vicino, o Signore, perché l'eredità del tuo popolo è passata nelle mani dei Gentili, e la terra che avevi promessa ad Abramo non e più oggi che una provincia di quel vasto impero che deve precedere il tuo. Gli oracoli dei profeti si avverano di giorno in giorno; la predizione dello stesso Giacobbe è compiuta: Lo scettro è stato tolto a Giuda. Tutto si prepara per il tuo arrivo, o Gesù! È così che tu rinnoverai la faccia della terra: degnati di rinnovare anche il mio cuore, e sostenere il suo coraggio in queste ultime ore che precedono la tua venuta. Esso sente il bisogno di ritirarsi nel deserto, d'implorare il battesimo della penitenza, di raddrizzare le sue vie: fa' tutto questo in esso, o divin Salvatore, affinché il giorno in cui discenderai il suo gaudio sia pieno e perfetto.

PREGHIAMO
Risveglia, Signore, la tua potenza e vieni a soccorrerci con la forza della tua grazia, affinché la tua bontà ci dia più presto quegli aiuti che i nostri peccati fanno ritardare.


[1] La quarta Domenica di Avvento è chiamata Rorate dalle prime parole dell'Introito; ma per lo più la si denomina Canite tuba, che sono le parole con cui inizia il primo Responsorio del Mattutino, e la prima Antifona delle Laudi e dei Vespri.
[2] "Le grandiose promesse di questo capitolo hanno ricevuto un parziale compimento all'epoca del ritorno dall'esilio (VI secolo a. C.) e del ristabilimento politico d'Israele. Ma il pensiero del profeta si eleva più in alto e giunge più lontano, la restaurazione nazionale non è che il punto di partenza e la figura della conversione del mondo al vero Dio e del regno del Messia sulla terra, particolarmente alla fine del tempi. Parecchi punti di questa descrizione sono stati realizzati alla lettera da Gesù Cristo (Mt 11,5), e avranno tutti una realizzazione più completa nella nuova creazione che sostituirà l'antica alla fine del tempi (Crampon)" Tobac, Les Prophètes, II, p. 121.


da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 75-78

mercoledì 14 dicembre 2016

Sangue cristiano d' Avvento


Avvento, tempo dell'attesa per definizione.
Anno zero. Un prima ed un dopo. Il Verbo, per dirla con le parole dell'evangelista Giovanni, si fa carne e  rinnova la creazione. Pienezza dei tempi, centro e culmine di tutta la Storia. La Luce del mondo, la Via, la Verità e la Vita, il Salvatore, il Dio con noi.
Questo hanno in animo i cristiani in questi giorni, e questo si preparano ad accogliere, per volontà e sovrabbondante amore del Padre, come da oltre duemila anni.

Domenica 11 dicembre, festa di Mawlid al Nabi, ricorrenza della nascita di Maometto.
 Egitto, il Cairo, quartiere Al Abasiya. La chiesa dei Santi Pietro e Paolo, facente parte della cattedrale copta di San Paolo e sede di Teodoro II°, centodiciottesimo patriarca di Alessandria, è colma di fedeli, uomini, donne, anziani, bambini. Cristiani in preghiera in terra islamica.
Tra loro, dodici chili di tritolo posti non a caso tra le panche riservate a donne e bambini, programmati per esplodere durante la Liturgia. La conta cui oramai siamo tutti un pò assuefatti riferisce di 25 morti, di cui 6 bambini, e 35 feriti. Sangue cristiano, ancora e ancora e ancora, in terra e per mano islamica.
L'imam Ahmed al Tayeb, dell'università al Azhar e massima autorità religiosa sunnita egiziana prontamente condanna, il presidente- generale Abdel  Fattah al Sisi lo segue a ruota e promette sicurezza, protezione & c. Molti cristiani copti, che costituiscono il 10% circa di tutta la popolazione egiziana, protestano davanti alla cattedrale e lamentano la poca tutela di cui sono fatti oggetto. Accusano direttamente al Sisi, che avevano comprensibilmente salutato ed appoggiato con favore dopo il colpo di stato del luglio 2013 che ha sortito la deposizione di Mohamed Morsi, esponente dei "Fratelli musulmani". Discrepanza tra parole e realtà in terra islamica.
La notizia della strage rimbalza in Europa e giunge in Vaticano, da dove provengono doverose e pietose preghiere per le vittime, scontata condanna per la violenza sui generis ed attestazioni di umano, umanissimo cordoglio. Ovviamente, e non mi aspettavo nulla di diverso, nessun aggettivo, nessuna indicazione caratterizzante l'esecrabile quanto non meglio definita violenza. Ipocrisia, cerchiobottismo e cinismo in terra ex cristiana.


Un'immagine della cattedrale di San Paolo dopo l'esplosione


Dicevamo: tempo di Avvento.
Il Verbo si fa carne e si chiamerà Gesù, il Cristo. L' Agnello di Dio, ucciso 33 anni dopo, morto, quasi completamente abbandonato, su una croce per riscattarci tutti, fino alla fine dei giorni. Gesù che dirà a Pietro di riporre la spada nel fodero la notte in cui suda sangue e viene arrestato, che mai ha lordato la sua santa mano con una sola goccia di sangue, innocente o colpevole che fosse, che esorta i suoi discepoli ad amare ed a pregare per i nemici.
Mawlid al Nabi.
 Maometto il mercante, divenuto il profeta, tra le tante attività, quando lo ritiene opportuno, non si esimia dal massacrare, decapitare, uccidere e fare uccidere, vendere donne e bambini come schiavi. Maometto il profeta, il guerriero, il condottiero, il conquistatore, muore in veneranda età, lasciando nove vedove.
Ecco, qui il cuore della questione. Tutto nasce ed origina da questa irriducibile distanza ed incommensurabilità, che salta agli occhi chiara ed evidente, cristallina e lapidaria, ed a prescindere dal fatto che Gesù è Dio e Maometto un uomo.

Davanti all'ennesimo sangue dei fratelli in Cristo versato per mano islamica non si può più tollerare in silenzio lo stillicidio della mistificazione, della sofisticazione e della contraffazione strumentale che vuole ogni religione avere le sue brave sacche di estremisti tutti più o meno simili, affratellati dal fondamentalismo fanatico che li rende, se non zuppa, pan bagnato. E' lo stesso incredibile quanto insostenibile filone di ragionamento secondo il quale il battezzato x che uccide la suocera è circa quasi più o meno assimilabile ad uno jihadista che, in osservanza a dettami coranici, sgozza infedeli e giustizia apostati.

Che pastore è mai quello che accusa le sue pecore già aggredite e trucidate di essere in fondo in fondo come il lupo che le vuole divorare? Quanto ancora dovremo sopportare certe abominevoli menzogne, pesanti come macigni, oscene come bestemmie che gridano giustizia e furore al cielo? Per quanto tempo ancora, Padre Nostro, ci dovremo pascere di questo frutto così amaro del nostro allontanamento da te?
 " Ecco, verranno i giorni, dice il Signore Dio, in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane nè sete di acqua, ma di ascoltare la parola del Signore" (AM 8,11).

Possiate riposare nella pace e nella gloria di Nostro Signore Gesù  Cristo, nuovi martiri d' Egitto.
Voi che li piangete, che la Santa Vergine Madre di Dio vi doni conforto e ristoro.
 Amen.