martedì 1 novembre 2016

Ognissanti

Soggetto della commemorazione sono i Santi così celebrati e riconosciuti dalla Chiesa, in veste "ufficiale", ma anche ovviamente tutti coloro che nell'anonimato o per lo meno "non famosi" al mondo hanno risposto con fede alla chiamata del Signore, facendoGli spazio nella loro vita, e che sono beati in cielo. Si tratta dunque della Festa dei Santi, coloro che hanno amato Cristo, e che hanno avuto Vita nel Suo Nome.


La Festa di Tutti i Santi o Ognissanti celebra dunque la gloria e l'onore di tutti i Santi canonizzati e non: "Festabant Omnium Sanctorum" cade il 1° Novembre, mentre il 2 si commemorano i defunti, ed è festa di precetto che prevede una veglia e un'ottava, almeno nella forma straordinaria del rito romano.

Senza Santi non vedremmo parte dell'opera di Dio, perchè la Santità e il godere in eterno la Sua Gloria alla Sua Presenza è la meta e il fine reali per cui Dio ha creato. Senza Santificazione non si vedrà il Signore alla fine.
La società presente ha perso il valore e il senso della santificazione, e di per sè appare smarrita e offuscata la luce di una vita di virtù e valore nel Suo Nome.

Vediamo queste parole di Gesù, mai meditate a sufficienza:

Giovanni 14,23

"Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui."


Ecco, è questa la promessa, che realizza già in questa vita, per chi Gli è fedele: per questo l'elemento fondamentale è una vita in Comunione e santificata, in cui si vegli, e ci si educhi continuamente.

In quel "Noi verremo", è presente sia il Padre che ha prestabilito, sia il Figlio che ha espiato, redento ed è risorto e che ci può far risorgere dal nostro passato -se Gli facciamo spazio nella nostra vita-, sia lo Spirito Santo che santifica.

Si dubita che, insieme all'eterna destinazione di salvezza e pace, esista nell'Universo qualcosa di più incommensurabile di questo, Mistero in cui gli stessi Angeli vorrebbero figgere gli occhi, perchè questo è il piano d'Amore eterno del Padre su ciascuno.

L'origine della Festa la si fa risalire al IV secolo ad Antiochia, e si trattava di una celebrazione in onore dei cristiani santi morti martiri, di solito celebrata la Domenica dopo Pentecoste, uso mantenuto dalle chiese ortodosse. Ne resta testimonianza anche nell'Omelia 64 di San Giovanni Crisostomo. E Efrem Siro la ricorda per il 13 Maggio. A dare questa collocazione nel calendario in Occidente fu papa Gregorio IV nell'835.


(nel video, Litaniae Sanctorum)
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OMELIA SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI - ANNO B - (Mt 5,1-12)
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra

di Giuseppe Siri
Le letture di questo giorno, solennità di tutti i Santi, sono entusiasmanti. La prima lettura (Ap 7,2-4.9-14) ci ha mostrato, naturalmente in traduzione simbolica, dietro alla quale sta la realtà che va all'infinito, l'assemblea dei Santi, alla quale, se siamo in Grazia di Dio, partecipiamo anche noi. La seconda, estratta dalla prima lettera di san Giovanni (3,1-3), ci ha detto l'essenza della felicità di quest'assemblea: la visione di Dio faccia a faccia. La terza lettura ci ha riportato, secondo il dettato di Matteo (5,1-12), il Discorso della Montagna, le otto Beatitudini, che sono il codice della santità e racchiudono la più alta sapienza. Ma voglio attirare la vostra attenzione su una riflessione di carattere generale. Oggi, che è in realtà per il cristiano un giorno entusiasmante, si direbbe che la divina liturgia si ferma per raccogliere tutto quello che ha ricordato nei vari giorni dell'anno, raccogliere coloro la cui memoria ha presentato al popolo cristiano per vederli tutti insieme. È come se questo lungo nastro sul quale sono incisi i capolavori di Dio si raccolga in un unico affresco. Ma l'anno trascorre, ed è su questo trascorrere che io attiro la vostra attenzione.
Quando gli Ebrei uscirono dall'Egitto miracolosamente, attraversando il Mar Rosso – lo dice il Sacro Testo –, passarono «avendo il mare come un muro a destra e a sinistra» (cf Es 14,29). Per chi sente e vive secondo Cristo accade qualche cosa di analogo, ma di più grande, sì, più grande che la traversata del Mare Rosso. Da una parte c'è questa parete che ci accompagna lungo tutti i giorni dell'anno e che ogni giorno ci presenta da ascoltare, meditare, assimilare, tradurre negli atti della vita la Parola di Dio. Ma dall'altra parte c'è l'altra parete, in cui appaiono i Santi, e sono la parete relativa all'altra, in cui non si sente più la Parola di Dio direttamente, ma se ne sente l'applicazione pratica in tutte le multiformi circostanze e difficoltà della vita, come la presentano questi uomini santi, che hanno risolto i problemi posti dalla grande prova (la prova: l'unica ragione per cui siamo nel mondo!). E così si svolge l'anno. I Santi sono la corrispondenza pratica, la documentazione diretta della Parola di Dio. Guai a vederli come se fossero un velo che copre Iddio, che detrae qualche cosa alla gloria di Dio, che deprime il suono della Sacra Parola! No! Sono la Parola ricevuta e rifratta agli occhi nostri, in quella luce che viene dall'alto e che si chiama la Grazia: i Santi sono questo. L'anno, visto a questo modo, da questo giorno di tutti i Santi, in cui in un certo senso ha la sua significazione più alta, è diverso. I Santi sono il riflesso più autentico di Colui che ci ha creato, dopo Cristo, Dio e uomo, e dopo la Vergine sua Madre, che è la capofila di tutti i Santi.
Ma dietro i Santi, e alla pari loro in un certo senso, almeno per molti, stanno coloro che, essendo mancata una designazione da parte di Dio coi miracoli operati dopo la morte, una designazione ad una missione postuma, sono passati nel silenzio, ma nella santità. E sono innumerevoli, perché è in questo giorno di tutti i Santi che si può e si deve affermare che l'Incarnazione del Verbo non è stata un fallimento, e sarebbe fallimento se una minoranza esigua del genere umano soltanto si fosse salvato; gli uomini faranno fallimento, Dio no. E pertanto i più si vedono da questa parte e accompagnano l'anno. Perché non li accettiamo compagni della nostra vita?
Fonte: Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° novembre 2012)
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Dall' OMELIA PER LA SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI (Mt 5,1-12a)
di Benedetto XVI   (1 Novembre 2006)

"...la nostra celebrazione eucaristica si è aperta con l'esortazione "Rallegriamoci tutti nel Signore". La liturgia ci invita a condividere il gaudio celeste dei santi, ad assaporarne la gioia. I santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio.
Quest'oggi la Chiesa festeggia la sua dignità di "madre dei santi, immagine della città superna" (A. Manzoni), e manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Non le mancano certo figli riottosi e addirittura ribelli, ma è nei santi che essa riconosce i suoi tratti caratteristici, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Nella prima Lettura, l'autore del libro dell'Apocalisse li descrive come "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7, 9). Questo popolo comprende i santi dell'Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell'inizio del cristianesimo e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l'impulso dell'eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo.
Ma "a che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?". Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. È domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: "I nostri santi - egli dice - non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri" (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364ss). Ecco dunque il significato dell'odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia degli amici di Dio. Essere Santo significa: vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. E questa è la vocazione di noi tutti...(...)

Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? All'interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d'animo di fronte alle difficoltà. "Se uno mi vuol servire - Egli ci ammonisce - mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12, 26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi cerca di avere la sua vita per se stesso la perde, e chi si dà, si perde, trova proprio così la vita (Cfr Gv 12, 24-25). L'esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, "sono passati attraverso la grande tribolazione - si legge nell'Apocalisse - e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (v. 14). I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20, 12); loro eterna dimora è il Paradiso. L'esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l'unica vera causa di tristezza e di infelicità per l'uomo è vivere lontano da Lui.
La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell'uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6, 3). Nella seconda Lettura, l'apostolo Giovanni osserva: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1 Gv 3, 1). È Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all'amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il "perdere se stessi", e proprio così ci rende felici. Così siamo arrivati al Vangelo di questa festa, all'annuncio delle Beatitudini che poco fa abbiamo sentito risuonare in questa Basilica. Dice Gesù: Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cfr Mt 5, 3-10). In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l'afflitto, il mite, l'affamato e l'assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l'operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela - ognuno nelle sue circostanze - anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l'impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell'ago (cfr Mc 10, 25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr Mt 5, 48).
Cari fratelli e sorelle, entriamo ora nel cuore della Celebrazione eucaristica, stimolo e nutrimento di santità. Tra poco si farà presente nel modo più alto Cristo, vera Vite, a cui, come tralci, sono uniti i fedeli che sono sulla terra ed i santi del cielo. Più stretta pertanto sarà la comunione della Chiesa pellegrinante nel mondo con la Chiesa trionfante nella gloria. Nel Prefazio proclameremo che i santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo! Amen.

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Aggiungo qui un collegamento a un'altra magistrale Omelia su Ognissanti
di Padre Serafino Lanzetta

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