Propongo stavolta l'Editoriale di Radicati nella Fede che mette in luce un problema che ho spesso avvertito fino al limite della sopportazione.
La fede cattolica, vissuta nel mondo tradizionale, potrà mai esaurirsi solo nella polemica contro l'attuale corso disperante della cattolicità modernista?
Il problema naturalmente c'è,
ma il vero credente deve essere fedele a ciò che di vero, di eterno, di assoluto c'è in Dio,
e non perdersi troppo in chiacchiere se divengono fine a se stesse.
Si fa professione di fede, non professione di polemica se quest'ultima, anche quando giusta e circostanziata, diventa l'unica professione.
Va distinto e anche puntualizzato ciò che è giusto da ciò che è sbagliato ed ereticale, ma Dio continua a chiedere la santificazione e adoratori in spirito e in verità.
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Gli anni passano, e passano veloci e chi vive di recriminazioni resta senza nulla in mano.
Questo è vero per ogni cosa della nostra vita umana, ma è vero e forse
ancora di più per la vita di fede, per la vita soprannaturale, la vita
di grazia.
Non è vero per un motivo moralistico, perché recriminare non è bene, non
è bello; ma è vero per un motivo strutturale, cioè morale: la vita di
grazia non può stare con la recriminazione, con il continuo lamento.
Con questo non vogliamo dire che non si debba reagire al male e alla
crisi: questo foglio di collegamento è nato come reazione anche; per
essere uomini di Dio occorre essere anche uomini di reazione, occorre
reagire; ma la reazione, quella vera, è di natura diversa dalla
recriminazione.
La reazione parte dal positivo di una vita che si pone; la reazione difende un positivo che c’è già.
La recriminazione, che non è reazione, parte dalla rabbia di chi aspetta
da altri la soluzione dei propri problemi. La recriminazione parte da
un vuoto terribile.
Anche tra noi, nel mondo della Tradizione per intenderci, passa questa linea di demarcazione tra reazione e recriminazione.
Chi, in questi anni, ha fatto la Tradizione, vive in pace e continua a fare un gran bene alla propria anima e alla Chiesa tutta.
Chi, invece, in questo lavoro non è mai partito, per timidità, per
prudenza umana o peggio per calcolo meschinamente umano, oggi vive di
rabbia, colpevolizzando il sistema per i propri passi non fatti.
Invece occorre avere una posizione morale veramente equilibrata, cioè cattolica.
Ed è equilibrata, cioè vera, la posizione morale che non dimentica
nessuno dei fattori in gioco nell’azione umana. Se dimentichi un
fattore, diventi di fatto eretico, perché l’eresia è di per sé uno
squilibrio, una sottolineatura indebita.
La vita cristiana è vita soprannaturale, è vita di grazia, ma la grazia
non annulla la tua libertà, anzi chiede che la tua libertà si metta in
gioco: tu devi corrispondere alla grazia di Dio dentro un’azione reale, e
non solo cerebrale.
In una parola semplice, la grazia di Dio ti dà la
capacità di operare il bene, tu poi devi operare il bene che Dio ti dà
la possibilità di riconoscere e operare.
Negare uno dei due fattori sarebbe squilibrare il disegno di Dio, sarebbe uscire dalla realtà.
Non siamo Protestanti, sottolineando la grazia di Dio e basta: fanno
così quei tradizionali che guardano al valore della Tradizione, e questo
è giusto, ma che poi, fermandosi alla pura contemplazione, non agiscono
di conseguenza.
Non operano scelte concrete, che sono costose, perché
la Tradizione diventi una vita reale per loro.
Eh sì! perché se è vero che nella vita personale non si può sottolineare
unicamente la Grazia di Dio che salva, dimenticando che da parte nostra
deve corrispondere alla Grazia un’azione positiva reale – non ci si
salva senza le opere, come ci ricorda san Giacomo nella sua lettera e
come ribadisce tutta la Rivelazione e la Tradizione della Chiesa contro
la pretesa protestante del sola gratia - se è vero questo per la
vita personale, lo è altrettanto per la vita della Chiesa tutta, nel suo
aspetto pubblico e sociale; e questo è vero anche per il ritorno della
Chiesa alla sua salvifica Tradizione: che senso avrebbe essere
giustamente anti-protestanti e poi attendere che la riforma
anti-modernista della Chiesa piova dal cielo senza che tu abbia fatto
nulla?
E il fare non consiste in un recriminare o in un parlare della
Tradizione, ma consiste nel porre opere concrete perché la Tradizione
viva: prima tra tutte nel celebrare nel vetus ordo e nell’assistere alla Messa di sempre.
Non siamo nemmeno Liberali, pensando che la grazia possa agire in noi
senza limitare le nostre libertà personali (nei liberali le libertà
personali prevalgono sempre sulle scelte definitive): che senso avrebbe,
anche qui, volere la Tradizione nella Chiesa e non decidersi
nell’operare concretamente a favore di essa al fine di restare liberi
nei movimenti personali? Quanti “tradizionalisti” rischiano di fare
così!
Siamo cattolici: ci salviamo se corrispondiamo alla grazia, concretamente, se facciamo il bene, non se lo guardiamo da lontano.
Così siamo Tradizionali, cioè Cattolici secondo l’assioma di Pio X, se
facciamo la Tradizione concretamente, fino in fondo, espletando tutte le
possibilità concrete che ci sono date, fino al sacrificio di noi
stessi; non lo siamo, invece, se ci limitiamo a commentare da lontano la
situazione disastrosa della Chiesa, anche se lo facciamo secondo idee
tradizionali.
La fede senza le opere è morta, sempre, anche nella Tradizione... sia questo il richiamo che segni il nostro passo.
Complimenti al sacerdote. Ed a te per aver condiviso questo utilissimo testo. C'è da farne davvero tesoro. Condivido al 300% ogni singola parola.
RispondiEliminaper forza...a volte non se ne può più :-)
RispondiElimina"La testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel Figlio suo.
RispondiEliminaChi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita.
Vi ho scritto queste cose perché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio." (1 Giovanni 5,11-13)
il resto, per quel che mi riguarda, viene dopo