lunedì 16 gennaio 2017

Un passaggio di Dostoevskij e una scultura di Paul Manship




«Vi sarà l’uomo nuovo, felice, superbo. Colui al quale sarà indifferente vivere o non vivere, quello sarà l’uomo nuovo. Colui che vincerà il dolore e la paura, sarà lui Dio. E quell’altro Dio non ci sarà più (...). Chi vincerà il dolore e la paura, quello diventerà Dio. Allora ci sarà una nuova vita, allora ci sarà un uomo nuovo, tutto sarà nuovo (…). L’uomo sarà Dio e si trasformerà fisicamente».


(Fedor Dostoevskij, "I demoni", 1873)


nell'immagine, "Prometeo", 1934, di Paul Manship,
il famoso Prometeo del Rockefeller Center, a Manhattan, NY.
Metafora attuale a triste della contemporaneità.

Al di là dell'abilità dell'artista, e del suo attraente Art Déco manierato,
si rappresenta un mito connesso alla conoscenza come fonte di salvezza, ma che in altri termini è una delle tante metamorfosi della gnosi.
 
Prometeo rubò il fuoco degli dei per portarlo al genere umano. Per punizione fu incatenato ad una montagna e ogni giorno un’aquila veniva a mangiare il suo fegato. Alla fine Ercole uccise l’aquila e liberò Prometeo.

Dal punto di vista gnostico (e massonico) Prometeo si pone come Lucifero, che ruba il sapere agli dei (come la pretesa "conoscenza del bene e del male" offerta ai progenitori) con un atto di Hybris, proclamando l'autonomia e la "libertà" assoluta dell'uomo che si autoincorona Dio:
lo vediamo imprigionato nella materia, ma agitarsi ora più che mai convinto del suo tragico scopo di portare la (falsa) luce.


Chi ha occhi per vedere...


1 commento:

  1. Hai toccato uno dei tabù dogmatici dell'età contemporanea. Un incubo, e dei peggiori, spacciato come luminosa conquista di progresso, quando già da millenni c'è chi ci tenta di avvertire in mille e mille modi. Davvero chi non vuole vedere non vede neppure se vede...

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